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COL FIATO SUL COLLE! MELONI PRENDE TEMPO SUL DDL SICUREZZA PER EVITARE UNO STRAPPO CON MATTARELLA DOPO LA "MORAL SUASION" DEL QUIRINALE, SORPRESO DALLA NORMA CHE PREVEDE LA POSSIBILITÀ DI MANDARE IN CARCERE ANCHE LE DONNE INCINTE O CON NEONATI DI POCHI MESI – LA LEGA E FORZA ITALIA PREMEVANO PER L’IMMEDIATA APPROVAZIONE SENZA AGGIUSTAMENTI. FDI POTREBBE "GIUSTIFICARE" LO STOP & GO INSERENDO UN NUOVO SCUDO PENALE PER GLI AGENTI…

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Francesco Grignetti e Francesco Malfetano per “La Stampa” - Estratti

 

sergio mattarella giorgia meloni

Gli ultimi episodi di violenze di piazza agli occhi della maggioranza sono diventati un propellente fortissimo al ddl Sicurezza. Approvato alla Camera nell'ottobre scorso, il suo iter al Senato non era stato proprio fulmineo. Nel mondo politico, infatti, non è un mistero che dal Quirinale siano arrivati un paio di messaggi in codice.

 

La classica moral suasion del Colle, sorpreso da quella norma così cruda che prevede la possibilità di mandare in carcere anche le donne incinte o con neonati di pochi mesi, così come dal divieto "cattivista" per i migranti appena sbarcati di comprare una scheda sim.

 

Il Quirinale avrebbe segnalato che un divieto del genere rasenta la disumanità, pensando alle migliaia di minori non accompagnati che senza una scheda Sim non potranno più chiamare la famiglia.

antonio tajani, giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse

 

Eppure tutte queste cautele sembrano essere letteralmente bruciate in pochi giorni: l'arroventarsi del clima contro polizia e carabinieri per il caso Ramy (il giovanissimo egiziano morto a Milano nel corso di un inseguimento), i tafferugli ben pianificati a Milano, Torino, Bologna e Roma, i segnali di un inverno caldo con i più diversi movimenti antagonisti e anarchici in piazza, ora pure un attentato contro la caserma dei carabinieri nel Mugello, secondo il destra-centro meritano una risposta esemplare.

 

Al Viminale, poi, dopo mesi di accese proteste pro-Palestina, con molti islamici arrabbiati nei cortei, ora vedono che il caso-Ramy sembra un richiamo della foresta per giovani migranti di seconda generazione, poco o niente integrati. E perciò, a sera, il ministro Matteo Piantedosi ha ribadito su Rai 1: «L'esigenza di arrivare al più presto a una definizione di un quadro normativo».

MELONI - FAZZOLARI - GIORGETTI - FITTO - MATTARELLA

 

Non sarebbe però una tragedia se poi quel ddl dovesse slittare, purché si garantisca un voto finale entro l'estate.

 

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Carroccio e azzurri, insomma, cercano lo sprint per un'immediata approvazione. Pur mantenendo ferma la volontà di portare a casa gli inasprimenti normativi contenuti nel testo, in questa fase FdI sembra costringersi a una posizione meno podistica. Il confronto con il Quirinale sul disegno di legge procede da diversi mesi, portata avanti dagli uffici del sottosegretario Alfredo Mantovano. Far approdare il testo nell'aula di palazzo Madama senza modifiche vorrebbe dire troncare di netto l'interlocuzione. Al di là dello sgarbo nei confronti di Sergio Mattarella che ciò rappresenterebbe, dal Colle trapela secca una semplice valutazione: «Se insistono ci penserà la Corte Costituzionale».

 

giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

Per ora, quindi, come confermato durante il vertice di ieri sera, il centrodestra prende tempo. E, forse non a caso, Palazzo Chigi si pone su posizioni meno guerrigliere dei rappresentanti degli alleati di centrodestra (e anche di alcuni ministri), indicando come «probabile» l'ipotesi una terza lettura. L'idea di aprire a dei ritocchi, comunque, potrebbe creare una finestra utile per alcune aggiunte. Ad esempio, FdI potrebbe "giustificare" lo stop&go inserendo un nuovo scudo penale per gli agenti, pur sacrificando ancora un iter rapido. Il Ddl è stato varato in Consiglio dei ministri nel 2023 e solo l'autunno scorso ha superato il vaglio della Camera dei deputati. Emendarlo non vorrebbe dire solamente rispedirlo a Montecitorio, ma anche offrire all'opposizione un nuovo terreno di scontro su cui frenare la riforma.

 

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SERGIO MATTARELLA GIORGIA MELONI giorgia meloni antonio tajani matteo salvini