TE LA DO IO L’IRLANDA! IL FISCO ITALIANO AZZANNA 10 BANCHE

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Umberto Mancini per Il Messaggero

Sono almeno una decina le banche finite nella rete del fisco. Piccole, grandi e di medie dimensioni, non c'è differenza. Da Mps a Unicredit, da Fideuram ad Intesa Sanpaolo, dalla Popolare di Milano al Credito Emiliano a Carige, fino alla blasonata Deutsche Bank e, ultima arrivata, al gruppo Mediolanum. Tutte invischiate, o comunque accusate, di aver eluso il fisco e aggirato le norme. Operando ai limiti del consentito, sul confine tra lecito e illecito.

NEL MIRINO
A sentire i rumors saranno in molte a fare la stessa fine nei prossimi giorni. Visto che il cerchio sulle banche si sta stringendo inesorabilmente. E non certo da oggi. Un vizietto, quello di spostare all'estero, in Irlanda in particolare, attività e sedi di società controllate, per cercare di pagare meno tasse in Italia.

Un sentiero tortuoso, fatto di triangolazioni ed interpretazioni delle leggi, ma evidentemente ben noto agli Indiana Jones dell'Agenzia delle Entrate guidati da Attilio Befera. Trucchi contabili ed escamotage portati alla luce dopo lunghe indagini e severi controlli dei bilanci.

Fino ad ora nelle casse statali sono finiti, o meglio hanno fatto ritorno, oltre un miliardo e 200 milioni di tasse non pagate. Un bottino tra sanzioni e interessi che potrebbe crescere ancora. Del resto proprio uno studio recente stima in oltre 3 miliardi di euro l'area di elusione fiscale da far emergere in questo settore. Ed è proprio per questo che l'offensiva, partita nel 2010, sta salendo di tono.

I SIGNORI DEL CREDITO
Non è un caso che negli ultimi mesi vi sia stata una accelerazione. Molte banche hanno infatti preferito stringere un accordo con il Fisco e pagare quanto contestato. Ovviamente per evitare guai peggiori. C'è poi anche chi ritiene ingiuste le accuse e si difende a colpi di ricorsi. Al momento però prevale la linea della collaborazione. Dalla Popolare Milano che si è accordata con l'Agenzia delle Entrate pagando 186 milioni. Al Monte dei Paschi di Siena che ha chiuso un lungo contenzioso sborsando oltre 260 milioni.

Stessa sorte per Credem che nel 2010 è stata condannata in primo grado dalla Commissione provinciale di Reggio Emilia a pagare 45 milioni. E che invece di fare appello ha siglato l'intesa con le Entrate: 45 milioni più interessi. Carige, siamo nel 2012, invece ha fatto appello, rifiutando di pagare 10 milioni.

Più complesso il caso Unicredit. La banca, come si legge nel bilancio consolidato 2011, ha definito con l'Agenzia delle Entrate sia le contestazioni per il 2005 per 106 milioni (comprese sanzioni e interessi) che quelle per l'anno successivo (85 milioni). Partita chiusa anche per il periodo 2007-2009 con il versamento di 264 milioni.

L'altro colosso del credito Intesa Sanpaolo ha invece sborsato 270 milioni e messo fine alle contestazioni relative ad arbitraggi fiscali tra il 2005 e il 2009. Deutsche Bank, nell'ambito dell'operazione Charis ha concordato con l'Agenzia una «conciliazione che ha portato alla chiusura della contestazione per tutti gli anni interessati con un pagamento complessivo di ulteriori imposte per 12 milioni. Dopo una lunga battaglia il Fisco ha recuperato dal gruppo Fideuram circa 28 milioni. Ma la caccia, assicurano gli sceriffi delle Entrate, non finirà qui.

 

 

ENRICO CUCCHIANI A CERNOBBIO jpegFederico Ghizzoni Unicredit Alessandro Profumo Fabrizio ViolaDEUTSCHE BANK