DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Carlo Antonio Biscotto per "il Fatto Quotidiano"
Tra i malati gravi che all' inizio della crisi economica in Europa furono indicati come possibili naufraghi, la Grecia naviga a vista su una scialuppa di salvataggio che fa acqua da tutte le parti, l' Italia si barcamena - anche se il governo vuol far credere alla ripresa e i sindacati lo contestano - il Portogallo non riesce a tirare la testa fuori dall' acqua.
E la Spagna?
Mentre l' Economist la indica a modello da seguire e ne loda la ripresa " grazie alle riforme", il New York Times con un articolo a firma Suzanne Daley, bolla la ripresa spagnola come una "truffa", uno specchietto per le allodole, l' illusione alimentata dalla diminuzione della bolletta energetica.
L'inchiesta di Suzanne Daley è documentata e ne emerge il ritratto di un Paese in grande difficoltà, in cui governanti parlano di ripresa e di incremento dei posti di lavoro senza tenere conto dei salari bassissimi e del fatto che la maggior parte dei posti di lavoro creati sono part-time e con contratti a tre mesi. E, più che altro, senza considerare il drammatico peggioramento delle condizioni di vita di moltissimi esponenti del ceto medio, un tempo benestante. Angel Puyalon, 50 anni, faceva l' interior design e tra i suoi clienti figuravano moltissime prestigiose aziende.
Da anni non lavora più ; dall' anno scorso non percepisce più il sussidio di disoccupazione, non paga il mutuo della casa che presto verrà pignorata e deve ricorrere alle organizzazioni assistenziali per mangiare : "Dicono che c' è la ripresa - commenta amaro - io non la vedo". Quest' anno il Pil dovrebbe far registrare un incremento vicino al 3% e dall' inizio del 2014 – dati del governo - sono stati creati oltre un milione di posti di lavoro.
Ma per moltissimi spagnoli come Puyalon, queste statistiche nulla significano e molti dubitano persino che siano esatte. Il fatto è che la maggior parte dei nuovi posti di lavoro sono part-time; molti sono lavoretti di qualche giorno retribuiti con pochi spiccioli e che certamente non contribuiscono a migliorare la vita dei milioni di spagnoli che hanno perso il lavoro dal 2007. Le cifre sono ben altre: la Spagna durante la crisi ha perso il 16% dei posti di lavoro -record tra i Paesi dell' eurozona -e il 7% del Pil.
La disperazione che ha colpito i disoccupati è tale che molti accettano lavori pagati meno del minimo salariale e sono disposti a lavorare ben oltre le 40 ore settimanali senza percepire un euro di straordinario.
L' ottimismo del primo ministro Mariano Rajoy prima delle municipali - " ormai in Spagna non si deve più parlare di disoccupazione" -ha il suono beffardo della più sfacciata propaganda politica.
Basterebbe chiederlo a Isabel Carrasco Granado, 38 anni, divorziata con una figlia, che ha accettato un posto da infermiera part-time sulla carta, ma con un impegno di lavoro non retribuito, più che a tempo pieno. " Non ne potevo più di essere disoccupata - commenta - lavoro 50 ore la settimana, compresi i turni di notte, e mi pagano come se ne lavorassi 20 ". Davanti a queste situazioni drammatiche, Rajoy ha moderato il suo insensato ottimismo e ha promesso cambiamenti.
La disoccupazione è attestata intorno al 22%, il che vuol dire che oltre 5 milioni di persone sono senza lavoro, quasi 3 milioni delle quali da oltre un anno.
Molti disoccupati non hanno più alcuna forma di assistenza economica. È la situazione in cui si trovano Redouane El Omari, 35 anni, sua moglie Esther Mendoza, 32, e i loro due figli. Omari faceva il gruista. Poco tempo fa l' azienda che lo ha licenziato gli ha offerto lavoro per una settimana. Alla fine della settimana è andato a riscuotere la busta paga.
" Guardavo la cifra e non riuscivo a crederci. 169 euro per una settimana di lavoro !! Ma chi ci governa ha idea della realtà in cui viviamo? ".
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