UNA SOAP“AGRO-TRUCE” - L’ATTACCO DI LUCA JOSI CONTRO MINOLI E SACCA’ SCOPERCHIA IL DISASTRO DELLA FICTION RAI-SICULA - MITI, IL RESPONSABILE DELLA PRODUZIONE FEDELE A MINOLI, AMMETTE DI AVER PIAZZATO A LAVORARE I DUE FIGLI E DI AVER RICEVUTO PRESSIONI “DI DUBBIA PROVENIENZA” (OVVERO MAFIOSE): “SI SA CHE QUANDO LAVORI IN SICILIA, DEVI SOTTOSTARE A CERTE REGOLE” - L’IDV IN COMMISSIONE DI VIGILANZA: CHIAREZZA SU UNA SOAP CHIUSA DOPO UNA SOLA STAGIONE MA COSTATA DECINE DI MLN € ALLA RAI E ALLA REGIONE…

David Perluigi per "il Fatto Quotidiano"

Bassezze, tali sono le vicende che tira fuori la Einstein". Ruggero Miti è l'ex dirigente Rai responsabile della produzione della soap Agrodolce, fidatissimo dell'ex direttore di Rai3 Giovanni Minoli e risponde seccato a quanto denunciato dalla Einstein sui casi "di nepotismo" e "personaggi di dubbia provenienza" che si sono incrociati con la fiction.

Miti è l'uomo che un bel giorno, durante la lavorazione della serie, informa Luca Josi, patron della Einstein, che si sarebbe fatto vivo con lui "un certo Castagna, (procacciatore di comparse per le produzioni cinetelevisive, ndr), personaggio locale di qui, di dubbia provenienza, si accontenta di molto poco... pare che sia tranquillizzante la cosa. Non lo è per le sue tradizioni e per le sue origini. Io gli ho detto di parlare con la produzione Einstein".

Contattato dal Fatto Quotidiano, Miti non nega l'episodio, anzi: "Si sa che quando le produzioni vanno in Sicilia, devi sottostare alle regole legate alle tradizioni dell'isola: non puoi sceglierti liberamente le comparse che vuoi tu, c'è qualcuno che te le porta, così quando questo Castagna si è fatto vivo, io ho gli detto che avremmo preso delle persone dagli uffici di collocamento , poi ho chiamato Josi, e lui mi fatto una scenata incredibile, dicendo che lui ‘rapporti con mafiosi non li voleva avere, mai e poi mai'. Allora gli ho spiegato che avevo risposto che le comparse le avremmo prese dai centri per l'impiego".

Poi parliamo dei suoi figli, una assunta come attrice, l'altro come regista. E anche qui Miti non fa una piega: "Ma questa cosa... so che loro dell'Einstein l'hanno segnalata anche alla Rai, ma cosa c'entra? Mia figlia è stata attrice in Incantesimo, mio figlio ha un master prestigioso in Regia. Cosa dovrebbero fare? Non dovrebbero lavorare?".

I figli di Miti risultavano anche come "nomi d'obbligo" per i contratti delle successive serie che poi non sono mai andate in onda. "Mia figlia aveva un ruolo di rilievo nella prima, cosa dovevo scrivere allo sceneggiatore di farla morire? Mio figlio c'era, ma poi è andato in un altro posto e non ha fatto le altre serie. Ma a detta di tutti in Rai, i miei figli erano bravissimi".

Un'altra protagonista della vicenda è la nobildonna siciliana, Renèe Cammarata, tacciata dalla Einstein di essere una protégé dell'ex direttore Minoli. Lei replica: "Sarò stata segnalata da Minoli per via dei tanti lavori sull'arte che ho fatto in Sicilia, in uno dei suoi programmi. Ma non sono una che è stata imposta, anzi devo dirle che come altri, anche io sono amareggiatissima per come si sono concluse le cose e - continua - devo avere anche io dei soldi dalla Einstein per la seconda e terza serie, produzioni mai finite".

Sul fatto che lei avesse il potere di scegliere le location e che tra queste ne figurassero alcune in odor di mafia, spiega: "Avevo un ruolo da organizzatrice, ma in nessun modo avevo potere di trattativa con i proprietari delle strutture. Né potevo sapere a chi appartenessero".

Intanto l'Italia dei valori, tramite il capogruppo in Commissione Vigilanza Rai, senatore Pancho Pardi, chiede che "i vertici Rai facciano chiarezza sulla fiction siciliana Agrodolce, sui costi sostenuti, sui finanziamenti avuti dalla Regione Sicilia, sui rapporti con la società di produzione Einstein e sulla oscura rete di interessi e di pressioni che si è costituita attorno a una soap opera chiusa tra troppe ombre dopo una sola stagione".

 

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