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Dino Martirano per il "Corriere della Sera"
Alla senatrice Anna Finocchiaro tutto si può dire tranne che abbia perso la voglia di combattere, pure con grinta, la sua battaglia di dirigente politico di lungo corso: «La rottamazione? Direi che l'ho metabolizzata, e anche il fatto di non esser più nella direzione, come Rosy Bindi e tanti altri, l'ho trovato un fatto naturale quando un giovane gruppo dirigente vuole imprimere una forte svolta al partito. Direi che questa esclusione l'avevo messa nel conto... Però, e questo è il punto, io nelle relazioni personali e in quelle politiche non sono stata abituata all'aggressività e talvolta anche alla volgarità ...».
L'accusa è rivolta alla nuova leva e al segretario Matteo Renzi che ora guida il Pd?
«Penso che questo gruppo di giovani che vuole esercitare pienamente la propria funzione rischi di commettere un errore. Sbaglia chi ritiene che la qualità dell'esperienza e il bagaglio di relazioni politiche vadano buttate via. Sarebbe un errore tragico, un impoverimento del partito, che poi alla fine si paga in termini di rinuncia all'autorevolezza, alla forza di convincimento, alla capacità di perseguire il risultato. Non siamo rami secchi da tagliare...».
Lei, come presidente della I commissione del Senato, ha avuto in carico la legge elettorale. Ora l'iter, anche su input di Renzi, è stato spostato alla Camera: i deputati sapranno fare meglio dei senatori?
«Si è definito il Senato una palude. Ma è stato semplicemente l'effetto di una decisione politica che aveva un nome preciso: doppio turno proposto dal Pd. Purtroppo quel testo non ha avuto la maggioranza...».
Alla Camera, ora, i termini della questione non cambiano.
«Non cambiano, malgrado Renzi stia facendo confusione sull'elezione del "sindaco d'Italia"... Comunque il dato politico è che il Pd sembra aver scelto Forza Italia, un partito di opposizione ostile al doppio turno, come interlocutore privilegiato. Addirittura in conflitto con l'Ncd che è nostro alleato».
Ha capito qual è la legge elettorale che vuole il segretario?
«Se il fine è, come ha dichiarato Renzi, quello di sapere la sera delle elezioni chi ha vinto, allora lo schema non può essere che quello del doppio turno. Solo il doppio turno garantisce la governabilità mentre il premio di maggioranza può non essere raggiunto».
Quindi, quando lei sente parlare di «sindaco d'Italia» intende doppio turno di collegio o di coalizione?
«Quando sento parlare di "sindaco d'Italia" la prima cosa che mi viene in mente è il semipresidenzialismo. Cioè l'idea che il "sindaco d'italia" non sia altri che il presidente della Repubblica o il premier eletto direttamente. E credo che questo sia il piatto ricco al quale è interessato Berlusconi anche perché noto che dai discorsi di Renzi e di Letta è sparito ogni riferimento alla forma di governo. Così, quasi quasi, mi viene l'idea che ci sia la voglia di fare al contrario: prima la legge elettorale e poi, per default, la riforma della forma di governo. E questo significa una spinta forte verso il semipresidenzialismo».
La preoccupa che Renzi stia trattando con Forza Italia?
«La maggioranza mi sembra già in subbuglio per questa iniziativa. E registro una punta di amarezza: al Senato, il testo concordato con il Pdl, allora alleato di governo, fece gridare all'"inciucio". Ora invece Renzi che tratta con Forza Italia, che sta all'opposizione, è "genio politico". Se questo è il metro... Mi amareggia. In un passaggio così difficile non tenere in considerazione la voce degli alleati e cercare una interlocuzione prioritaria con il partito di Berlusconi qualche problema di stabilità lo crea. Oltre al fatto che sceglierlo come interlocutore gli ridà un peso politico e strategico».
Le piace il Mattarellum corretto che tanto va di moda?
«à la mia proposta depositata a maggio. Però andava bene prima che nascesse la destra di Alfano il cui arrivo abbiamo salutato con favore sulla strada di una destra moderna. Ecco, il Mattarellum sarebbe un regalo per Berlusconi e significherebbe la morte politica di Alfano».
Che impatto ha la linea Renzi sui gruppi del Pd?
«Non ne abbiamo mai discusso. Immagino che ne avremo occasione, come si fa nei partiti. Nella nostra storia, i gruppi parlamentari non sono solo gli esecutori istituzionali di scelte politiche che vengono adottate senza ascoltarli. Non siamo amanuensi. I gruppi non potranno essere accantonati, andranno anche ascoltati. Fare leggi non è così facile come comunicare. Gli slogan spesso sono efficaci. Ma poi bisogna trovare le maggioranze in Parlamento»».
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