ITALIA CRAC - DISOCCUPAZIONE AI MASSIMI DAL 1977 - LE FAMIGLIE ITALIANE DAL 2001 AL 2012, GRAZIE ALL'EURO, HANNO VISTO LA PROPRIA CAPACITÀ DI SPESA CROLLARE DEL 16,8%, ANCHE PEGGIO DELLA GRECIA

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1. ITALIA CRAC
Ansa.it - Le famiglie italiane dal 2001 al 2012, cioè dall'introduzione dell'euro, hanno visto la propria capacità di spesa (Pps) crollare del 16,8%. E' il calo maggiore dell'Unione Europea, anche più della Grecia (-13,8%) appena uscita da un default. Lo rende noto l'Adusbef analizzando dati di Bankitalia. Da qualche anno, spiega il presidente Elio Lannutti, la ''capacità di spesa'' misura, meglio del Pil pro capite, il ''benessere'' delle famiglie. Nel caso dell'Italia si può parlare di ''malessere''.

2. DISOCCUPAZIONE AI MASSIMI DAL 1977 - NUOVO RECORD A SETTEMBRE: 12,5% E TRA I GIOVANI AL 40,4% - SENZA LAVORO A QUOTA 3,2 MILIONI
Ansa.it

A settembre il tasso di disoccupazione in Italia è salito al 12,5%, con un incremento dello 0,1% rispetto ad agosto e di 1,6 punti nei dodici mesi. È, purtroppo, un nuovo record negativo dall'inizio delle serie trimestrali elaborate dall'Istat, ovvero dal 1977. Il tasso di occupazione flette di 1,2 punti percentuali rispetto a un anno prima e dello 0,2% congiunturali attestandosi a un esiguo 55,4%. Ma soprattutto il numero dei disoccupati è salito a 3 milioni e 194mila unità con un incremento mensile dello 0,9% (sono 29mila unità in più) e un aumento annuo di ben 391mila persone
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Va detto che in tutta l'Eurozona in settembre i senza lavoro sono rimasti sul picco raggiunto in agosto, pari al 12,2% (in Spagna, ad esempio, il tasso di disoccupazione è tuttora pari al 26,6%, secondo i dati comunicati ieri da Eurostat). Ma il campo nel quale l'Italia continua a registrare una vera emergenza è quello della partecipazione dei giovani al mercato del lavoro.

Nel nostro Paese infatti il tasso di disoccupazione dei giovani in età compresa fra i 15 e i 24, cioè la quota di chi è senza lavoro sul totale degli attivi, è attestata al 40,4% (la media di Eurolandia è del 24,1%) e si tratta di circa 4,4 punti percentuali in più rispetto a un anno prima. È l'esercito di 654mila giovani senza lavoro che cresce, 34mila in più in un anno, mentre si riduce la schiera di chi è realmente occupato.

Solo il 16,1% degli under 24, infatti, ha un posto: 964mila giovani in totale, 138mila in meno in un anno, e 23mila in un mese. A conti fatti meno di 2 giovani su 10 sono occupati. E l'effetto scoraggiamento si fa sentire: il numero di giovani inattivi, (un insieme che comprende, oltre agli gli studenti, anche i "neet") è di 4 milioni 371mila, 54mila in più in un anno e 64mila in un mese, dice ancora l'Istat.

Le cifre italiane allarmano il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che torna a insistere sull'uso di politiche inclusive: «I dati dimostrano che la crisi continua a mordere sul mercato del lavoro», dice ed è «particolarmente negativo il fatto che il livello occupazionale, dopo 3-4 mesi di stabilità, è nuovamente diminuito e che questo accada a settembre, mese in cui ci sono segnali di ripresa in alcuni settori». In questa ottica, conclude, «la discussione sulla legge di stabilità è molto importante, proprio per accelerare il contenuto di occupazione perché l'incertezza creata dal mercato del lavoro è un fattore di ostacolo alla ripresa».

Anche i sindacati suonano l'allarme, anche nei confronti di una legge di stabilità che a loro avviso non supporta il lavoro e l'occupazione. «Il nuovo e gravissimo record sul tasso di disoccupazione dimostra che la recessione non è finita e senza una terapia d'urto non si ferma l'emorragia di posti di lavoro», denuncia la Cgil che chiede un urgente «cambio di rotta». Preoccupata anche la Cisl: «Siamo ancora in piena recessione - sottolinea il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni -.

Ecco perché è stato un grave errore per il Governo Letta non aver perseguito la strada di un accordo forte con il sindacato e le imprese per imprimere, a partire dalla legge di stabilità, una vera svolta nell'economia italiana». «Perdere i giovani significa perdere la speranza - commenta Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative -, occorre concentrare le poche risorse disponibili in misure efficaci che aiutino a rilanciare occupazione e competitività».

 

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