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“FAR RIDERE È UNA MACCHINA INFERNALE” – ARCHEO! L’AMAREZZA DI PAOLO VILLAGGIO IN UNA DELLE ULTIME INTERVISTE PRIMA DI MORIRE, NEL 2017: “IL GIORNO IN CUI TI RENDI CONTO DI NON FAR PIÙ RIDERE PERCHÉ HAI I CAPELLI BIANCHI, PERCHÉ HAI LA PANCIA, TI VIENE UNA GRANDE PAURA DI MORIRE. QUESTO PAESE È DOMINATO DA UNA RELIGIONE IL CUI PRINCIPALE EROE È MORTO INCHIODATO AD UNA CROCE. COME SI FA A FAR RIDERE?” – “IL MIO ERA UN CAMUFFAMENTO. FINGI DI FAR RIDERE MA RACCONTI QUALCOSA DI TRAGICO. A 12 ANNI, COME TUTTI QUELLI CHE HANNO UN FISICO UN PO’ GOFFO HO PENSATO: “MO’ VE FACCIO RIDE”. NON CE L’HO FATTA. QUANDO VOLEVO FAR RIDERE FACEVO PIANGERE, E VICEVERSA…”

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Estratto dell’articolo di Mario Sesti per “la Repubblica” – intervista realizzato il 31  luglio 2017

https://www.repubblica.it/dossier/cultura/cinquanta-anni-di-repubblica/2025/03/27/news/paolo_villaggio_kafka_fantozzi_2017_sesti_50_anni_repubblica-424087863/?ref=RHLF-BG-P6-S1-T1

 

Paolo Villaggio by cristina ghergo (7)

[…] Paolo Villaggio è seduto sulla sedia a rotelle, illuminato dalle luci di Luca Bigazzi e inquadrato da due camere («Non ho mai avuto tanti operatori intorno a me»). Abbiamo atteso diverse settimane il momento giusto per poterlo intervistare, aspettando che la salute ci consentisse di avere con lui una conversazione da registrare in video per un film.

 

Ha una lunga barba bianca, una giacca nera con lussureggianti ricami d’argento da latifondista armeno di fine Ottocento (un’iperbole lessicale e visiva alla Fantozzi: «Non l’ho mai indossata prima ») e uno dei suoi caffettani, o tunica, l’abito con il quale siamo stati abituati a vederlo negli ultimi anni, che copre quasi interamente la sedia da infermo su cui si trova. […]

 

paolo villaggio io speriamo che me la cavo

[…] lei è diventato molto famoso per qualcosa di completamente diverso: ha fatto ridere a crepapelle milioni di persone.

«Far ridere è una macchina infernale. Perché il giorno in cui ti rendi conto di non far più ridere perché hai i capelli bianchi, perché hai la pancia, ti viene una grande paura di morire. Poi, questo paese è dominato da una religione il cui principale eroe è morto inchiodato ad una croce. Come si fa a far ridere? ».

 

Lei però lo ha fatto più di qualsiasi altro.

paolo villaggio fantozzi

«Sì, è vero. Ma era un camuffamento. Fingi di far ridere ma racconti qualcosa di tragico. A 12 anni, come tutti quelli che hanno un fisico un po’ goffo ho pensato: “Mo’ ve faccio ride”. Non ce l’ho fatta.

 

Quando volevo far ridere facevo piangere, e viceversa. Tutte le volte che provavo a far ridere veniva fuori una risata d’imbarazzo, tragica. Allora ho capito che quella sorta di “fastidio” che leggevo sulla faccia degli altri andava potenziato, esagerato, esasperato: allora diventava una vera risata. Una risata tragica. Quando dissi al mio editore che il libro di Fantozzi si doveva chiamare “tragico”, mi guardarono tutti molto perplessi».

 

fantozzi crocifisso in sala mensa

[…] Per fare questo film su Fantozzi e su di lei abbiamo intervistato molti nomi importanti. C’è gente come Fo e Benigni che ritiene che lei sia un attore leggendario.

«Quello che credo mi abbia capito di più è stato Fellini. Sapeva benissimo quanto posso essere tragico oltre che comico. Sul set della Voce della luna a volte mi diceva: “Ora, Paolino, per favore, non cercare di far ridere”. Però quando abbiamo girato i caroselli mi ha detto: “E ora facciamoli ridere questi stronzi”».

 

Qual è, secondo lei, la cosa che lei ha fatto che ha fatto ridere più di tutte?

fellini villaggio

«Fantozzi costretto a vedere La corazzata Potëmkin durante la finale della Coppa del Mondo. C’è qualcosa di più drammatico? Eppure la gente ride fino allo svenimento. Perché? Perché le disgrazie degli altri ci fanno ridere? Beh, faccio una faccia da suicidio...».

 

Anche la faccia da suicidio somiglia molto alla faccia da Fracchia. Solo che ora mima un pianto. «Voi credete che io stia fingendo? Anche io. Ma in realtà forse sto piangendo sul serio. Posso suicidarmi alla fine di questa intervista? Qualcuno ha un coltello?».

 

Poi, parlando direttamente in camera. «Dove siete tutti? Ci siete? Non mi lasciate solo! Non mi abbandonate! Non ve ne andate!».

il secondo tragico fantozzi la corazzata potemkin

 

L’ ultima inquadratura di Paolo Villaggio non è quella di Fracchia: fissa con rabbia ferma, impassibile e spietata l’obiettivo.

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