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Monica Guerzoni e Alessandro Trocino per il ''Corriere della Sera''
L' ostacolo, la pietra dello scandalo, rimane sempre lui, il ministro Giovanni Tria.
Intorno al ministero dell' Economia e delle Finanze si combatte una battaglia non solo tra Lega e 5 Stelle, ma anche interna al Movimento. Con Luigi Di Maio che prova, con la sponda di Palazzo Chigi, a intestarsi una vittoria sulla vicenda dei truffati delle banche. Il capo politico dei 5 Stelle freme, ha fretta di mostrare al suo elettorato e ai gruppi parlamentari che sa tenere testa al vicepremier leghista. Infastidito dai traccheggiamenti del ministero del Tesoro, che a suo dire fanno il gioco di Matteo Salvini, Di Maio ha affrontato a brutto muso Tria: «Ora basta, così ci fai perdere le Europee».
E ha messo in cantiere, per dopo le elezioni, una sostituzione dell' ingombrante professore. Con una novità: viste le tensioni e le continue richieste leghiste per riequilibrare con un «rimpastone» l' assetto di governo (destinate ad aumentare dopo il voto), Di Maio sarebbe pronto a concedere il Mef alla Lega. Un modo per evitare di concedere altri ministeri a 5 Stelle, come le Infrastrutture o lo stesso Sviluppo economico.
Nel frattempo, girano veleni anche nel Movimento. Nel mirino c' è Alessio Villarosa, il sottosegretario accusato in questi giorni di avere scritto male il testo sui truffati delle banche e di avere seguito una linea a rischio ricorsi dall' Europa. Anche per questo Tria avrebbe preso tempo sui decreti. Ma anche ai piani alti del Movimento c' è tensione, tanto che è stata chiamata Laura Castelli a trovare una mediazione. Tria ha passato la palla e oggi in Consiglio dei ministri arriveranno due testi: uno frutto della mediazione europea, con una corsia preferenziale per i risparmiatori economicamente più fragili, l' altro, voluto da Villarosa, che sottopone al giudizio di una commissione tutta la platea.
Un rischio, temono i 5 Stelle: «Finirà che non riusciremo a dare un euro a nessuno prima delle Europee». Tria se ne lava le mani: «È una decisione politica, tocca a loro. Fanno a gara a intestarsi il decreto? Io su questo faccio un passo indietro». Anche per questo Giuseppe Conte ha preso in mano il dossier.
Tria è in difficoltà anche per il caso della consigliera del Mef Claudia Bugno, dopo che era emerso che il figliastro del ministro è stato assunto in un' azienda il cui amministratore delegato è il suo compagno. Il ministro avrebbe ammesso con qualche amico: «Forse le ho dato troppi poteri, ma serviva una persona che avesse una grande esperienza sulle partecipate.
Purtroppo lei ha un carattere forte, ed è andata allo scontro». I 5 Stelle non hanno vinto, nella battaglia per cacciarla. Perché la Bugno è rimasta al suo posto. Ma hanno ottenuto che ritiri la sua candidatura a far parte del board della controllata StMicroelectronics e non si occupi di alcuni dossier delicati.
La Lega si è mossa sottotraccia. È rimasta in scia del Movimento, cercando di non perdere i consensi che potrebbero derivare dal decreto sulle banche. Ma ciò non toglie che dopo le Europee si farà sentire, come spiega un esponente leghista del governo: «Tria ormai è un corpo estraneo. Poteva fare il notaio, eseguendo le decisioni dei due vicepremier, o il ministro autonomo, spalleggiato dal Quirinale. Ha scelto quest' ultima strada e ormai è considerato incontrollabile, anche dal presidente Conte. Quindi è chiaro che dopo il 26 maggio servirà un rimpasto, a partire da lui». Intanto la Lega lavora per una nuova maggioranza con dentro Fratelli d' Italia, pezzi di Forza Italia e «la parte più responsabile e governativa del Movimento 5 Stelle, vicina a Di Maio».
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