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la vignetta di mannelli su maria elena boschi e le cosce
Michele Serra per ''la Repubblica''
Chi si è molto offeso per la vignetta di Riccardo Mannelli contro la ministra Boschi sul Fatto quotidiano di ieri potrebbe ricalibrare il proprio giudizio avendo memoria di quanti corpi maschili sono stati usati, anche molto maleducatamente, dai satirici degli scorsi decenni. La gobba di Andreotti, il pisello minuscolo di Spadolini, il Natta desnudo di Tango (inserto dell' Unità, e Natta era il segretario del Pci), perfino il Berlinguer in vestaglia di Forattini, raffigurato come un omarino sprezzante e decadente.
Era sessismo anche quello? Oppure, molto più semplicemente, se il re è nudo, e lo è da un po' di secoli, prima o poi tocca anche alla regina, perché alle pari opportunità, purtroppo, corrispondono pari inconvenienti?
Mannelli è un eccellente disegnatore, nella deformazione "alla Bacon" della fisionomia umana è da sempre equanime, maschi e femmine, corpi di potere e non di potere. Più che volgare è a volte atrocemente ostile al genere umano, e l' unico vero addebito che può essere mosso a un quotidiano è di essere un medium troppo "generalista" per reggere l' urto di uno così. Il resto della discussione è francamente troppo soggettivo per farne dichiarazioni furibonde e impettite alle agenzie di stampa, un genere letterario che meriterebbe, tra l' altro, critiche ben più puntute di quante ne attirano i vignettisti.
Il politicamente corretto è un argine prezioso contro la deriva del linguaggio pubblico; ma se diventa un' ingessatura o un' ossessione censoria, l' effetto è controproducente. Se definire "cicciottelle" tre atlete azzurre valorose e robuste (una indelicatezza, una spiritosaggine mal posta, non un crimine) costa il licenziamento, cosa dovrebbe costare pubblicare notizie false, o certi dossier da pattumiera, o programmare e azionare sputtanamenti a comando, come illustrissimi direttori hanno fatto senza altra conseguenza che un' alzata di spalle?
E se le cosce di una ministra diventano oggetto di un gioco di parole piuttosto scemo, che toglie molto a un eccellente disegno, detto che è normale e lecito dire "che brutta vignetta" così come capita di dire "che brutto articolo" o "che brutto progetto di legge", poi dopo che cosa si dovrebbe fare, istituire un Vaglio Ufficiale del buon gusto?
Esiste una inesauribile ragione del contendere, tra satira e politica. È lecito offendersi, e sono insopportabili le pretese castali dei satirici di poter dire tutto su tutti senza pagare mai pegno: per i contenziosi rimediabili basta il tempo a cicatrizzare, per quelli irrimediabili ci sono i tribunali, il gioco, nelle comunità civilizzate, è questo. Non fa parte del gioco, invece, pretendere che la satira smetta di essere, quando le capita di esserlo, anche sgradevole, e farlo nel nome di una "correttezza politica" che andrebbe nominata solo quando occorre, per non renderla consunta e inutilizzabile.
cuore culturismo craxi michele serra
La ministra Boschi paga pegno alla sua bellezza, citata quasi mai a proposito ma di evidente ingombro quando si è sul palcoscenico del potere. Capitò anche ai maschi: l' avvenente onorevole Casini fu preso per i fondelli reiteratamente da Neri Marcorè (e sulla televisione pubblica, per giunta) come seduttore da strapazzo delle elettrici.
Un ganimede senza idee ma molto ben pettinato. Non era mica vero, però: infatti era satira. Non è vero neanche che Boschi si sia fatta largo per meriti estetici: infatti è satira.
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