autostrada gabanelli

FATE CON CALMA - IN ITALIA NON BASTANO 20 ANNI PER COSTRUIRE UN’AUTOSTRADA STRATEGICA NATA PER SOSTENERE IL PIÙ IMPORTANTE DISTRETTO DELLA CERAMICA ITALIANO, QUELLO DI SASSUOLO - GABANELLI: "SONO D'ACCORDO TUTTI, EPPURE IL CANTIERE NON SI APRE. UNA CRONISTORIA SIMBOLO CHE RACCONTA MOLTO DI QUESTO PAESE ORA ATTESO ALLA PROVA DEL NOVE: CIOÈ SPENDERE I 53 MILIARDI AGGANCIATI ALLE INFRASTRUTTURE ENTRO IL 2026…"

Milena Gabanelli e Fabio Savelli per www.corriere.it

 

autostrada gabanelli

Venti anni senza aprire un cantiere. Un’opera strategica nata per sostenere il più importante distretto della ceramica italiano, quello di Sassuolo, e sulla quale, dall’inizio sono d’accordo tutti.

 

Tutti hanno approvato, vidimato, dato il via libera. Parliamo di un raccordo autostradale di 27 km su cui convogliare il traffico pesante fino al casello di Campogalliano, dove la A1 si incrocia con la A22 del Brennero.

 

Una cronistoria «simbolo» che racconta molto di questo Paese ora atteso alla prova del nove: cioè spendere i 53 miliardi agganciati alle infrastrutture entro il 2026. Soldi per la gran parte a debito, ma vincolati all’effettiva messa a terra dei cantieri.

 

Significa che se le opere non si concludono queste risorse vanno restituite a Bruxelles oltre alla quota di debito pubblico in mano agli investitori esteri che lo finanziano per oltre il 30%.

 

progetto

2001: primo ok del Cipe

La storia della Campogalliano-Sassuolo ha inizio nel 1985, quando si decide che bisogna convogliare tutto il traffico pesante in una unica direttrice. Nel 2001 il Cipe la inserisce tra le opere del corridoio dorsale centrale del Paese.

 

Un raccordo da 175 milioni di euro, che è solo l’importo iniziale. L’opera viene inserita nel piano triennale dell’Anas che deve appaltarla nel entro due anni. Nel 2002 ne approva il progetto preliminare trasmettendolo ai vari ministeri. Comunica l’avvio della procedura di impatto ambientale recependo le indicazioni delle Soprintendenze.

 

le tappe

Nel 2004 il primo intoppo: il ministero dell’Ambiente comunica ai Trasporti la temporanea sospensione dell’istruttoria perché ravvede un’incongruenza nell’analisi del traffico stimato a supporto della valutazione del progetto. Passa un altro anno per aggiornare lo studio trasportistico, e nel 2005 il Mit trasmette al Cipe la relazione sul progetto preliminare della bretella autostradale che si collega con l’A22 del Brennero e con la Statale 467 Pedemontana.

 

Il costo lievita a 284 milioni di euro a carico dell’Anas, e si indica un tempo di due anni e mezzo per l’esecuzione dei lavori. Nel progetto definitivo però l’importo diventa di 467,1 milioni di euro per tutte le ulteriori opere di allacciamento da realizzare. 

 

2006-2009: arrivano tutte le autorizzazioni

Arriviamo al 2006, e l’Anas comunica di voler ricorrere all’affidamento in concessione. Il Cipe le propone di verificare anche la possibilità di utilizzare la finanza di progetto con capitali privati o di rientrare del costo dei lavori con il pedaggio.

 

Nel 2007 il Cipe approva il piano di investimenti dell’Anas e la include tra le opere da realizzare mediante finanza di progetto perché esiste una specifica proposta dell’impresa di costruzioni Pizzarotti. Il 23 luglio di quell’anno la Commissione di valutazione di impatto ambientale dà parere favorevole.  A gennaio 2009 si chiude anche la conferenza dei servizi, che mette al tavolo tutti gli enti locali coinvolti. È la fase in cui vengono raccolte tutte le autorizzazioni, ambientali, beni culturali, archeologiche, soggetti responsabili delle interferenze, i comuni. E con l’intesa Stato-regioni l’opera viene dichiarata di pubblica utilità e pertanto possono partire le attività di esproprio. Sembra il via libera finale, ma non lo è.

