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Caterina Maniaci per "Libero"
Milioni di euro, di soldi pubblici, sprecati per colpa di Massimo Ciancimino e le sue presunte rivelazioni. Tra i tanti buchi dello Stato - e che i contribuenti poi devono affannarsi a coprire - c'è anche questo, come certifica la stessa Dia, la Direzione nazionale antimafia. E come si legge nell'ultimo numero in edicola del settimanale Panorama. Le dichiarazioni di Ciancimino diedero vita a lunghe indagini portate avanti dal procuratore aggiunto antimafia di Palermo, Antonio Ingroia, ora in aspettativa, causa impegno da candidato alle elezioni politiche.
Ora nel rapporto 2012 della Dia, reso noto il 24 gennaio scorso, si legge, in relazione a quelle dichiarazioni: «Le complesse e articolate indagini a riscontro» hanno comportato «un enorme e inutile dispendio di risorse umane e materiali». Quantificare quanto siano costate le chiacchiere di Ciancimino e le indagini di Ingroia è difficile, ma basti pensare che ci sono stati anni di interrogatori, trasferte, intercettazioni ambientali e telefoniche, pedinamenti, costosissime perizie. Tutto questo è confermato, indirettamente, dalla Procura di Caltanissetta, che boccia Ciancimino formulando un «giudizio finale di sostanziale inattendibilità delle sue dichiarazioni».
Il duro giudizio dei pm arriva all'udienza preliminare per la strage di via D'Amelio. Nelle sue conclusioni, l'aggiunto Domenico Gozzo, ha parlato di aspettative deluse sulla collaborazione del figlio dell'ex sindaco di Palermo, accusato di avere «gestito le sue dichiarazioni centellinandole e dividendole in circa 100 interrogatori». Intanto, il candidato premier per Rivoluzione civile Ingroia, coinvolto in una brutta polemica nella sua veste di magistrato, deve subire il richiamo dell'Associazione nazionale magistrati.
«Crediamo siano inopportuni i richiami ai nomi di Falcone e Borsellino», sostengono i vertici dell'Anm sui botta e risposta tra Ingroia, e il pm milanese Ilda Boccassini, che hanno chiamato in causa i due magistrati uccisi dalla mafia.
«La memoria di Falcone e Borsellino, così come quella di tutti gli altri magistrati caduti deve essere mantenuta viva e costituire un esempio» - spiegano Rodolfo Sabelli e Anna Canepa, presidente e vicepresidente dell'Anm - «altri richiami, soprattutto in campagna elettorale sono inopportuni». Falcone e Borsellino, come tutti i magistrati uccisi, «sono patrimonio di tutti, del Paese e della legalità ».
Sul fronte politico, ancora una volta il Pd e Rivoluzione civile danno versioni contrapposte su presunti patti di desistenza. «Non ci sono state trattative, sedie o tavolini», insiste Pierluigi Bersani. «Dario Franceschini mi ha chiamato il 14 gennaio e, dopo una lunga conversazione telefonica, mi ha proposto un accordo di desistenza al Senato», afferma Leoluca Orlando, firmatario del manifesto della lista di Ingroia.
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