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Francesco Grignetti per "La Stampa"
E poi, al solito, c'è il nodo della Giustizia. Manco a farlo apposta, pure la nascita del governo Letta deve fare i conti con uno dei problemi irrisolti della politica italiana: chi nominare ministro Guardasigilli, cosa fare di fronte a un disastro quali la giustizia penale e civile, come approcciarsi a un terreno minato che scatena le tifoserie? Domande difficili, a cui dare risposte senza mai perdere di vista il convitato di pietra Silvio Berlusconi, ovvero i suoi processi e le inchieste che lo riguardano.
Sui nomi, la soluzione più facile era sembrata la riconferma di Paola Severino. Lei però non ci sta. L'ha detto pubblicamente, l'ha ripetuto nelle conversazioni di queste ore: «Continuerò a occuparmi di giustizia come avvocato e come docente, ma non da via Arenula. Ritengo non ripetibile questa esperienza».
Altri nomi? Luciano Violante ha il profilo giusto, di figura più che rodata, subito operativo come piace al premier incaricato. à stato nella commissione dei Saggi, dove ha portato alcune sue idee forti, quali il Giurì di disciplina per i magistrati, che all'Anm non piace, ma potrebbe essere una soluzione di compromesso con il Pdl in tema di riforma della giustizia.
Il nome di Violante è in ballottaggio con quello Michele Vietti, l'attuale vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, che ha il vantaggio di riassumere in sé capacità tecnica, caratura politica e profilo istituzionale. Vietti, peraltro, può vantare anche lui una notevole esperienza parlamentare, con l'Udc, che fino a tre anni fa gli aveva permesso di dialogare con destra e sinistra. Nel frattempo ha acquisito anche un solido rapporto con la magistratura associata.
Sono in calo invece le quotazioni dei giuristi puri come il presidente della Corte costituzionale Franco Gallo (portato ad esempio da Giorgio Napolitano nel discorso d'insediamento) oppure il presidente emerito Valerio Onida (altro studioso stimato al Colle, tanto da essere l'unico Saggio non di partito nella commissione sulle riforme zionali). Troppo tecnici.
Al di là dei nomi, comunque, l'eredità che Paola Severino lascia al successore - già vidimata dal Colle - è un intenso lavoro preparatorio per affrontare i bubboni della giustizia: alcune soluzioni elaborate al ministero della Giustizia sono finite per intero nel lavoro dei Saggi del Quirinale.
Il capitolo V sulla giustizia, specie i paragrafi sul sovraffollamento carcerario e sulla deflazione del processo civile, è farina del suo sacco. Altri paragrafi non sono stati inseriti nella relazione finale dei Saggi per mero ritardo nelle commissioni preposte, ma la Severino li ha illustrati tre giorni fa: sulla prescrizione, sul contrasto alla corruzione e al riciclaggio, e soprattutto sulla depenalizzazione dei reati minori.
Quest'ultimo capitolo in particolare è considerato (da magistrati e avvocati, ma anche dai tecnici dei partiti) il più importante e insieme il meno contundente dal punto di vista politico: una simile riforma strutturale, riducendo di molto, forse dimezzando il lavoro che si riversa sulle scrivanie dei magistrati, otterrebbe il magico risultato di velocizzare i processi, ridimensionare il numero delle prescrizioni, intaccare l'arretrato.
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