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Peter Gomez per il “Fatto quotidiano”
Dovevano essere le armi del governo per far ripartire realmente e velocemente l’economia. Il volano per creare posti di lavoro e far schiodare il Pil da quelle percentuali da prefisso telefonico (previsione +0,7) che anche quest’anno collocheranno l’Italia al terzultimo posto in Europa, davanti solo a Cipro e Grecia. Invece turismo e digital economy restano al palo.
Perché il governo quelle armi non le ha sapute usare. A dirlo non sono i critici, ma i fatti. Prendete, per esempio, l’Enit, l’agenzia nazionale per il turismo che nel giugno del 2014, Matteo Renzi voleva giustamente rottamare. Per 12 mesi, il carrozzone dell'Enit, un ente che con i suoi 187 dipendenti costa alla collettività più di 20 milioni di euro all'anno, è stato (in teoria) affidato alle cure di un commissario. Peccato però che nel decreto di nomina ci si sia dimenticati di dargli i poteri d'intervento.
E così, Cristiano Radaelli, manager con alle spalle una lunga esperienza ai vertici di Siemens e di Nokia, si è ritrovato a tentare di riformare l'agenzia, mentre tutte le deleghe operative restavano in mano a un direttore generale, nel frattempo finito sotto inchiesta per una lunga serie di reati. Risultato dell'errore (?), inutilmente segnalato a Renzi e al ministro Franceschini, un’enorme perdita di tempo. Radaelli che, nel giro di 6 mesi, avrebbe dovuto rimettere in sesto l’Enit, cambiarne lo statuto e, soprattutto far ripartire la promozione del nostro Paese all’estero, è restato (non per colpa sua) su quella poltrona il doppio del previsto.
E oltretutto senza nemmeno percepire uno stipendio. Almeno fino a pochi giorni dallo scadere del suo incarico (oggi dell'agenzia si occupa Evelina Christillin) il premier non aveva ancora firmato il decreto sui suoi emolumenti. Distrazione, incuria, inefficienza? Quasi non importa saperlo. Il dato rilevante è un altro: il turismo è un settore chiave per tentare di farci ripartire. Vale oltre 160 miliardi l’anno e dà lavoro a 2 milioni e mezzo di persone. Operare bene e celermente è essenziale se davvero si vuole invertire la tendenza che negli ultimi dieci anni ha visto aumentare i flussi turistici verso l'Italia di un misero +8,6%, contro il +52% della Francia e il + 40% della Grecia.
L’idea di dover essere rapidi nei fatti e non solo con le parole ai nostri però non piace. Tutti gli studi concordano nel dire che la banda larga finalmente operativa in Italia porterebbe a un incremento del Pil valutato tra l’1,5 e il 3%. Anche per questo a inizio del 2014 Renzi aveva assicurato che avrebbe fatto ogni sforzo per dare a tutti gli italiani Internet a alta velocità. È passato un anno e mezzo. Il risultato è zero: siamo ancora al 52° posto nel mondo per capacità delle nostre reti.
Dei 6 miliardi di euro, in parte messi a disposizione da Bruxelles, non si è ancora speso un euro. Dimenticando che cominciare a stendere i cavi vuol dire creare da subito migliaia di nuovi posti di lavoro. Ferma è anche l’Agenda digitale, che da sola vale più di qualsiasi riforma della Pubblica amministrazione. A Palazzo Chigi l’agenzia che doveva occuparsene ha nuovamente cambiato Dg.
matteo renzi pier carlo padoan
Anche per questo (ma non solo) il 31 dicembre la nuova anagrafe nazionale, che avrebbe dovuto sostituire le vecchie anagrafi comunali, non è partita. Italia Login, il portale che doveva permettere ai cittadini di rapportarsi con i vari enti, non c’è. Le sperimentazioni sulla carta d’identità elettronica e sulla carta dei servizi, in calendario per febbraio, sono state rimandate. E l’elenco potrebbe continuare. Del suo predecessore, Enrico Letta, il premier diceva: “Non è cattivo. È un incapace”. Il timore concreto è che la definizione presto finirà per valere pure per lui.
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