KRUGMAN: VINCE NETANYAHU, PERDE ISRAELE - "PERCHÉ È ANDATO AL CONGRESSO A PARLARE DI IRAN? PER DISTRARRE GLI ISRAELIANI DAI LORO PROBLEMI ECONOMICI. UN PAESE CHE CRESCE, MA DOVE I POVERI SONO RADDOPPIATI"

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Paul Krugman per “The New York Times” pubblicato da “la Repubblica

(Traduzione di Luis E. Moriones)

 

NETANYAHU ALL ASSOCIAZIONE DEGLI EBREI AMERICANINETANYAHU ALL ASSOCIAZIONE DEGLI EBREI AMERICANI

Perché il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha sentito il bisogno di sollevare un polverone a Washington? Perché questo è stato quello che ha fatto con il suo discorso al Congresso contro l’Iran. Se stai cercando di influenzare la politica estera americana, non insulti il presidente, allineandoti con la sua opposizione politica. No, il vero scopo di quel discorso era distrarre l’elettorato israeliano con una retorica bellicosa per spostare l’attenzione dall’insoddisfazione per l’andamento dell’economia.

 

Un momento, però: perché gli israeliani sono scontenti? Dopo tutto, l’economia israeliana ha avuto dei buoni risultati, entro i limiti abituali. Ha sopportato la crisi finanziaria con il minimo danno. Nel lungo periodo, è cresciuta più rapidamente della maggior parte delle altre economie avanzate e ha sviluppato una politica energetica ad alta tecnologia. Di che cosa ci si lamenta?

 

La risposta, che non credo qui sia molto apprezzata, è che l’economia israeliana è cresciuta, ma questa crescita è stata accompagnata da un’inquietante trasformazione nella distribuzione del reddito nel Paese e nella società. Una volta Israele era un paese dagli ideali egualitari: il popolo dei kibbutz è sempre stato una piccola minoranza, ma aveva un grande impatto sulla percezione di sé della nazione. Ed in realtà era anche una società abbastanza egualitaria fino ai primi anni Novanta.

OBAMA NETANYAHUOBAMA NETANYAHU

 

Da allora, tuttavia, Israele ha sperimentato un drammatico aumento delle disparità di reddito. I termini fondamentali della disuguaglianza sono saliti alle stelle; Israele è ora, come l’America, una delle società meno egualitarie del mondo avanzato. E l’esperienza di Israele dimostra che questo ha un peso, che l’estrema disuguaglianza ha un effetto corrosivo sulla vita sociale e politica.

 

Si consideri quanto è successo alle due estremità dello spettro economico: da una parte, la crescita della povertà, dall’altra, una ricchezza estrema.

 

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Secondo i dati del Luxembourg Income Study, la quota di popolazione israeliana che vive con meno della metà del reddito medio del paese (una definizione ampiamente accettata di povertà relativa) è più che raddoppiata, salendo dal 10,2 per cento al 20,5 per cento tra il 1992 e il 2010. La quota dei bambini in condizioni di povertà si è quasi quadruplicata, passando dal 7,8 per cento al 27,4 per cento. Entrambi questi dati sono i peggiori nel mondo avanzato, e con ampio margine.

 

sheldon adelson e bibi netanyahu sheldon adelson e bibi netanyahu

E quando si tratta di bambini, in particolare, la povertà relativa è il parametro da considerare. Le famiglie che vivono con redditi molto più bassi rispetto a quelli dei loro concittadini, saranno emarginate in maniera importante dalla società che le circonda, incapaci di partecipare pienamente alla vita della nazione. I bambini che crescono in queste famiglie subiscono di sicuro una condizione di svantaggio permanente.

L OMBRA DEL DITO FA IL BAFFO ALLA HITLER L OMBRA DEL DITO FA IL BAFFO ALLA HITLER

 

All’altro estremo, anche se i dati disponibili non mostrano una quota particolarmente grande del reddito nelle mani dell’1 per cento all’apice — cosa sconcertante — vi è un’estrema concentrazione di ricchezza e di potere in un minuscolo gruppo di persone al vertice. E sottolineo minuscolo. Secondo la Bank of Israel, sono una ventina le famiglie che controllano le aziende che rappresentano la metà del valore totale del mercato azionario di Israele.

netanyahu e ahmadinejadnetanyahu e ahmadinejad

 

La natura di tale controllo è contorta e oscura, opera attraverso “piramidi” in cui una famiglia controlla una società che a sua volta controlla altre imprese e così via. Anche se la Bank of Israel si esprime con grande cautela, è chiaro che è preoccupata dal potenziale di selfdealing che si crea con una tale concentrazione del controllo. Tuttavia, perché la disuguaglianza israeliana è una questione politica? Perché non doveva giungere a questi estremi.

 

Si potrebbe pensare che la disuguaglianza in Israele sia il risultato naturale di un’economia ad alta tecnologia che genera una forte domanda di manodopera qualificata — o, forse, riflette l’importanza delle popolazioni minoritarie con redditi bassi, cioè arabi ed ebrei ultraortodossi. Si scopre, però, che questi alti tassi di povertà riflettono in gran parte scelte politiche: Israele fa di meno per sollevare le persone dalla povertà rispetto a qualsiasi altro paese avanzato — sì, anche meno degli Stati Uniti.

 

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Nel frattempo, gli oligarchi di Israele devono la loro posizione non all’innovazione e allo spirito imprenditoriale, ma al successo delle loro famiglie nell’acquisire il controllo delle imprese che il governo privatizzò negli anni Ottanta — e probabilmente sono in parte riusciti a mantenere questa posizione esercitando un’indebita influenza sulla politica del governo, assieme al controllo sulle banche più importanti.

 

In breve, l’economia politica della Terra promessa è oggi caratterizzata da un grande disagio in basso e da una forse non piccola corruzione in alto. E molti israeliani vedono in Netanyahu una parte del problema. Sostiene una politica di libero mercato; ha una tendenza a vivere alla grande a spese dei contribuenti, anche se tenta maldestramente di sostenere il contrario. Dunque, Netanyahu ha cercato di cambiare argomento, spostandolo dalla disuguaglianza interna alle minacce esterne, una tattica molto familiare a chiunque ricordi gli anni dei Bush.

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