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Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
La Procura di Palermo ha chiesto di processarlo per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia, e quella di Caltanissetta si appresta a chiudere un'altra inchiesta a suo carico, sempre per calunnia. Nonostante ciò Massimo Ciancimino sostiene di continuare a rendere dichiarazioni e sottoscrivere verbali, davanti agli stessi magistrati che l'accusano. Lo dice ai suoi amici, in lunghe conversazioni telefoniche e via Skype, ai quali riferisce il contenuto delle presunte, nuove rivelazioni.
Spiega di aver tirato in ballo altri personaggi eccellenti, accostandoli al fantomatico «signor Franco» intermediario tra le istituzioni e la mafia, e di tenere sulla corda gli inquirenti che ancora lavorano sulla cosiddetta trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra, attraverso i suoi mutevoli comportamenti processuali.
Il 28 maggio scorso - parlando con l'imprenditore Romano Tronci e sua moglie Santa Sidoti, indagati con lui per riciclaggio nel fascicolo che la Procura di Roma s'è visto arrivare da L'Aquila, per la tentata vendita della discarica rumena che farebbe capo proprio a Ciancimino jr - il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo diceva di aver sostenuto un nuovo interrogatorio con i pubblici ministeri palermitani e nisseni, nel quale avrebbe fatto il nome dell'ex capo del Servizio segreto militare Nicolò Pollari, di non meglio precisati «amici di Napolitano» e di un «segretario generale della presidenza».
La signora Sidoti commenta con una punta di preoccupazione: «Non t'è rimasto niente in mano, Massimo!». Ma lui ribatte sicuro: «No, m'è rimasto che io devo confermare tutto, anche perché ci saranno confronti, non è che...».
L'intercettazione, insieme a molte altre, è adesso agli atti dell'inchiesta romana coordinata dal procuratore Pignatone e condotta dai carabinieri del Nucleo per la tutela dell'ambiente, che la scorsa settimana ha portato a una decina di perquisizioni. Quando Ciancimino parla è da poco passato il ventesimo anniversario della strage di Capaci, e si avvicina quello dell'eccidio di via D'Amelio.
A Tronci e signora, l'amico confida di essersi «sbracato forte» con gli inquirenti, e quando lei gli chiede se è sicuro di aver fatto la cosa giusta risponde: «Sì, perché mi hanno dato impegni seri... Mi hanno fatto vedere come stanno le cose! Mi hanno detto che è giusto il momento, è questo, il ventennale».
Poi aggiunge, per spiegare che le sue rilevazioni resteranno segrete: «Gli ho detto dei passaggi delle riunioni con Pollari, i passaggi di soldi, cioè non è che... Non credo che gli fa piacere farle venire pubbliche. Cioè, Pollari è uno che all'ultimo coso gli hanno dato il segreto di Stato!». Poco dopo c'è il passaggio in cui Tronci chiede: «Hai parlato anche del signor Franco eccetera?». Ciancimino: «Sì!». E Tronci, ridendo: «Mh!...... e anche degli amici di Napolitano?». Ciancimino: «Sì! Tutto l'entourage!».
Più avanti il figlio di «don Vito» racconta: «Ovviamente, quando ho fatto il primo nome grosso, si è interrotto l'interrogatorio per comunicare tutto a Messineo, perché sai, quando dici Pollari, o dici un segretario generale della presidenza... è giusto che devono subito informare il procuratore capo!». Già in passato, nelle conversazioni intercettate mentre parlava con personaggi inquisiti dalla Procura di Reggio Calabria, Ciancimino jr s'era lasciato andare a millanteria rispetto ai magistrati palermitani, sostenendo che non gli avrebbero fatto niente di male perché era il loro asso nella manica nella partita sulla trattativa.
Ora la situazione è cambiata, il testimone è stato sconfessato più volte e persino arrestato per le presunte calunnie. Ma lui insiste. E fa capire che ha provato a stringere nuovi accordi per ottenere garanzie sull'archiviazione dell'altro procedimento a suo carico, quello sul riciclaggio per la discarica rumena dove (secondo la Procura di Roma, ma anche il gip di Palermo che ha negato l'archiviazione di un precedente fascicolo facendo riaprire le indagini) è stata investita buona parte del cosiddetto «tesoro di Vito Ciancimino», di provenienza mafiosa. à quel che più interessa al figlio Massimo e ai suoi amici Sidoti e Tronci, ai quali il figlio dell'ex sindaco confida: «Gli ho detto che negherò tutto se non mi aiutano. "In udienza nego tutto", gli ho detto!».
Tre settimane più tardi, il 18 giungo, all'indomani dell'avviso di conclusione indagini sulla trattativa da cui traspaiono le prime tensioni tra il Quirinale e la Procura di Palermo per via delle telefonate dell'ex ministro Nicola Mancino, parlando ancora con Tronci e la Sidoti, Ciancimino dice: «A 'sto giro mi fanno secco».
La donna gli domanda: «Per cui, che succederà ?», e Massimo risponde: «Mah.. io sono vendibile, subito. Se vogliono mettere a posto mi rimangio tutto». Santa Sidoti ride e Ciancimino jr ribadisce: «Io sono in vendita». Più avanti, a proposito delle divisioni affiorate all'interno della Procura e delle telefonate di Mancino, aggiunge: «Di merda ne deve venire ancora fuori tanta!».
Ma ciò che più angustia il figlio del sindaco corleonese e i suoi interlocutori è l'inchiesta parallela sulla discarica in Romania, che il giudice non ha voluto archiviare nonostante la richiesta della Procura. «Immagino, in tutta questa situazione, che cazzo gliene frega di noi e della Romania», si preoccupa Tronci. E la Sidoti si accoda: «Non vorrei che proprio per questo ci mollano».
Ma lui, il giovane Ciancimino, continua a rassicurare tutti: «Ma no... In questo momento io sono il teste chiave... che senso ha mandarmi a fare una cosa che poi non c'ho nessuna responsabilità ... Che provano a fermarmi... che cominciano a fermarmi... che vogliono fermarmi... (...) No, no... dall'altro lato c'è troppo interesse, vedremo... Stai serena, io son sereno».
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