
DAGOREPORT – QUESTA VOLTA PAPA FRANCESCO HA RISCHIATO DAVVERO DI MORIRE, ED È STATO RIPRESO PER LO…
Antonio Salvati per "la Stampa"
«Ormai sono in pensione da tre anni, eppure il sistema ha funzionato lo stesso». In queste poche parole si condensa il testamento camorristico di Michele Zagaria, l'ultimo dei capi della vecchia generazione del clan dei Casalesi. Frasi criptiche «consegnate» ad uno degli uomini della squadra speciale che pochi istanti prima gli aveva messo le manette.
Contenuti che gettano benzina sui sospetti, e i timori, degli investigatori. Perché se è vero che l'arresto di Zagaria infligge un colpo durissimo al clan dei Casalesi, molto più simile ad una cosca mafiosa che ad una banda camorristica, è anche vero che per estirpare la mala pianta dalle terre di Gomorra solo un'operazione di polizia non basta.
«Fino a quando in queste zone il welfare sarà gestito dalla camorra, la sfida sarà sempre difficile», ha spiegato Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia. Ieri mattina, al termine della messa, don Luigi Menditto, parroco della chiesa di Santa Croce a Casapesenna, si è rivolto ai fedeli: «Ieri e oggi siano diventati famosi, eppure siamo stati dimenticati per anni, per anni siamo stati nella sofferenza»; lo stesso che a poche ore dall' arresto, aveva detto: «Qui siamo nati senza legge. Qui lo Stato ha sbagliato».
Qui è Casapesenna, ma è anche Casal di Principe e San Cipriano. In quei vicoli si sono troppo spesso nascosti i capi della camorra e mercoledì, quando il carosello della polizia sfrecciava con il boss a bordo, tra chi applaudiva c'era anche chi ha urlato «Jatevenne».
Qui il boss soprannominato «il monaco» godeva di coperture totali, porte sempre pronte ad aprirsi per ospitarlo, nasconderlo, proteggerlo. Qui c'è anche «il genio», l'ingegnere che aveva progettato e fatto realizzare il bunker dove Zagaria si rifugiava. Non un covo costruito sotto a una villa, ma il contrario. Quel villino in via Mascagni è stato realizzato attorno al bunker, come una cornice ideale. I lavori iniziati nel 2009 e l'acquisto sospetto di un motore particolare per far scorrere pareti su binari hanno allertato i sensi degli uomini sulle sue tracce. Ieri la Scientifica ha passato nuovamente al setaccio quei 20 metri quadrati a 4 metri sottoterra.
Gli inquirenti hanno portato via un computer e un Ipad, materiale informatico considerato molto interessante dagli investigatori della Dda. Inoltre è stato sequestrato anche un cellulare nella cui memoria c'è un elenco di nomi: forse le persone e le imprese taglieggiate dai Casalesi. Nel covo anche capi firmati, un Rolex, immagini sacre accanto a una foto di Che Guevara. Poi i libri, quelli sulla camorra e la biografia di Steve Jobs.
Mercoledì sera Michele Zagaria è arrivato nel penitenziario di Novara, dove ad aspettarlo c'è una cella con luce sempre accesa e sorveglianza continua. Per smaltire le pratiche burocratiche è servito più tempo del previsto: sono stati necessari due poliziotti per portare a braccio le ordinanze destinate negli ultimi 16 anni al padrino.
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