DAGOREPORT - NON SAPPIAMO SE IL BLITZ VOLANTE TRA LE BRACCIA DI TRUMP SARÀ UNA SCONFITTA O UN…
Alessandro Barbera per "la Stampa"
la foto dei leader al vertice nato
«È andata bene, molto bene». Bruxelles, 16.15 di ieri. Mario Draghi infila a passo svelto l' uscita del quartier generale della Nato per rientrare a Roma. È appena terminata la riunione plenaria dei capi di Stato e di governo. Non ha organizzato incontri bilaterali, e ha cancellato la conferenza stampa programmata per il pomeriggio.
«È stato un incontro importante in cui i leader hanno riaffermato la centralità dell' alleanza atlantica», spiega. Lo staff del premier riferisce che non c' erano novità sostanziali rispetto a quanto emerso durante la riunione del G7 a Carbis Bay. Eppure qualcosa da commentare ci sarebbe stato: il primo incontro alla Nato con colui che tre mesi fa - era l' 8 aprile - non esitò a definire «il dittatore» Recep Erdogan.
Draghi, atlantista di ferro, ricorda con sollievo che l' alleanza «si sta rafforzando dopo il periodo di debolezza dell' era Trump». Ciò che non è cambiato è il ruolo cruciale di Ankara in quella stessa alleanza.
La centralità del turco nello scacchiere occidentale è testimoniata dai molti leader che hanno in agenda con lui un bilaterale. Angela Merkel, Emmanuel Macron, Boris Johnson, i premier spagnoli e greci. Quando entra nella sala della plenaria Joe Biden avvicina Erdogan con un sorriso largo e il pugnetto complice.
Con Draghi solo sguardi inespressivi. Anche la photo opportunity è a distanza di sicurezza: Erdogan davanti, a fianco dell' americano, il premier tre file più indietro.
Draghi ha buone ragioni per restare lontano dal turco, e fra le righe della diplomazia lo si legge nel breve discorso davanti ai partner.
«L' Alleanza atlantica deve essere pronta ad affrontare» tutti coloro che non condividono «i suoi valori». E in questo contesto «la deterrenza e la posizione di difesa della Nato devono essere attuate attraverso un approccio di ampio spettro.
Dovremmo guardare a tutte le direzioni strategiche», con «un focus costante sull' instabilità della regione mediterranea». Il riferimento di Draghi è al caos libico, dove milizie regolari di turchi e siriani si spartiscono con quelle russe il territorio che fu di Gheddafi. Nella base aerea di Al-Watya, non lontana dai confini tunisini, nei porti di Al-Khoms e Misurata, dove hanno ottenuto una concessione pluriennale.
i leader dei paesi nato nella sede dell'alleanza a bruxelles
Draghi non può far finta di nulla. Per l' Italia e l' Unione è un enorme problema strategico: la Libia è la porta di ingresso per l' Europa di migliaia e migliaia di migranti in fuga dalla fascia del Sahel e in cerca di fortuna. Draghi ne aveva già fatto cenno nel week-end dalla Cornovaglia: per spegnere la polveriera nordafricana c' è bisogno dell' aiuto di tutti. Degli Stati Uniti e dell' Onu: l' Italia ha sollecitato una nuova missione dell' Oim, l' organizzazione per i migranti che già lavora fra Mali, Burkina Faso e Niger.
MARIO DRAGHI Abdulhamid Al Dabaiba
Per tutte queste ragioni Draghi considera essenziali la nuova stagione della Nato e il suo rapporto con l' Unione. Fra i partner dell' Alleanza si affrontano da tempo due correnti: il blocco dei Paesi ex sovietici, che vedono la Nato come uno scudo contro l' invadenza russa e premono perché le truppe restino concentrate su quel fronte. E invece chi - come l' Italia - la vorrebbe più attenta ai confini Sud. Draghi rivendica anzitutto «l' autonomia strategica» dell' Europa, un concetto caro a Macron condiviso sin dal suo discorso di insediamento a Palazzo Chigi.
«Stiamo costruendo un' Unione più forte anche nel campo della sicurezza e della difesa, nella convinzione del contributo positivo basato sulla complementarietà che l' architrave europeo può fornire per rafforzare ulteriormente la Nato. Vorrei sottolineare a tutti i nostri alleati non appartenenti all' Unione che questo è ciò che inequivocabilmente intendiamo per autonomia strategica». Fra i partner non europei c' è appunto la Turchia di Erdogan.
Sembra passato un secolo da quando, due anni fa, Macron sanciva la «morte cerebrale» della Nato e Donald Trump minacciava agli europei il disimpegno americano dall' Alleanza. Resta intatto il ruolo ambiguo di Ankara, che dopo aver lanciato - nel silenzio dell' Occidente - l' attacco contro i curdi in Siria ora boicotta la collaborazione fra Nato e Unione per attuare l' embargo Onu sulle armi in Libia. Se l' Alleanza atlantica è anzitutto «una comunità di valori» - fa capire Draghi - non si può continuare a far finta di nulla.
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