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Carmelo Lopapa e Rodolfo Sala per "la Repubblica"
«Formigoni si deve rassegnare, deve capire che non può dettare ancora le condizioni. Roberto Maroni è la soluzione migliore per la Regione». A quella via d'uscita Silvio Berlusconi ha lavorato sodo, nelle ultime 48 ore e non transige che ora possa saltare per le vendette consumate del presidente uscente.
Il filo diretto del Cavaliere col leader della Lega, sentito anche ieri, la mediazione di Angelino Alfano, quella sottotraccia di Maurizio Lupi. C'è tutta una diplomazia che si muove dietro la candidatura di bandiera di Gabriele Albertini. Col sacrificio del "Celeste" sembra spianarsi l'autostrada che porta dritta a un nuovo accordo politico col Carroccio per le politiche di primavera.
«Il vero problema adesso è convincere Formigoni ad accettare l'accordo e non è affatto impresa facile» racconta uno dei più alti dirigenti del Pdl. Tanto per cominciare, Berlusconi e Alfano hanno convinto i leghisti ad abbassare i toni contro il governatore e così è stato. Col presidente della Regione stanno invece trattando, nel tentativo di indurlo a più miti consigli. L'approdo in Parlamento è una delle offerte poste sul tavolo.
Resta chiuso tutto il giorno ad Arcore, il Cavaliere. E potrebbe restarci anche oggi, complice una linea di febbre. In un primo momento era atteso lui ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Monti. Poi saltato. Con conseguente incidente diplomatico tra la Presidenza del Consiglio e Angelino Alfano, il quale aveva immaginato di poter sostituire lui il Cavaliere nella colazione col Professore. La febbre è la giustificazione ufficiale anche per il forfait a sorpresa di Berlusconi al congresso del Ppe che si apre oggi a Bucarest. Ci sarà Pier Ferdinando Casini, tra i leader europei (Merkel inclusa), per il Pdl Alfano.
Un passo indietro in suo favore, per consentirgli di tessere la tela con il leader centrista, viene detto. La verità , racconta chi gli ha parlato, è che Berlusconi la partita con Casini la considera ormai persa. Alfano oggi tornerà alla carica, cercando sponde tra i popolari europei. Ma il leader centrista non ha alcuna intenzione di «cadere nella trappola di Bucarest», come va dicendo. Tantomeno ora che a Milano sta rinascendo l'asse dei berlusconiani col Carroccio. Addio al Ppe italiano. Tutto questo Berlusconi lo ha chiaro. Preferisce restare ad Arcore e lavorare al «Piano B».
Lancio della nuova lista col traino di una decina di imprenditori- manager, incontrati negli ultimi giorni, e ora sulla rampa di lancio per il progetto «volti e nomi nuovi». Indiscrezione sufficiente, ieri, a fare lampeggiare il cartello «panic» tra i banchi pidiellini: il repulisti è imminente. Il Cavaliere ha voglia di «nuovo». Come pure, dicono, avrebbe voglia di andare venerdì all'udienza del processo Ruby. Ma tutto è precario, nella sua agenda.
A Milano, intanto, tra i leghisti e il Celeste la guerra ormai è totale. Anche se i toni di Maroni sono tutt'altro che bellicosi. Il segretario ha tutto l'interesse a non calcare la mano, in questa partita in cui è in gioco non solo la Lombardia, ma pure il ritorno della Lega al fianco del Pdl.
Per questo dopo aver ribadito che il Carroccio non si è mai sognato di uscire dall'alleanza del Pirellone, l'ex ministro boccia l'idea di elezioni a breve («Mai visto il voto sotto Natale») e apre alle primarie di coalizione di cui si comincia a parlare nel centrodestra: «Il Pdl le vuole fare con noi? Sono s'accordo, noi le faremo sabato e domenica sotto duemila gazebo in tutta la regione».
Primarie leghiste in cui il responso sembra già scritto: sarà un plebiscito per Maroni, che a questo punto vuole un risultato forte, anche in termini di partecipazione, per consolidare la propria candidatura. E puntare a fare della Lombardia il perno di quella "Baviera" in salsa padana che comprenderebbe il Veneto e il Piemonte. Il primo obiettivo sarà spostare il più in là possibile, magari proprio in aprile con le politiche, la data del voto.
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