COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Anna Lombardi per “la Repubblica”
«Il viaggio asiatico di Nancy Pelosi è inopportuno. I militari, l'intelligence, la Casa Bianca si sono pronunciati contro. A essere particolarmente problematico è il momento scelto: a ottobre ci sarà il Congresso del Partito comunista cinese e Xi Jinping, in cerca di un terzo mandato, ha molti guai interni, economici e sanitari. Non vuol essere messo in imbarazzo proprio ora. Biden lo sa e di sicuro non aspira ad avviare un'escalation non necessaria, nella critica situazione mondiale attuale». Ian Bremmer, 52 anni, è analista politico esperto di rischi globali, fondatore di Eurasia Group, uno dei think-tank più stimati di Washington.
Perché Pelosi non rinuncia?
«Sono francamente sorpreso io stesso. Se davvero farà tappa a Taiwan, ipotesi altamente probabile ma non certa giacché lei non lo ha mai confermato, andrà contro gli interessi del presidente di cui è una stretta alleata. Non ci sono dubbi, una sua presenza sull'isola peggiorerà le relazioni Stati Uniti-Cina.
Lei forse non lo comprende fino in fondo. A 82 anni è certo il frutto di in una diversa era politica. Oggi è alla fine della sua carriera visto che dopo MidTerm passerà lo scettro ad un altro ed è forse troppo focalizzata sulla sua legacy di grande paladina dei diritti umani che ha preso spesso posizioni forti contro la Cina. Ma i tempi sono cambiati».
Cosa intende?
«Uno dei momenti topici della sua carriera politica fu quando, durante la visita a Taiwan del 1991, srotolò uno striscione su Tienanmen. Era però un'epoca diversa. Pechino non aveva l'influenza globale di ora, l'America era molto più potente della Cina. Ecco, temo che le visione di Pelosi non si è evoluta alla stessa velocità della geopolitica. Poi magari a Taipei non ci andrà: deludendo i giornali che fra indiscrezioni e supposizioni tanto hanno contribuito a montare questa storia. Se però ignorerà gli avvertimenti vorrà dire che vive in un tempo storico diverso dall'attuale».
Henry Kissinger e Vladimir Putin
Pure un grande vecchio come Henry Kissinger ha ribadito: "Non è il momento di porre Taiwan al centro delle relazioni Usa-Cina".
«L'ho visto la settimana scorsa. Ha 99 anni e non ha perso un grammo di lucidità. Ma lui ha passato l'intera carriera a riflettere sulle relazioni fra Stati, soprattutto su quella fra Stati Uniti e Cina, il suo capolavoro. Ne ha seguito ogni evoluzione. Pelosi, evidentemente, no».
Il rischio di escalation è concreto?
«Sì. Anche perché, com'è prassi per le delegazioni congressuali, Pelosi viaggerà su un aereo militare e, vista la situazione delicata, probabilmente avrà anche una scorta aeronautica. I cinesi lo hanno detto chiaro: reagiranno. Forse militarmente, ad esempio con un test missilistico che metta in difficoltà gli aerei americani.
TAIWAN - PARATA DI NAVI DA GUERRA AMERICANE
O costringendo il volo di Pelosi a far scalo altrove: atto molto pesante a cui saremmo costretti a rispondere. Poi ci sono possibili conseguenze economiche e politiche, soprattutto per l'isola: sanzioni. Restringimenti dell'indipendenza. Perfino la decisione cinese, al congresso di ottobre di cambiare la sua politica esplicita verso Taiwan».
Biden non può proibire a Pelosi di andare?
«No, il Congresso è indipendente. Né Biden può esporsi più di quanto ha già fatto dicendo che non è il momento opportuno. In vista di MidTerm essere più esplicito sarebbe un regalo ai suoi avversari, tanto più che pure gli elettori dem apprezzano una certa politica muscolare nei confronti di Pechino».
È per questo che l'anno scorso ha detto più volte che gli Stati Uniti sono pronti a difendere Taiwan?
«Quella frase è stata descritta come un cambio nella politica estera americana che Biden ha regolarmente smentito. Ovvio che per lui, in via ideale, gli Stati Uniti sono pronti a difendere l'indipendenza dell'isola. Ma allo stesso tempo non ha nessuna intenzione di cambiare la politica di "ambiguità strategica" che l'America persegue da 40 anni.
Come con l'Ucraina, ne sostiene la difesa ma non significa che vuol mandare truppe americane sul campo».
Se la visita a Taipei non si dovesse fare, i cinesi penserebbero che è un segno di debolezza?
«No. Biden ha detto chiaro che non vuole. D'altronde quando abbiamo chiesto a Pechino di non dare supporto militare alla Russia quelli hanno ascoltato, anche se era una richiesta che non gli piaceva ricevere. In questa fase dovremmo rendergli il favore. Non provocare la Cina proprio ora sarebbe la cosa più intelligente da fare».
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