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Enrico Franceschini per "la Repubblica"
Mentre i ribelli stringono il cerchio attorno a Damasco, un'altra caccia si intensifica nei confronti di Bashar el Assad: quella ai tesori nascosti del dittatore siriano. Le sanzioni dell'Unione Europea hanno già congelato i beni di 129 individui e 49 società legate ad Assad. Soltanto nel Regno Unito, beni per 100 milioni di sterline (128 milioni di euro), per lo più in contanti, sono stati bloccati su conti correnti bancari negli ultimi quattordici mesi.
E ieri il dipartimento del Tesoro americano ha a sua volta annunciato misure contro 29 membri del regime di Damasco, compresi quattro ministri e il governatore della banca centrale siriana, sospettati di avere trafugato e nascosto all'estero beni per conto e in complicità con il presidente. Ma secondo Iain Willis, capo della Alaco, un'agenzia privata di intelligence di Londra, considerato uno dei principali "cacciatori di tesori" nascosti di dittatori e criminali, i beni di Assad individuati e requisiti fino ad ora rappresentano soltanto una minuscola frazione della sua ricchezza globale.
«Probabilmente il leader siriano ha ammassato una fortuna intorno al miliardo e mezzo di dollari (circa un miliardo di euro, ndr) attraverso i suoi parenti più stretti e la famiglia allargata, comprendente i secondi cugini, gli zii, i soci d'affari e i suoi consiglieri », afferma Willis. «I luoghi più probabili in cui questa montagna di soldi, business e investimenti sono custoditi sono la Russia, forse il Dubai, il Libano e il Marocco, perfino Hong Kong, ma è verosimile che abbia sparpagliato i suoi beni in mezzo mondo».
Trovare il tesoro di un dittatore come Assad non è facile, ammettono i cacciatori della Alaco. «Persone come lui dispongono dei migliori consigli disponibili sui mercati internazionali su come investire i propri soldi e come rendere difficile rintracciarli. Usano strutture complesse, compagnie fasulle di facciata, avvocati consenzienti, con regole come la cosiddetta "clausola della fuga", secondo cui alla prima richiesta di informazioni ricevuta, una società viene automaticamente chiusa e i suoi beni sono trasferiti senza lasciare tracce».
Ambrose Carey, un altro "cacciatore" della Alaco, ricorda la difficoltà di recuperare i beni di Saddam Hussein in Francia: «Sospettavamo che avesse investito una somma enorme, pari a 100 milioni di dollari, in un gruppo editoriale francese. Scoprimmo una società di Parigi chiamata Montana, registrata a Panama, con come domicilio uno studio legale di Ginevra, collegato a un complice di Saddam, ma non risultava nessuna prova scritta di un legame diretto con Hussein».
Concorda l'ex-ambasciatore siriano Nawaf Fares, uno dei primi e più importanti dirigenti del regime a defezionare: «La famiglia Assad, prima il padre e poi il figlio, ha controllato la Siria per più di 30 anni. La Siria è in realtà un paese molto ricco, ha gas, petrolio e altre risorse naturali, ma la famiglia del presidente ha derubato la nazione per decenni».
Si ritiene che uno degli uomini chiave di questa ruberia organizzata sia Rami Makhlouf, cugino di Assad e con stretti legami con i militari e gli apparati di sicurezza, considerato l'uomo più ricco di Siria: il suo impero controllerebbe più del 60 per cento dell'economia nazionale siriana. «Bisogna pensare alla Siria come a una cleptocrazia», dice alla
Bbc un investigatore britannico dell'alta finanza chiedendo di rimanere anonimo, «in cui lo stato dava licenze ad amici e parenti stretti per arricchirsi e trafugare beni all'estero». La caccia al tesoro di Assad dunque è appena cominciata. Quasi certamente durerà molto più a lungo di quella dell'opposizione siriana per conquistare Damasco e spodestare il suo raìs.
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