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Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
«Mi avete fatto un bello scherzo... Io vengo qui tutto imbullonato in giacca e cravatta e scopro che siamo in un centro sociale!». Enrico Rossi, impeccabile nel suo abito blu, è felice di essersi «tolto un peso dalla coscienza», ma sulle prime si vede che è a disagio.
La sala, troppo piccola per il debutto, è piena di giovani in jeans e il governatore, ora anche presidente di Articolo 1 - Movimento democratici e progressisti, deve fare i conti con il salto generazionale. Il segretario in pectore Roberto Speranza ha 38 anni e Arturo Scotto ne farà 39 a maggio.
Il «nuovo inizio» per la sinistra ex pd è nel cuore di Testaccio. I graffiti, il calcio balilla, il negozio equo e solidale, il ristorante bio e la ludoteca sono già un programma alternativo a quello di Renzi. Alla Città dell' altra economia ci sono Epifani, Gotor, Leva, Zoggia, Stumpo. Mancano D' Alema e Bersani e forse è una scelta, per lasciare il palco a una nuova generazione di aspiranti leader. Speranza scherza sui suoi (pochi) capelli bianchi: «Non sono i primi, purtroppo». Dalle seconde file scalpitano gli ex sel Alfredo D' Attorre e Massimiliano Smeriglio. Ed è legittimo chiedersi quanto durerà la vocazione a una «leadership plurale».
L' impegno dei fuggiaschi è scolpito nel manifesto di due pagine fitte, che ruota attorno all' incipit della Costituzione «l' Italia è una Repubblica fondata sul lavoro». E se il simbolo è ancora allo studio dei grafici, Speranza definisce l' articolo 1 della Carta fondamentale «il nostro simbolo, il nostro progetto per il Paese». Il nome è stato scelto per favorire l' aggancio con il Campo progressista di Pisapia, che l' 11 marzo terrà a Roma la sua convention di lancio.
«Sarà un altro tassello di questo puzzle», spera Smeriglio. Il documento apre «la costituente di un rinnovato centrosinistra» e disegna il perimetro di un' alleanza non minoritaria, che vuole includere le «culture socialiste, liberali, cattoliche democratiche e ambientaliste», il mondo civico, il volontariato e il popolo che ha votato No il 4 dicembre.
Rinfrancato dal sondaggio del Corriere , che attribuisce un potenziale del 9% ai fuoriusciti, Rossi sogna un risultato a due cifre: «Abbiamo grandi ambizioni, non ci facciamo mettere nella ridotta». Con lo sguardo all' Ulivo i progressisti dicono basta con le «pretese di arrogante autosufficienza», basta con l' uomo solo al comando. La loro bussola è l' uguaglianza, il loro credo l' equità fiscale. Il loro candidato al congresso del Pd, scherzano (ma nemmeno troppo), è il Guardasigilli: «Andremo tutti a votare per Orlando...». Le prime battaglie per «arrestare la deriva neocentrista di Renzi» saranno il referendum contro i voucher e lo ius soli.
«In questi anni abbiamo vissuto tre fratture tremende con il nostro popolo su Jobs act, buona scuola e trivelle - rimprovera Speranza -. È il momento di ricucire». Scotto sprona a non voltarsi indietro perché «l' epoca dei rimpianti è finita» e accusa Renzi di aver provocato «il crollo del 91% dei posti di lavoro stabili». L' aggancio con pezzi di Cgil è nelle cose. Rossi, fautore delle politiche neo-keynesiane, vuole «una patrimoniale sulla grande ricchezza». Fassina è venuto a dire in bocca al lupo ai compagni ritrovati: «Che ci faccio qui? Dobbiamo collaborare».
Le tensioni con Sel non sono sciolte, ma Speranza conta di battezzare i gruppi (50 parlamentari) entro martedì: «Io presidente alla Camera? Decideremo insieme». Per il Senato la scelta è tra Doris Lo Moro e la ex viceministro Cecilia Guerra.
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