DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
«Mica vorrete consegnare l’Europa a Trump»: sorriso storto di Wolfgang Schaeuble, risate dal pubblico. È lunedì sera: in una saletta gremita dell’operosa e ricca Duesseldorf, il ministro delle Finanze si lascia andare a qualche ragionamento sull’emergenza profughi.
Nei giorni in cui il barometro della Cdu segna tempesta - è piombata ai minimi da anni, al 34% - Schaeuble non riesce a nascondere la sua crescente irritazione. In un clima rilassato, da soirée teatrale, il potente guardiano dei conti, abbandonato ogni riferimento delle scorse settimane al «paese che frena», per la prima volta usa le parole «Italia » e «ricatto».
Il discorso non fa una piega, dal punto di vista tedesco. Bisogna dare i tre miliardi promessi alla Turchia, scandisce, «perché impedisca ai rifugiati di venire in Europa». Ma quei soldi «potrebbero diventare di più». Quindi, «non ci faremo ricattare dall’Italia, che non vuole pagare la sua parte. E la comunità internazionale – conclude – deve dare più soldi per i campi profughi in Libano e Giordania».
Schaeuble, si sa, ha già annunciato che dedicherà ogni centesimo del surplus di bilancio – ad oggi oltre dodici miliardi di euro – per i profughi. È la principale sfida di questa fase politica. E a Duesseldorf il navigato politico conservatore ribadisce persino che il pareggio di bilancio non è un tabu, se si tratta di finanziare spese extra per i rifugiati. Ma per funzionare, la strategia di Berlino sui rifugiati – che mira anche a riconquistare una parte di elettorato in fuga - ha bisogno di una sponda internazionale. E l’Italia si pone da settimane, non senza qualche buona ragione, come un ostacolo.
In più, a Berlino sono i giorni in cui nei corridoi dei ministeri e tra i banchi del Bundestag si torna a sussurrare di una wagneriana “Kanzlerdaemmerung”, di un presunto crepuscolo della cancelliera. Nel suo discorso di lunedì sera, Schaeuble – considerato l’unico legittimo pretendente al trono - l’ha nuovamente difesa.
Ma con i sondaggi a picco e la destra populista dell’Afd a un clamoroso 12%, nei giorni scorsi è anche cominciata la controffensiva della Kanzlerin e del suo governo. Con l’occhio rivolto alle tre elezioni di marzo in Renania-Palatinato, Sassonia-Anhalt e Baden- Wuerttenberg (la regione di Schaeuble, peraltro), Merkel ha avviato una prima, seria stretta sui rifugiati.
Inoltre è ormai un classico di qualsiasi elezione, regionale, federale o europea che sia, che la cancelliera e la Cdu/Csu indossino l’elmetto dell’austerità. Fonti vicine al ministro delle Finanze sdrammatizzano sulle parole forti che rimbalzano dai colleghi tedeschi nel Ppe come Manfred Weber sulla flessibilità e l’Italia: la posizione dura di Berlino sui conti pubblici è un classico, in un clima elettorale.
Dopo, sarà un’altra storia – sempre che il dossier turco non sfoci in una crisi diplomatica seria. Merkel, intanto, ha ingranato il passo del gambero. Sabato si è rivolta direttamente ai profughi: «Quando in Siria tornerà la pace e quando l’Isis sarà sconfitto in Iraq, vogliamo che torniate nelle vostre patrie, consapevoli di ciò che avete ricevuto da noi». Quei giorni sembrano piuttosto lontani, al momento, ma la cancelliera ha ricordato che alla fine della guerra in ex Jugoslavia, il 70 per cento dei profughi è tornato nei Paesi di origine.
Inoltre, il governo sta varando un pacchetto sui rifugiati che inserirà tre nuovi Paesi – l’Algeria, il Marocco e la Tunisia – tra i Paesi considerati “sicuri”. E durante il suo viaggio a Kabul, il ministro dell’Interno Thomas De Maizière ha ripetuto ieri che l’esecutivo vorrebbe inserire nella lista dei Paesi che non danno automaticamente diritto all’asilo anche l’Afghanistan. «Ovvio che la situazione è complicata, ma l’Afghanistan è grande. Ci sono aree sicure e insicure».
L’aspetto più interessante è che la stretta sui profughi sta entusiasmando anche i socialdemocratici. Gli unici a dolersi della «fine della “politica del benvenuto” » che era stato finora il punto di orgoglio di Angela Merkel, sono stati Verdi. La Spd ha fatto sapere attraverso i suoi big che sottoscrive in pieno l’idea di ridurre drasticamente gli arrivi. Il vicecancelliere Gabriel lo ha detto esplicitamente, mentre il ministro degli Esteri Steinmeier ha caldeggiato lunedì l’idea che i migranti del Maghreb possano essere respinti nei loro Paesi anche senza un documento di riconoscimento. L’umore sta cambiando.
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