DOPO IL KAZAKISTAN, L’ERITREA: UN’ALTRA DITTATURA RISCHIA DI CREARE PROBLEMI AL GOVERNO LETTA

Lancio dell'Espresso

Dopo il Kazakistan, l'Eritrea: un'altra dittatura rischia di creare problemi al governo Letta. Un corposo dossier degli ispettori Onu accusa il nostro Paese di avere contribuito alla macchina bellica del padre padrone dell'Asmara Isaias Afewerki.

Nel documento come rivela "l'Espresso" nel numero in edicola domani vengono chiamate in cause aziende italiane per forniture di elicotteri e veicoli utilizzati dalle forze armate del regime, sottoposto all'embargo internazionale. Si parla di rapporti con la Corea del Nord. Si descrivono le denunce di estorsioni presentate dai cittadini eritrei residenti a Milano ed ignorate dalla polizia. E soprattutto si sostiene che le nostre autorità non hanno collaborato con le Nazioni Unite.

Secondo gli ispettori, il regime de l'Asmara riesce a violare l'embargo grazie all'importazione di sistemi dual-use, che possono avere un impiego civile o un uso militare. Un ruolo chiave in queste operazioni è affidato a un italiano: Gianluca Battistini, un uomo d'affari che opera tra Cesena, Dubai e l'Eritrea.

L'attenzione dei detective Onu si è concentrata poi sulle Officine Piccini di Perugia, che avrebbero venduto equipaggiamenti ai militari e manterrebbero legami diretti con il presidente Afewerki in persona. Le Officine sono parte di un gruppo con seimila dipendenti e filiali in tutti i continenti: si occupa di edilizia, grandi opere e macchine per cantieri. Secondo gli ispettori, uno degli azionisti dell'azienda è stato sotto inchiesta in Svizzera per riciclaggio di denaro.

Nello stesso rapporto si evidenzia il mistero di due elicotteri italiani, assemblati in Eritrea da tecnici del nostro paese e utilizzati dai militari fino allo scorso autunno. Su questo punto i detective dell'Onu sono durissimi: il governo di Roma non ha fatto avere informazioni sul tipo di velivolo e sulle società coinvolte nell'esportazione all'Eritrea.

Fonti dell'Onu sostengono che la discussione del dossier davanti al Consiglio di Sicurezza ha rischiato di slittare per le pressioni fatte dalla Russia, dall'Italia e in parte dalla Cina. Poi lo scorso 11 luglio l'ambasciatore al Palazzo di Vetro Cesare Maria Ragaglini ha respinto le critiche con una lettera: «Nel febbraio 2013 abbiamo detto con chiarezza che non abbiamo autorizzato alcuna esportazione di armi o materiali correlati o di materiali dual use. Non ci sono prove di qualsiasi assistenza militare dall'Italia che sostengano le accuse non documentate degli ispettori».

Altre accuse all'Italia riguardano l'assenza di misure contro i taglieggiamenti inflitti dai consolati eritrei agli emigrati. Gli ispettori scrivono che i cittadini residenti nel nostro Paese vengono obbligati a pagare una tassa illecita, con la minaccia di non rinnovare il passaporto: «Ma quelli che si sono rivolti alla polizia italiana per denunciarlo, sono stati mandati via dicendogli che "non si può fare nulla"».

 

 

presidente Isaias Afewerki Aferwerki insert Isaias Afewerki CESARE RAGAGLINI AMBASCIATORE ITALIANO ALL ONU