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Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
David Cameron e Angela Merkel. Ieri le polarità della Ue hanno evitato il confronto diretto davanti ai finanzieri, i banchieri, gli imprenditori riuniti per il World Economic Forum a Davos. Ma le cose forse non sono mai state così chiare. «L'unione politica europea? No grazie, non fa per me, non fa per la Gran Bretagna», ha scandito il premier britannico. «I leader della zona euro sono tutti d'accordo sul rafforzamento dell'integrazione», ha risposto in modo obliquo il cancelliere tedesco.
à presto per dire se davvero siamo alla resa dei conti con il nazionalismo britannico. A Davos, però, si è capito che il ragionamento di Cameron può anche suscitare comprensione tra i leader di qualche Paese nordico, ma non appare in grado di forzare l'agenda politica della zona euro.
Cameron, 46 anni, vestito come un manager, pettinato con cura infinita, ha pronunciato un discorso incalzante, e poi ha improvvisato per una ventina di minuti tenendo il palcoscenico, dirigendo gli spostamenti del microfono. Risposte, condivisibili o meno, da statista di livello; coreografia da uomo di spettacolo o da predicatore di qualche setta nordamericana. All'inizio ha volutamente saltato l'Europa proiettandosi direttamente nel mondo, del resto è il presidente di turno del G8.
«Nella nostra agenda ci sono tre obiettivi: il rafforzamento del commercio internazionale; il contrasto all'elusione e all'evasione fiscale su scala mondiale; la lotta alla corruzione». La platea di Davos ha reagito con naturale simpatia, del resto poteva fare diversamente con un governante che si autodefinisce «uno dei leader più pro business del mondo»?
Negli incontri riservati, invece, i premier della zona euro, Mario Monti, l'olandese Mark Rutte, l'irlandese Enda Kenny, i commissari europei Joaquin Almunia e Viviane Reding, ma prima di tutti Angela Merkel sono stati duri. Tanto per rendere l'idea: qualcuno è arrivato a paragonare Cameron a un piazzista di prodotti miracolosi anticalvizie.
Almunia ha dichiarato apertamente in tv che non è pensabile che ognuno prenda solo la politica che gli piace e si chiami fuori dalle altre. In questo modo l'Unione Europea si dissolverebbe da sola, senza bisogno di referendum.
Questi umori si sono condensati nelle parole pronunciate da Angela Merkel. Cameron ha citato solo di passaggio l'Europa? Bene, la cancelliera tedesca fa lo stesso, concentrandosi sul «lungo lavoro di consolidamento, di rilancio della crescita che ora bisogna fare». Ha citato i dati della disoccupazione dei Paesi mediterranei con gravità , prendendo spunto dalle cifre diffuse ieri dalle autorità spagnole: i senza lavoro hanno raggiunto la quota record del 26,02% (6 milioni di persone) e uno spaventoso 55% tra i cittadini tra i 16 e 24 anni.
Per poi commentare così: «Rigore di bilancio e crescita sono collegati, sono le due facce della stessa medaglia. Ma sappiamo che per vedere i risultati delle riforme sull'economia bisogna aspettare anche tre-quattro anni. E allora dobbiamo mettere in atto misure per aiutare i giovani senza un'occupazione».
Questo, non il piano di Cameron, costituisce l'asse centrale, anzi, la nuova emergenza dell'Unione Europea, o almeno della zona euro a guida tedesca. Dopodiché Merkel è pronta anche a discutere di «competitività » e di «rafforzamento del mercato unico» con il premier britannico. Ma il cammino dell'Europa è tracciato. E non saranno certo «i negoziati» immaginati da Cameron a cambiarlo.
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