DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
Chissà per quanto tempo le questioni internazionali riusciranno a distrarre il Palazzo dalle questioni nazionali. Le emergenze in Libia e in Iran rischiano di rovinare il palinsesto che la politica italiana ha apparecchiato per gennaio: tra la verifica di un governo perennemente prossimo alla crisi e lo scontro tra grillini perennemente in crisi, tra il caso Gregoretti che divide Conte da Salvini e il caso prescrizione che divide Di Maio da Zingaretti, la sola idea di dover sollevare lo sguardo dall' ombelico per le tensioni in Africa e in Medio Oriente scombina i piani dei partiti che si preparano al derby maggioranza-opposizione.
Ma il desiderio di non farsi distrarre da eventi che in fondo si svolgono fuori dai confini, è pari all' istinto di sopravvivenza che domina un Parlamento votato a evitare un immediato ritorno alle urne. Perché è vero che i 5 Stelle perdono ogni giorno pezzi, tuttavia la caratteristica di questa continua emorragia non ha tolto (finora) sostegno al governo e non ha alimentato (finora) la speranza della Lega di tornare presto al voto.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Sono i sondaggi a spiegare questo fenomeno: i consensi del Movimento che provenivano dal centrodestra sono stati già drenati da Salvini e dalla Meloni, pertanto gli scissionisti non porterebbero consensi ma servirebbero solo a offrire lo scalpo di Conte.
Dunque, per il Carroccio e per Fratelli d' Italia si tratterebbe di garantire un posto ai nuovi arrivati. E di posti ce ne sarebbero, se si andasse alle elezioni prima della riduzione del numero dei seggi: a questo sarebbe funzionale il referendum firmato da sessanta parlamentari.
Il progetto però ha una contro-indicazione, temuta da alcuni maggiorenti leghisti e sussurrata da autorevoli esponenti del governo che frequentano spesso il Colle. Come Mattarella ha detto di recente a molti suoi interlocutori, qualora si aprisse la crisi del Conte 2, il Quirinale si atterrebbe alla Costituzione. E non c' è dubbio che in quel frangente si alzerebbe in Parlamento un coro di protesta contro elezioni anticipate che dovessero svolgersi prima del referendum sul taglio dei seggi: una simile eventualità verrebbe denunciata come «una truffa» ai danni dei cittadini e «farebbe presa» sull' opinione pubblica.
roberto gualtieri giuseppe conte luigi di maio
sergio mattarella giuseppe conte 1
Così prenderebbe corpo l' ipotesi di formare un nuovo governo che avrebbe il compito di gestire la consultazione popolare, prima del ritorno alle urne. Siccome l' esito del referendum viene dato per scontato, la nuova legislatura si aprirebbe dopo il taglio dei seggi: e quei posti promessi oggi, domani non ci sarebbero più. Perciò nell' esecutivo si ritiene che il referendum, immaginato come un' arma contro Conte, «finirà invece per blindarlo». Con il sollievo di quanti, anche tra le file dell' opposizione, fanno il tifo per la stabilità.
Il cadavere di una donna sulla nave Gregoretti
Il problema del governo semmai è un altro: più che il rischio di un collassamento per mancanza di numeri, vale l' incognita della gestione di una maggioranza che si sta progressivamente balcanizzando. «Ci servirebbe un Tito», sospirava ieri un ministro. Invece deve accontentarsi di un Conte che fino a pochi giorni fa immaginava di dover fronteggiare in buona parte solo i dossier della verifica, e l' offensiva di Salvini sulla nave Gregoretti, in vista del voto con cui il Senato dovrà decidere sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro il leader della Lega.
Il premier sapeva che nella sua memoria difensiva l' ex alleato lo avrebbe chiamato in causa, tuttavia ritiene di avere le carte per confutare la tesi del suo ex ministro dell' Interno: «Spiegherò la differenza tra questo caso e il caso precedente della nave Diciotti».
votazione per ddl costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari 1sergio mattarella giuseppe conte 5
Peccato che a guastare la vigilia da derby nazional-popolare in Parlamento, siano intervenute l' escalation della crisi in Libia e le tensioni tra Stati Uniti e Iran. E il capo del governo ne teme gli sviluppi: l' Italia rischia di veder compromessi i suoi interessi economici, rischia cioè di esportare di meno e - parole di Conte - « di importare terrorismo».
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