DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. «LE TRE FALSIFICAZIONI DEL VERTICE DI BANCA ETRURIA»: COSÌ LA DELIBERA DI CONSOB HA FATTO SCATTARE L’INCHIESTA
Fiorenza Sarzanini per il ‘Corriere della Sera’
«Banca Etruria ha omesso di comunicare informazioni certamente necessarie per consentire agli investitori di pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’emittente, nonché sui suoi risultati economici e sulle sue prospettive». È questo il passaggio chiave della delibera 20068 della Consob del 12 luglio 2017 che sanziona il Cda dell’Istituto di credito aretino in carica nel 2013. L’accusa mossa dall’organo di vigilanza del mercato riguarda la compilazione dei prospetti relativi all’emissione obbligazionarie per oltre 677 milioni di euro effettuate quattro anni fa per cercare di risanare i bilanci della banca.
Ed è proprio questo documento - trasmesso al procuratore di Arezzo Roberto Rossi - ad aver determinato l’apertura di un nuovo filone d’indagine sui componenti del Cda, compreso Pierluigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena. «Falso in prospetto» è l’accusa ipotizzata dal magistrato, finito a sua volta nel mirino perché durante la sua audizione di giovedì scorso avrebbe omesso di informare la commissione parlamentare, dilungandosi invece sull’altra accusa di bancarotta e sottolineando come «nei confronti del dottor Boschi non sono emersi elementi a carico».
IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS
La lettera del pm
Nella lettera trasmessa ieri mattina al presidente Pier Ferdinando Casini, il procuratore Rossi sostiene di aver fornito le informazioni richieste dai parlamentari e di aver «annuito, quando mi è stato chiesto se i membri del Cda potessero essere indagati». La decisione di scrivere - allegando anche l’audio - arriva al termine di una mattinata evidentemente complicata per il magistrato, dopo la lettura dei giornali che davano conto della richiesta di trasmettere il testo del suo verbale al Csm per reticenza. Non a caso Rossi nella missiva inserisce uno stralcio della sua audizione, evidenziando anche il “minutaggio” in cui avrebbe - secondo la sua versione - soddisfatto le richieste dei commissari.
claudio salini ex consob e banca etruria
La smentita
In realtà il dettaglio degli orari non basta a fugare i dubbi perché non svela che cosa sia accaduto durante la parte di audizione secretata. Ma soprattutto perché sia Carlo Sibilia dei 5 Stelle, sia Andrea Augello di Idea - entrambi presenti durante l’intera seduta - lo smentiscono. «Quando ho chiesto chiarimenti, Rossi ha detto che un solo dirigente ha redatto quel prospetto e che non si può parlare di Cda coinvolto», spiega Sibilia. «Le domande sono state poste ma Rossi non ha fornito alcuna notizia utile a comprendere che Pierluigi Boschi era indagato, anzi è stato a dir poco reticente sulle accuse e molto prolisso quando si è trattato di scagionarlo, scagliandosi invece contro Bankitalia», sottolinea Augello.
L’accusa della Consob
Le sanzioni di Consob superano i due 2 milioni e 700mila euro, 120mila euro è la cifra richiesta a Boschi. Tra le accuse mosse ai componenti del Cda in carica nel 2013 c’è quella di non aver «adeguatamente riflesso nella documentazione sui prestiti obbligazionari le iniziative di vigilanza poste in essere da Banca d’Italia con le proprie note del 24 luglio 2012 e del 3 dicembre 2013, nonchè i contenuti del rapporto ispettivo del 5 dicembre 2013 nei profili rilevanti ai fini dell’offerta al pubblico».
Sono tre i punti che Consob ritiene fondamentali per dimostrare le omissioni dei vertici e dell’intero consiglio di Etruria. E infatti nella delibera è scritto: «Con riguardo alla gravità obiettiva, assumono rilevanza gli elementi di seguito indicati: la preminenza degli interessi protetti dalla norma violata, funzionali ad assicurare la tutela degli investitori mediante un’adeguata e corretta informativa in merito ai rischi e alle caratteristiche essenziali all’operazione; la circostanza che le carenze informative in parola concernevano aspetti significativi che si riflettevano su elementi della documentazione d’offerta essenziali per consentire un consapevole apprezzamento dell’offerta; la carica ricoperta da ciascun esponente aziendale e il periodo di permanenza nella stessa, nonché l’effettiva funzione svolta all’interno della banca».
