DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Paolo Mastrolilli per La Stampa.it
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato il limite complessivo ai finanziamenti elettorali che i singoli individui possono dare ai candidati, con una sentenza storica che sta già facendo discutere.
Giudicando il caso McCutheon vs Federal Election Commission, il massimo tribunale americano ha stabilito che la libertà di espressione viene prima del rischio di corruzione. Quindi i cinque giudici conservatori, cioè il presidente Roberts, Scalia, Thomas, Alito e Kennedy, si sono coalizzati contro i quattro liberal, Breyer, Ginsburg, Sotomayor e Kagan, per cancellare il tetto complessivo di spesa individuale, che finora era fissato a 48.600 dollari ogni due anni in favore dei candidati, e 74.600 in favore de partiti.
Le campagne elettorali americane vengono finanziate con i contributi pubblici o privati. Se un politico prende quelli pubblici, però, deve accettare un tetto massimo di spesa. Ormai, quindi, quasi tutti i candidati fanno ricorso alle sole donazioni private, perché questo consente loro di investire tutti i capitali che vogliono.
I finanziamenti elettorali finora erano stati limitati da una sentenza del 1976, la Buckley v Valeo, secondo cui è vero che dare soldi ai candidati è una forma di libertà di espressione protetta dal Primo emendamento della Costituzione, ma è anche vero che questa pratica espone al rischio della corruzione, e offre ai più ricchi un vantaggio rispetto ai poveri nella possibilità di influenzare programmi e risultati. Quindi la Corte aveva imposto un limite massimo ai contributi che individui e compagnie potevano dare, ai singoli candidati o ai partiti.
Nel 2010 una nuova sentenza, la Citizens United, aveva cambiato la situazione, eliminando ogni limite alle donazioni che aziende e sindacati potevano fare alle campagne indipendenti. Questo significava che si poteva dare qualunque cifra, a patto di non consegnarla direttamente al candidato o al suo partito, ma ad organizzazioni parallele che poi usavano i soldi per finanziare iniziative favorevoli a candidati e partiti. Così erano nati i Super Pac, ossia dei comitati politici teoricamente indipendenti, che in realtà facevano campagna per i loro politici di riferimento.
La sentenza di ieri ha liberalizzato ancora di più la situazione, togliendo anche i limiti alle donazioni degli individui. Resta il divieto di dare più di 2.600 dollari per singolo candidato, ma questo problema si può aggirare usando dei prestanome, mentre si potranno fornire cifre illimitate ai partiti e all'insieme complessivo dei candidati. In sostanza se domani un Mark Zuckerberg o un Bill Gates si svegliassero, e decidessero di dare un miliardo di dollari ad un partito, potrebbero farlo.
I repubblicani sono favorevoli a questa decisione, perché difendono la libertà di espressione, ma soprattutto perché il loro elettorato è più ricco e così potrà dare più soldi. I democratici si oppongono, perché pensano che questo sistema alimenti la corruzione e i conflitti di interesse, ma soprattutto perché hanno una base meno abbiente che non potrà sfruttare a pieno le occasioni offerte dalla nuova sentenza.
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