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Antonio Massari e Davide Vecchi per "il Fatto Quotidiano"
Il paradosso va in scena alle dieci del mattino: le accuse contro l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, sono così fondate che rischia di non esser mai punito. Oggi – con il patteggiamento – Orsoni avrebbe potuto incassare una condanna a quattro mesi di reclusione e 15 mila euro. Il giudice per le indagini preliminari, Massimo Vicinanza, ha però rigettato il patteggiamento perché la pena non è congrua. L’ex sindaco sarà giudicato in un processo con il rito ordinario.
Nel quale, però, va incontro a una prescrizione quasi certa. Eppure lo stesso Orsoni, accettando il patteggiamento, s’era mosso con una “sostanziale ammissione di responsabilità” – per usare le parole del procuratore aggiunto Carlo Nordio. E così, se da un lato il lavoro della procura veneziana – altro paradosso – esce rafforzato dalla sentenza del gup, dall’altro si mette in moto la sua sostanziale inutilità, poiché Orsoni, per via della prescrizione, potrebbe non essere mai punito.
L’ex sindaco è accusato d’aver incassato dal presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, un finanziamento illecito di 260 mila euro per la campagna elettorale del 2010. Mazzacurati ha riferito di una somma anche più ingente, pari a circa 500mila euro, consegnata a Orsoni in più tranche. Dopo l’arresto, avvenuto ai primi di giugno, e la successiva remissione in libertà, Orsoni aveva accettato il patteggiamento e nel frattempo - scaricato dal Pd - s’era dimesso dalla poltrona di primo cittadino. “impianto accusatorio fondato”
Il colpo di scena che il Gup Vicinanza ha riservato a tutti – procura e difesa – merita di essere analizzato. L’impianto accusatorio che viene definito “fondato” e il giudice non ha dubbi sulla gravità delle accuse mosse a Orsoni. E per due motivi. Il primo: “Le condotte da lui tenute sono molto gravi, sia per l'entità del contributo illecito ricevuto, sia per la provenienza soggettiva e oggettiva del denaro”.
Il secondo: è altrettanto grave “l’inevitabile rischio, per la corretta gestione della cosa pubblica, che ha comportato l’aver ricevuto ingenti somme”. E averle ricevute dal patron del Mose, il gestore dell’“opera pubblica di maggior costo e rilievo che ha interessato la città della quale l'indagato è poi divenuto sindaco”.
E così il giudice viene al punto. Per Orsoni è stata chiesta una pena che, sotto il profilo economico, somiglia a una mancia da ristorante. Ed è altrettanto lieve, troppo lieve, anche sotto il profilo della detenzione: “È del tutto incongruo... concordare una pena... detentiva inferiore” al limite edittale. Sotto il profilo economico, invece, il limite è “oltre cento volte inferiore” al massimo erogabile “se si tiene conto dell’entità del finanziamento illecito ricevuto”.
Il gup invia gli atti ai tre pm che hanno formulato l’accusa – Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini – che dovranno procedere quindi secondo il rito ordinario. Per loro non si tratta di una sconfitta, anzi, piuttosto di una delusione, per aver chiesto una pena troppo lieve, nella speranza di giungere a una condanna certa, invece che a una altrettanto certa prescrizione. Orsoni invece commenta: “Ora posso finalmente difendermi”.
Poi parla di “uso sproporzionato della misura cautelare” - si riferisce ai giorni di carcere preventivo – e aggiunge: “La scelta di accettare il patteggiamento, proposto dalla Procura, era stata dettata dalla necessità di tutelare l’Amministrazione. Ero ben consapevole della assoluta infondatezza dei fatti addebitati e della insussistenza della fattispecie di reato ipotizzato”. In realtà, come abbiamo visto, il gup la pensa diversamente.
E che l’impianto accusatorio continui a reggere è dimostrato da un altro dato: il tribunale del Riesame ieri ha confermato il carcere per l’ex assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso (Fi), accusato di aver incassato mazzette dalla cricca del Mose.
Il procuratore aggiunto Nor-dio commenta: “La pronuncia del Tribunale del Riesame dimostra l’assoluta fondatezza dell’intero impianto accusatorio. Anche il rigetto dell’istanza di patteggiamento del professor Orsoni si colloca in questa linea, consolidando la correttezza giuridica del reato e la gravità delle prove a suo carico. Questa procura ritiene che una sentenza certa e immediata, con l'applicazione di una pena comunque significativa, sia preferibile ai costi e alle lungaggini di un processo, con una tardiva pronuncia di condanna a forte rischio di prescrizione”.
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