CHE FAI, MI CACCI? - SILVIO AVANTI TUTTA, AL-FINI E’ GIA’ FUORI DAL PARTITO (E AL CONSIGLIO NAZIONALE SARA’ CACCIA ALLA COLOMBA) - RENZI E SILVIO UNITI NELLA LOTTA ALLA NUOVA DC…

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TE NE VAI O NO? SILVIO AVANTI TUTTA, AL-FINI E' GIA' FUORI DAL PARTITO
Francesco Bei per "la Repubblica"

La rottura - umana prima ancora che politica - si è consumata venerdì. Quando Angelino Alfano ha saputo da un amico fidato che un giornalista di una testata berlusconiana era a caccia di indizi sulla sua vita privata. A quel punto tutto è crollato, anche le residue speranze di un accordo in extremis per evitare una conta lacerante. E non è un caso allora che il ministro dell'Interno, parlando ieri da Maria Latella su Skytg24, si sia lasciato andare a una profezia raggelante: «Il metodo Boffo è messo in conto, se dissentiremo ne saremo probabilmente vittime, ma non abbiamo paura».

Dopo aver saputo del missile in arrivo, Alfano ha voluto immediatamente chiederne conto a colui che considera il suo padrino politico e che ha cercato finora di tenere distinto dai
cosiddetti lealisti. Fingendo di ignorare chi sia la vera guida dei falchi. Ma la telefonata, dai toni gelidi, è stata la definitiva presa d'atto della fine di un sodalizio. «Io di questi dossier su di te non so proprio nulla - si è difeso Berlusconi risentito - sei tu piuttosto che devi ancora spiegarmi come farete a restare al governo quando il Pd voterà la mia uscita dal Senato».

Per questo ormai non ha più senso ipotizzare un rinvio del Consiglio nazionale: è lo stesso Berlusconi a volere l'estromissione dei «traditori». Anche qui la giornata decisiva è stata quella di venerdì quando a palazzo Grazioli, durante un vertice dedicato all'esame della legge di stabilità, Gianni Letta ha avanzato il suo suggerimento «per evitare un bagno di sangue ». Far saltare l'ordalia del 16 novembre, cercare ancora una soluzione senza spaccare il partito. «Gianni mi dispiace, non se ne fa nulla», ha tagliato corto il Cavaliere, «andiamo avanti come stabilito».

Tanto, a scongiurare una spaccatura in pubblico, sotto i riflettori, c'ha pensato lo stesso Berlusconi. Memore dell'immagine devastante di Gianfranco Fini alla Direzione nazionale del 2010, quella del «che fai mi cacci?», il Cavaliere ha pensato bene alle contromisure. Dunque sbaglia di grosso chi pensa di trasformare il Cn in una specie di Congresso su documenti contrapposti, con vibranti interventi dei capi corrente. Il leader, allergico ai dibattiti, ha scelto infatti la formula del monologo.

Lo stesso ordine del giorno, allegato alla lettera di convocazione spedita agli ottocento membri del parlamentino Pdl, non prevede altro che la «relazione del Presidente», il voto per la trasformazione in Forza Italia e le «conclusioni». Si suppone con standing ovation finale e inno sparato a tutto volume. «Berlusconi non ha voluto dare la parola a Cicchitto nemmeno all'assemblea dei deputati, figuriamoci se ci lascerà parlare al Consiglio nazionale», riflette sconsolata una colomba. «Ormai - osserva un altro alfaniano - contro di noi è "insultopoli", che ci andiamo a fare?».

Il Cavaliere, dal palco del palazzo dei Congressi, impavesato con le vecchie bandiere forziste, non lascerà spazio a dubbi, decretando la fine del governo di larghe intese e il passaggio di Forza Italia all'opposizione. Un attacco giocato in gran parte sulla legge di Stabilità, che i falchi berlusconiani non voteranno. L'obiettivo è infatti quello di rompere prima del voto sulla decadenza di Berlusconi, fissato alla fine di novembre, e in ogni caso prima che la corte costituzionale metta in mora il Porcellum.

«Non c'è altra strada - osserva il "lealista" Saverio Romano - visto che Berlusconi, se non riprende subito in mano la situazione al Consiglio nazionale, rischia di decadere come leader di partito. E, se vota questa legge di Stabilità, decade anche dal suo elettorato, che la vede come fumo negli occhi». Quanto alla legge elettorale, per Berlusconi a questo punto diventa vitale mantenere il Porcellum in vita e contrastare il disegno degli alfaniani - Quagliariello in testa - per arrivare a fissare una soglia per il premio di maggioranza.

In questo modo il Porcellum si trasformerebbe in un proporzionale con minime correzioni, favorendo il disegno di una riaggregazione al centro. Uno scenario che anche Renzi e Grillo, ne è convinto il leader di Forza Italia, non hanno alcun interesse a favorire. «Berlusconi e Renzi - conferma Romano - divergono su tutto, tranne che su una cosa: la difesa di uno schema bipolare ».

 

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