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Carmelo Lopapa per "la Repubblica"
In privato Silvio Berlusconi la definisce la «vendetta». Quella che i suoi avversari - e tra loro ormai mette in testa Monti - starebbero mettendo a punto ai suoi danni. «Se vincono, c´è Mediaset nel mirino: quelli sono capaci di tutto, mi vogliono rovinare», va ripetendo tra una registrazione e l´altra in tv. E l´uscita mattutina del premier sulla incandidabilità del Cavaliere per via del conflitto di interessi, raccontano, non ha fatto altro che alzare la soglia dell´allarme.
Le sirene, al quartier generale berlusconiano, sono già risuonate l´8 febbraio, quando Pier Luigi Bersani annuncia, in una lettera all´associazione Articolo 21, che «un provvedimento sul conflitto di interessi sarà tra le prime leggi da approvare». Ma soprattutto, a far tremare le mura di Palazzo Grazioli è l´indiscrezione secondo la quale in Largo del Nazareno un gruppo di studio ristretto è già al lavoro sulla nuova disciplina destinata a spazzare via, nel giro di poche settimane, la legge Gasparri. Anche perché, per dirla col segretario Pd, «questa volta è in gioco la nostra credibilità ».
Il testo allo studio, a sentire chi ci sta lavorando, punterebbe su due nodi ritenuti centrali per aggredire al cuore il conflitto di interessi e la stessa anomalia berlusconiana nel sistema mediatico italiano. Il primo: la normativa antitrust sulla titolarità di emittenti e stampa. Quella, per intendersi, che proprio grazie alla Gasparri ha consentito a Mediaset di fagocitare fette esorbitanti del mercato pubblicitario. Il secondo nodo: la incandidabilità futura di chi, anche indirettamente, è riconducibile alla titolarità di una o più imprese radiotelevisive.
Nessuna vendetta, «solo regole più chiare e trasparenti, da democrazia occidentale» assicurano dalla segreteria democrat. Ma aggiungono pure che, se Berlusconi pensa di cavarsela con l´escamotage con cui ha tagliato corto sulla questione ieri sera nel salotto di Vespa, «stavolta si sbaglia».
Il Cavaliere in effetti, in prima battuta, a Porta a Porta ha glissato sull´argomento. «Non vedo perché ossequiare una legge che non esiste: non avrei nessuna difficoltà a mettere un blind trust, non avrei nessuna difficoltà se ci fosse una legge che lo prevedesse», ha ripetuto quando gli hanno chiesto che farà se sarà modificata davvero, e subito, la disciplina sul conflitto di interessi. Poi ha perso le staffe: «Raccontano menzogne e mi minacciano: da parte di Bersani è arrivata una minaccia mafiosa rivolta a me perché ha detto che se andranno al potere Mediaset ne passerà delle belle».
Alza già le barricate in difesa dell´impero. «La televisione di cui io sono azionista non ha fatto mai una trasmissione di contrasto alla sinistra. Anzi mi criticano perché l´unica trasmissione "Quinta colonna" dà ragione alla sinistra, prima almeno c´era Fede, adesso non c´è più nemmeno lui. Mediaset è una tv commerciale che non appoggia nessuno».
Ma, finita la campagna elettorale, Berlusconi sa bene che lo attende la vera battaglia campale, quella in Parlamento per fronteggiare con tutti i mezzi la riforma del sistema televisivo. D´altronde, presentarsi in trincea con quanti più parlamentari possibile è il motivo fondamentale per il quale ha deciso di «tornare in campo», due mesi fa. Solo che i «nemici» alla Camera e al Senato saranno due: non più solo il centrosinistra di Bersani e Vendola, ma anche un motivatissimo Mario Monti e il suo centro.
Tanto che proprio contro il Professore ieri per tutto il giorno si è scatenata la batteria dei falchi Pdl. Se continuerà a insistere sulla Gasparri, è l´avvertimento, partirà il fuoco di fila sulla sua carica di senatore a vita. «Le sue ultime dichiarazioni sul conflitto di interessi - sostiene per esempio un intimo del Cavaliere come Sandro Bondi - ripropongono la questione enorme dell´incompatibilità fra il suo status di senatore a vita e quello di leader politico, immemore di essere stato nominato in seguito alla firma dell´allora premier Berlusconi».
Ma in queste ore finali della campagna, a preoccupare gli strateghi pidiellini è anche il pessimo ritorno avuto dallo scivolone del leader in Veneto con la dipendente della Green Power, Angela Bruno. Berlusconi si è scusato, in parte. Ma c´è il rischio di una fuga fatale del voto femminile. à la ragione per cui le big del partito, Santanché, Gelmini, Ravetto, presenteranno oggi a Milano un manifesto dal titolo "Sono una donna, non sono una bambola". In risposta alle accuse di Bersani, ufficialmente, in realtà per illustrare le ragioni per cui una donna dovrebbe ancora votare il loro capo.
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