La difesa del Cda
I componenti del Cda hanno presentato ricorso contro le multe sostenendo di aver agito correttamente e di aver fornito le informazioni necessarie sia a Bankitalia sia a Consob. Di tutto questo si sta occupando Rossi che durante l’audizione lo aveva annunciato spiegando che «sono in corso verifiche con i consulenti sull’attività della Vigilanza» senza però chiarire che la competenza sarebbe della Procura di Roma. E anche di questo discuterà oggi la commissione parlamentare.
2. LE CARTE SUL FIDO AD ALTO RISCHIO CHE LA COMMISSIONE NON HA VISTO
Giacomo Amadori per La Verità
Abbiamo trovato le carte su Pier Luigi Boschi che le opposizioni stanno cercando. E contengono spunti interessanti, se non sorprendenti. Venerdì scorso il senatore Andrea Augello, membro della commissione parlamentare d' inchiesta sul settore bancario ha chiesto al presidente Pier Ferdinando Casini un supplemento d' indagine sui rinnovi dei crediti di Banca Etruria da parte degli ultimi due consigli d' amministrazione, considerando responsabili di quelle sofferenze anche chi aveva votato il rinnovo.
Scartabellando tra gli atti depositati nell' ambito della vicenda della bancarotta della Popolare dell' Etruria, ci sono documenti che sembrano dargli ragione. Quello del senatore sembra infatti lo stesso convincimento contenuto in una delle informative che la Guardia di finanza ha inviato alla Procura di Arezzo, ma che non è stato recepito dai pm del pool che sta procedendo per la bancarotta.
Uno dei casi sollevati dalla Fiamme gialle riguarda proprio Pier Luigi Boschi.
Gli investigatori di Arezzo nei mesi scorsi avevano individuato possibili reati nel rinnovo di un fido da 11 milioni di euro di Banca Etruria a un imprenditore forlivese molto chiacchierato.
E tra gli indagabili avevano segnalato alla Procura anche il nome del papà del sottosegretario Maria Elena. Ma, come detto, per i pm devono andare alla sbarra solo i manager che quei soldi li hanno erogati la prima volta, e non quelli che li hanno confermati.
AUGELLO NON CI STA
Una posizione che è stata fermamente contestata da Augello, e per questo il senatore dovrebbe chiedere l' acquisizione dell' annotazione di 62 pagine sugli affidamenti alla [...] firmata dagli ufficiali di polizia giudiziaria del Nucleo di Polizia tributaria, sezione verifiche complesse, di Arezzo. Il numero di protocollo è 0368962, ed è stata inviata il 7 novembre 2016.
Il finanziamento al gruppo guidato da P.I. è stato deliberato nel 2009, quando altre banche avevano già ritirato il loro supporto all' imprenditore, grazie ai buoni uffici di Franco Bonferroni, un ex parlamentare democristiano poi traghettato nell' Udc di Pier Ferdinando Casini, che riesce ad avvicinare l' allora presidente di Bpel Giuseppe Fornasari (ex sottosegretario Dc in due governi Andreotti). E i finanziamenti si sbloccano.
Davanti ai pm di Forlì I. dichiara di aver consegnato 100.000 euro in nero in due tranche a Bonferroni per l' intermediazione, e sostiene che lo stesso ex parlamentare gli avrebbe riferito che la metà «erano per il presidente Fornasari», anche se lui non ci ha mai creduto.
Alla fine Bonferroni le porte dell' istituto aretino gliele spalanca: «Perché tutti i presidenti delle banche di solito sono nominati dai politici», è stato il ragionamento di I. con i magistrati. Bonferroni ha dato un' altra versione: inizialmente l' imprenditore gli avrebbe consegnato il denaro per «ungere i banchieri»: «Io mi sono rifiutato categoricamente. Ho detto: "Io a portare i soldi ai banchieri non ci vado. Non l' ho mai fatto e non lo faccio"», avrebbe protestato. E così alla fine I. gli avrebbe detto: «Beh, te li sei guadagnati, tienteli tu».
Nel 2011 la Banca concede all' azienda romagnola una nuova tranche da 1 milione. Ma la I., che nel frattempo ha cambiato nome e ha ceduto rami d' azienda per provare a ristrutturare il debito, va sempre più a fondo. Nel 2012 I. invia all' Etruria una relazione in cui ammette di non aver rispettato i patti, e di aver utilizzato i finanziamenti per finalità diverse da quelle previste dai contratti.
Per I. sono anche anni di travaglio giudiziario. Nel 2012 finisce in carcere per frode fiscale, appropriazione indebita ed estorsione; nel 2013 patteggia 3 anni e 6 mesi di carcere e promette di restituire all' erario circa cinque milioni; tra il 2013 e il 2014 finisce in carcere e ai domiciliari per il procurato aborto di un' amante, che aveva malmenato sino a farle perdere il feto.