 

la societa

2010-2014: dal bando di gara alla concessione

Nel 2010 l’Anas pubblica finalmente il bando di gara per l’affidamento in concessione per 50 anni, con una procedura ristretta delle attività di progettazione. Il canone di concessione è stabilito in 881 milioni di euro. L’A22 presenta domanda di partecipazione alla gara costituendo un’associazione temporanea di imprese. Il Cipe da l’ok nel 2011 e fissa il limite di spesa a 598 milioni.

 

il distretto della ceramica

Nel 2012 l’attività di vigilanza sulle opere passa dall’Anas al ministero dei Trasporti. A questo punto la palla torna al Cipe per le valutazioni. Ciò ritarda ulteriormente i tempi, perché occorre un nuovo atto aggiuntivo tra governo e regione Emilia Romagna. L’atto viene sottoscritto nel 2013. La commissione di gara intanto indica l’aggiudicatario provvisorio: l’Autobrennero, l’impresa Pizzaroti e Coop7.

 

Anas però deve ancora fare le sue verifiche, e il nuovo ente di vigilanza aggiudicare definitivamente. La formalizzazione finale è del 2014: il ministero dei Trasporti dispone l’aggiudicazione definitiva della concessione all’A22 raggruppata nell’associazione di imprese.  Si procede alla convenzione di concessione che prevede un orizzonte di 31 anni. Nello stesso periodo bolle in pentola il decreto che consente di defiscalizzare alcuni lavori. Sono 40 milioni, e le imprese fanno richiesta.

 

autorizzazioni

2015-2020: l’avidità, la beffa, e poi il Covid

L’ok del Nars, il nucleo di consulenza sulla regolazione dei servizi di pubblica utilità, arriva nel 2016, ma si deve di nuovo passare dal Cipe che però si oppone «perché il contratto di finanziamento doveva essere stipulato entro 12 mesi dalla firma della convenzione». Cioè nel 2015.

 

Si ricomincia da capo. Il nuovo atto aggiuntivo per ottenere la defiscalizzazione viene sottoscritto nel 2018. Ma bisogna poi attendere la registrazione del decreto da parte della Corte dei Conti. A febbraio 2019 l’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ferma tutto: chiede l’analisi costi-benefici. A settembre il ministero approva il progetto esecutivo per 406 milioni. Finalmente si parte: la società concessionaria avvia gli espropri, e i lavori stanno per cominciare. Arriva il Covid.

 

autostrade

2021: si apre il contenzioso fra pubblico e privati

Nel corso del 2020 la società di gestione della Campogalliano-Sassuolo chiede al  ministero la revisione della concessione e le previsioni di traffico ritenute non più adeguate.  In tutto questo la vicenda si lega alla concessione dell’Autobrennero scaduta nel 2014, appena prorogata per la quarta volta, e che deve costruire anche la parte ferroviaria del tunnel del Brennero. Anche quest’opera è nella lista dei lavori strategici e prioritari.

 

Per andare avanti senza gara un decreto di novembre 2020 impone una statalizzazione forzata: «Dovete mettere fuori i privati e riscattare le azioni». I privati si mettono di traverso e agitano il contenzioso in tribunale perché detengono il 14,3% del capitale sociale, che secondo loro varrebbe circa 70 milioni, mentre la Corte dei Conti ritiene sia meno della metà. In più i privati rivogliono indietro la loro quota del Fondo Ferrovie: 800 milioni di utili non distribuiti e investiti in titoli di Stato. Ora una parte di questi soldi deve andare a finanziare proprio il tunnel del Brennero. Ma se i soci privati vengono esclusi, bisognerà decidere con quanto liquidarli. Sta di fatto che il decreto di nazionalizzazione potrebbe essere impugnato nei tribunali amministrativi perché contro le norme europee.

 

enrico giovannini

Ottomila camion al giorno sulla statale

Intanto, mentre il Ministero dei Trasporti è diventato quello delle mobilità sostenibili, una lunga fila di tir in entrata e uscita dalle fabbriche delle piastrelle, intasano ogni santo giorno la vecchia e la nuova statale per 27 km, con il conseguente impatto ambientale che tale traffico produce.

 

Per aprire i cantieri manca solo la firma del ministro Giovannini. Pensa che oggi abbia più senso potenziare gli scali ferroviari? Vanno trovate le risorse, e ripartire con il giro di walzer. Significa averli operativi fra una decina d’anni se va bene, mentre la direttrice unica è già finanziata e approvata in tutte le sedi.

 

In mezzo c’è il destino del distretto della ceramica, che conta su un fatturato di oltre 5 miliardi, più dell’80% realizzato sui mercati internazionali, ed offre lavoro a circa 30.000 persone incluso l’indotto. Mancando di una infrastruttura di collegamento importante, rischia di perdere attrattiva.