DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
DAGOANALISI
Per molti italiani attaccarsi all'ultimo carro del vincitore (politico) è quasi una professione.
O, meglio, per dirla con lo scrittore Massimo Bontempelli, "un mestiere comodo".
Chiosa da par suo via radio, ironico e beffardo, Fiorello (re)interpretando il vizio degli italiani di andare sempre in soccorso del trionfatore di turno: «Vince Renzi, Grillo asfaltato: ovviamente divento renziano».
E imitando la voce di Bruneo Vespa lo showman già immagina Renzie che fa irruzione nello studio tv di "Porta a porta" con indosso un giubbotto di pelle nera alla Fonzie pronto a intonare il suo "Happy days". Anche se, tra plastici insanguinati e risotti dalemiani, abbiamo visto di peggio nel salotto di RaiUno.
Nell'attesa che si consumi un altro spettacolino prefabbricato a uso e consumo dei tele-morenti, sui giornaloni dei Poteri marci (o marciti) vanno in onda i soliti peana dei politologi à la carte, che in cuor loro s'auguravano un mezzo passo falso di Superbone Renzi.
I Sancho Panza dalla virgola accigliata, quegli "ignoranti - insorgerebbe Cervantes - che dicono sempre viva chi vince".
Così, dopo aver decantato il declino irrevocabile della sinistra e del Pd, il mastino napoletano del "Corriere della Sera", Antonio Polito, si trasforma in uno scodinzolante barboncino per ricordare ai suoi lettori che la vittoria di Renzi è paragonabile a quella del 1958 di Aminore Fanfani (sic).
Un miracolo, secondo Polito, paragonabile allo scioglimento del sangue di San Gennaro. Il Dudù in calore di via Solferino dà fondo a tutto il suo repertorio di mirabolanti metafore per celebrare la vittoria di San Matteo sull'Arno: "E' come se si fosse sciolta una montagna di ghiaccio, e l'acqua avesse preso finalmente a fluire tra un mare elettorale e l'altro (...) Era il Santo Graal della Seconda Repubblica, la chiave sempre cercata e mai trovata per un bipolarismo maturo e non più rusticano (...) seppure in circostanze del tutto eccezionali (...) Matteo Renzi l'ha trovata".
Sullo stesso quotidiano di Flebuccio de Bortoli, al sempre disponibile cronista Aldo Cazzullo, Walter Veltroni, rifila poi la favoletta che con Superbone Renzi si è realizzato il suo sogno (o incubo) impossibile.
Già , I have dream...
Da palazzo Marino, il sindaco Giuliano Pisapia alle prese con il flop annunciato dell'Expo dichiara a sua volta che il voto europeo a Milano ha premiato il suo lavoro di amministratore. E non senza un minimo di ritegno, c'è chi fa osservare pure che con il 40,96% l'ex capitale morale d'Italia ha superato quel 34,20% conquistato dal Fronte popolare nel lontano 1948.
Aridaje con i paragoni storici.
Ma com'è potuto accadere che eravamo alla vigilia di un nuovo 18 aprile e i media non se n'erano accorti?
Tutta colpa dei sondaggi-tarocchi che annunciavano un "testa a testa" tra Renzi e Grillo per il primato nelle urne?
La verità è che alla vigilia del voto i giornaloni dei Poteri marci, pavidi, non avevano voluto sottolineare con forza che quello di domenica rappresentava, come in passato, anche un referendum sul premier parolaio appena arrivato strombazzante a palazzo Chigi.
E lo stesso Matteuccio, doroteo di ritorno, si era affrettato a mettere le mani in avanti dichiarando ai quattro venti: "la mia legittimazione politica non dipende dal suffragio europeo".
A urne chiuse, fatti i conti, il nostro ora va furbescamente all'incasso rivendicando carta bianca per il suo esecutivo.
E' fuori discussione che lo statista di Rignano d'Arno abbia stravinto il "sondaggione" di domenica di là da ogni ragione previsione.
A raccontarci del suo successo sono innanzitutto i numeri usciti dalle urne: il leader del Pd non soltanto ha raccolto il 40,8% dei consensi, ma con i suoi 11 milioni raccolti (un record) ne ha fatti guadagnare oltre tre al suo partito rispetto alla tornata elettorale del 2009 (8 milioni).
E soltanto per un soffio l'onda lunga renziana non ha scavalcato il "partito del non voto", che con il 42% (altro primato) risulta la prima forza della competizione.
Dati a dir poco impressionanti: il Pd ha ricevuto il doppio dei voti di Beppe Grillo (fermo sulla soglia dei 5 milioni e mezzo) e umiliato gli azzurri di Berlusconi, che lasciano sul terreno elettorale oltre 6 milioni di consensi.
Un tracollo annunciato quello del Cavaliere che non è riuscito neppure a strappare una preferenza ai vecchietti della "Sacra Famiglia" di Cesano Boscone, dove sconta i servizi sociali e dove si è votato per le amministrative.
Ma di là dei numeri incancellabili, la geografia politica (ri)disegnata dal voto-sondaggio europeo mette in luce che con il suo 40% il Pd di Renzi cancella sulla carta quel "bipolarismo imperfetto" che da oltre vent'anni aveva incantato i sostenitori della cosiddetta Seconda Repubblica. Anche se non mutano i rapporti forza nel Palamento italiano, con maggioranze fragili (e mutabili) sia a Montecitorio sia a palazzo Madama.
Il "riformismo" renziano non dispone dei numeri (quelli pesanti) per imporre una nuova legge elettorale e la stessa abolizione dell'attuale Senato. Due temi istituzionali sui quali veglia il capo dello Stato, anche lui uscito rafforzato dal plebiscito al suo vecchio e caro ex Pci.
MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE Beppe Grillo al termine dellincontro con Matteo Renzi b f b fc f ac b e c ac grillo Antonio Polito Antonio Polito GIULIANO PISAPIA LELLA COSTA INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO WALTER VELTRONI E SILVIO BERLUSCONIberlusconi prodiVeltroni e Berluscon
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