Sempre nel 2014 arriva la condanna definitiva a 12 anni di carcere.
In mezzo a tutti questi guai, il 22 febbraio 2013 il Comitato esecutivo della banca, con Boschi senior tra i suoi membri, delibera la risoluzione dell' accordo di ristrutturazione e del mutuo fondiario «per il verificarsi di clausole e condizioni risolutive dello stesso». In questo modo Bpel perde il diritto di rivalersi sul patrimonio del debitore, senza aver prima incassato il credito milionario.
I finanzieri disapprovano: «Dall' esame della documentazione acquisita al procedimento risulta che la banca non si è attivata per l' escussione delle garanzie». Al contrario la Cassa di risparmio di Cesena, altra creditrice, risulta aver ottenuto «un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo» di oltre 10 milioni di euro e ha «iscritto ipoteche giudiziali su immobili di proprietà della società». In sintesi, c' è chi bussa a denari alla porta di I e chi traccheggia, probabilmente per i legami politici tra l' imprenditore e i vertici dell' istituto.
L'ASTENSIONE CHIAVE
Il 15 luglio 2014 la I spa e la I holding spa presentano una proposta di concordato preventivo in bianco al Tribunale di Forlì. Le procedure verranno aperte a dicembre, mentre il Comitato esecutivo della Popolare dell' Etruria, dopo soli 3 giorni, il 18 luglio, delibera di «esprimere parere favorevole al piano mediante "astensione dal voto"». Quel Comitato è composto dal nuovo presidente Lorenzo Rosi, dal suo vice Boschi (promossi insieme a maggio) e da altri tre amministratori. È opportuno ricordare che proprio in quel periodo Rosi e Boschi erano indaffaratissimi a cercare un nuovo direttore generale e un partner finanziario per la banca e per questo si erano rivolti a un gruppo di faccendieri guidato dal bancarottiere Flavio Carboni e dal massone Valeriano Mureddu.
Ma torniamo alla questione I. Le decisioni di cinque diversi Comitati esecutivi (compresi i due a cui ha partecipato Boschi senior) nei confronti del cliente romagnolo sono state stigmatizzate dai finanzieri che nell' annotazione scrivono: «Tali circostanze, quindi, hanno fatto sì che, in mancanza delle adeguate garanzie che la banca avrebbe dovuto pretendere per il perfezionamento delle operazioni poste in essere, si generasse il "default" finanziario, sfociato in "sofferenza" bancaria per le società riconducibili al Gruppo I, con un danno alla Banca quantificabile in euro 12.626.868,41 (...) alla data del 31.12.2015».
A parere degli uomini della Tributaria la banca non avrebbe dovuto aderire alla proposta di concordato e alla risoluzione dei contratti, senza aver prima riscosso le garanzie. Anche perché nel giugno 2015 la [...] in liquidazione è fallita e la Procura di Forlì da allora ha confiscato al patron 215 milioni di beni di cui Etruria non rischia di non vedere un euro.
LE CONCLUSIONI E IL «NO»
Le conclusioni degli investigatori sono pesanti: «Conseguentemente gli elementi raccolti possono far ritenere che» i 17 componenti dei 5 comitati esecutivi messi sotto osservazione durante le indagini «hanno, in concorso tra loro, posto in essere atti e condotte personali terminate in operazioni finanziarie prive di una logica commerciale, creando nocumento allo stesso istituto e, conseguentemente, provocando danni a terzi investitori».
Ma l' ipotesi investigativa non deve aver fatto breccia nel cuore del procuratore Roberto Rossi e dei magistrati del pool. Infatti il pm Andrea Claudiani nella requisitoria del 29 novembre davanti al giudice dell' udienza preliminare nel processo per bancarotta, ha sottolineato che la Procura non ha ravvisato condotte preoccupanti nella scelta della banca di non escutere le garanzie, preferendo altre soluzioni di fronte alla sofferenza.
Per gli inquirenti, cioè, l' immediata revoca degli affidamenti avrebbe potuto generare una serie di conseguenze tali da condurre addirittura all' insolvenza e al fallimento. Un teoria a cui Claudiani ha aggiunto un passaggio, e cioè che non sarebbe stato possibile stabilire, al di là di ogni ragionevole dubbio e in assenza di controprove, la ragionevolezza o meno della decisione dell' istituto. Ora la commissione parlamentare dovrà valutare se il ragionamento sia convincente.
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