DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
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DAGONEWS
Sono numerose le preoccupazioni che agitano il riposino post-prandiale di Sergio Mattarella: la messa a terra del Pnrr, i tribolati rapporti tra Palazzo Chigi e l’UE, le difficoltà nella gestione dei flussi migratori e gli inciampi in cui sono incappati alcuni ministri.
Le esternazioni del titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, ad esempio, hanno rafforzato la convinzione, al Colle, che un prefetto non sia il profilo più adatto a ricoprire un delicatissimo ruolo, come quello agli Interni, che necessità di una sottile sapienza politica.
Anche perché il duro prefetto irpino ha alle sue spalle non ha una grande esperienza "politica": ha ricoperto soltanto il ruolo di capo di gabinetto di Salvini ai tempi del governo gialloverde.
Lo stesso Piantedosi percepisce con disagio uno scetticismo crescente nei suoi riguardi, non solo all’esterno del Viminale, ma anche al suo interno: si è reso conto che una parte della Polizia non lo ama particolarmente (motivo per cui è entrato in rotta di collisione con il capo della Polizia, Lamberto Giannini, già pupillo di Franco Gabrielli).
FRANCO GABRIELLI LAMBERTO GIANNINI
Con lo sguardo rivolto al Mediterraneo, Mattarella s’adombra: vede oltre Lampedusa accendersi il caos in Tunisia, proprio lì dove Giorgia Meloni avrebbe dovuto recarsi per un delicato viaggio diplomatico, poi annullato.
Alla base del passo indietro della premier, ci sarebbero i saggi consigli di Fabrizio Saggio, ambasciatore italiano a Tunisi, il quale ha fatto presente alla Ducetta che in questo preciso momento storico un viaggio nel Paese nordafricano non avrebbe permesso di ottenere i risultati politici sperati. Tale è la tensione politica all’interno del governo, che il Presidente, Kais Saied, sarebbe stato poco sensibile alle richieste italiane...
Sul fronte Pnrr, le preoccupazioni del Colle sono rivolte alla macchina organizzativa. Quando Giorgia Meloni si è insediata alla guida del governo, ha da subito iniziato una sua personal tenzone con il Mef, considerato troppo “de’ sinistra”, da cui fu cacciato, dopo un lungo tira e molla con il ministro Giorgetti, il direttore generale Alessandro Rivera.
La furia di Fratelli d’Italia contro il Ministero dell’Economia ha portato a smontare quella cabina di regia, che Mario Draghi aveva chiesto a Daniele Franco di incardinare all’interno del palazzone di Via XX Settembre.
Quando “io sono Giorgia” è passata con il lanciafiamme, sfilando la gestione del Pnrr ai tecnici e affidandola al suo fido Raffaele Fitto, gran parte del lavoro preliminare realizzato dall’ex ministro dell’economia, è andato perduto.
Il povero Fitto è stato costretto a ricominciare da capo: ha dovuto immaginare una nuova organizzazione, delineare la governance, trovare tecnici graditi e con le necessarie competenze per assolvere all’arduo compito.
Con il risultato che quel che doveva essere rapidamente incardinato e sviluppato al Mef è stato cancellato con perdite: l’iter è stato azzerato, con conseguente spreco di tempo.
Ps: A proposito del nuovo codice degli appalti, che i leghisti hanno ribattezzato “Codice Salvini”, va fatta una precisazione: fu Draghi a chiedere al Consiglio di Stato, allora guidato dal compianto Franco Frattini, di approntare una riforma della normativa. L’ex ministro degli esteri affidò la patata bollente a Luigi Carbone, già capo di gabinetto del Mef all'epoca del governo Conte I (Tria ministro).
L’impianto generale del nuovo codice fu abbozzato da Draghi, ma non si può sostenere che quello che, di revisione in revisione, è arrivato oggi nelle mani gaudenti di Salvini, sia esattamente quello immaginato da “Mariopio”. Rispetto alla bozza originaria, il nuovo codice è stato ritoccato in più punti: una versione definitiva che all’ex presidente della Bce, forse, non sarebbe piaciuta.
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franco frattiniLA DRAGHETTA - MEME MELONI DRAGHIDRAGHI MELONILUIGI CARBONE
matteo salvini giorgia meloni matteo piantedosi 1
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