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LA LIBIA E’ UNA BOMBA PRONTA A ESPLODERE - IL PREMIER DBEIBAH È ISOLATO POLITICAMENTE E MILITARMENTE, AL PUNTO CHE, SENZA IL CONTROLLO DELL'AEROPORTO DI MITIGA DI FATTO SOTTO LA SFERA DELLA MILIZIA RADA, HA DIFFICOLTÀ A VIAGGIARE FUORI DAL PAESE – MOLTE MILIZIE DI MISURATA SONO RILUTTANTI A SCHIERARSI IN DIFESA DEL GOVERNO DI UNITA NAZIONALE - IL GENERALE HAFTAR POTREBBE VALUTARE UN'AZIONE MILITARE SU TRIPOLI, CONTANDO SUL SOSTEGNO DI PUTIN (INTERESSATO A DESTABILIZZARE IL PAESE A PROPRIO VANTAGGIO) E SULLA DISPONIBILITA' DELLA TURCHIA - LA POSIZIONE DEGLI STATI UNITI SARÀ DETERMINANTE: COME NEL 2019, UN EVENTUALE SILENZIO DI WASHINGTON POTREBBE ESSERE INTERPRETATO COME VIA LIBERA A UN'INIZIATIVA MILITARE…
Daniele Ruvinetti per https://www.med-or.org/news/la-finestra-per-intervenire-in-libia-si-sta-chiudendo
La visita in Libia di Massad Boulos, parte di un più ampio tour nel Maghreb, rappresenta il primo intervento diplomatico ufficiale della nuova amministrazione Trump sul dossier libico e costituisce un segnale inequivocabile del rinnovato interesse degli Stati Uniti per il Nord Africa. In pochi giorni, l'inviato speciale per l'Africa degli Stati Uniti ha incontrato entrambi i poli della divisione libica: da un lato, il premier del Governo di Unita Nazionale (GNU) Abdulhamid Dbeibah e il presidente del Consiglio Presidenziale Mohammed Menfi a Tripoli; dall'altro, il comandante Khalifa Haftar a Bengasi.
La scelta di dialogare con tutte le parti, pur senza riconoscimenti formali, restituisce l'immagine di una diplomazia americana intenzionata a riposizionarsi come attore in gioco – anche per interessi economici – nella gestione della crisi libica.
Il dossier libico è stato affrontato da Boulos anche in coordinamento con l'intelligence egiziana, durante una tappa preparatoria ad Alessandria. L'obiettivo sarebbe duplice: da un lato, contenere le derive violente che potrebbero esplodere nella capitale Tripoli in seguito allo scontro sempre più evidente tra il GNU e la milizia RADA; dall'altro, creare una base di consenso regionale attorno a un futuro processo politico che potrebbe includere il rafforzamento del ruolo del Consiglio Presidenziale o la definizione di una nuova formula di governo di unità. Processo su cui la missione onusiana Unsmil farebbe da guida.
SADDAM HAFTAR CON MATTEO PIANTEDOSI
Il contesto è particolarmente fragile. Il premier Dbeibah è isolato politicamente e militarmente, al punto che, senza il controllo dell'aeroporto di Mitiga di fatto sotto la sfera della milizia RADA, ha difficoltà a viaggiare fuori dal Paese. Misurata è in una fase di revisione strategica, e molte milizie nella capitale sono riluttanti a schierarsi in difesa del GNU.
In questo vuoto, il generale Haftar potrebbe valutare un'azione militare su Tripoli, contando su una rete di contatti con attori locali, sul sostegno di Mosca (interessata a forme di destabilizzazione a proprio vantaggio) e su un atteggiamento più flessibile della Turchia rispetto al passato. In tale cornice, la posizione degli Stati Uniti sarà determinante: come nel 2019, un eventuale silenzio attivo di Washington potrebbe essere interpretato come tacito via libera a un'iniziativa militare dell’Est.
La visita di Boulos si è inoltre intrecciata con indiscrezioni giornalistiche su dossier molto sensibili, come il possibile sblocco di una parte dei beni libici congelati e l'inclusione della Libia in piani di reinsediamento di rifugiati palestinesi provenienti da Gaza.
Il capo del Mossad pare abbia discusso a Washington l'opzione di una "rilocalizzazione volontaria" di palestinesi verso paesi terzi, tra cui anche la Libia. Il tema, altamente controverso sul piano legale e politico, unisce il destino della Libia – la cui agenda è già delicata – con quello della Striscia di Gaza (dossier sempre più critico).
SADDAM HAFTAR CON LUCIANO PORTOLANO
Per l'Italia e l'Europa, la rinnovata attenzione americana sul dossier libico rappresenta al tempo stesso un'opportunità e una sfida. Saddam Haftar, figlio del generale di Bengasi, è il volto nuovo e dinamico del potere della Cirenaica: non ambisce a imporsi con la forza, ma a posizionarsi come figura gestibile e compatibile con diversi scenari di transizione.
Da qui nascono i suoi contatti con la Turchia, che ha combattuto la milizia guidata dal padre fermandola nel tentativo di conquistare il paese nel 2019. Ora è in corso una distensione figlia di interessi che gli Haftar potrebbero veicolare – anche per la business community turca.
a tripoli manifestazioni contro il premier Dbeibah
In questo quadro, l'Italia viene vista come un punto di equilibrio: il fatto che Roma abbia ricevuto Saddam Haftar e mantenuto un dialogo aperto con tutte le parti è letto come un tentativo di costruire spazi di influenza flessibili, ma non ancora sostenuti da una strategia strutturale di medio-lungo termine, conseguenza questa di una fluidità politica interna alla Libia che si fa sempre più evidente.
Il rischio è che, in assenza di un quadro coordinato tra Stati Uniti, Europa e attori regionali come Egitto e Algeria, la Libia torni a essere epicentro di instabilità. Una nuova crisi a Tripoli potrebbe avere effetti immediati su tutto il Nord Africa, potenzialmente in grado di alimentare reti terroristiche latenti e accrescere la pressione migratoria sia lungo le rotte intra-africane che su quelle dirette verso l'Italia, la Grecia e Malta. In tale scenario, la diplomazia preventiva e l'iniziativa multilaterale rappresentano le uniche leve in grado di arginare una deriva potenzialmente irreversibile.
Khalifa Haftar matteo piantedosi a bengasi
Al tempo stesso, la gestione dei flussi migratori da parte di attori libici, in particolare nell’est del paese, appare sempre più come una leva di pressione geopolitica piuttosto che un fenomeno emergenziale. I flussi possono essere attivati o rallentati strategicamente, anche in funzione di obiettivi di negoziazione o di competizione con l’Europa.
Questa dinamica si inserisce in una forma più ampia di instabilità ibrida: l’aumento incontrollato delle partenze, indipendentemente da una regia esterna esplicita, ha effetti destabilizzanti sulle politiche interne europee e può alimentare fratture tra stati membri, in particolare tra quelli direttamente esposti alla rotta del Mediterraneo centrale.
Il rischio è dunque duplice per un paese come l’Italia: da un lato l’impatto immediato sui flussi e sulle capacità di risposta nazionale; dall’altro il pericolo che la Libia si trasformi in una piattaforma di proiezione di interessi ostili, reti criminali e traffici irregolari.
Di fronte a ciò, non basta una risposta reattiva: emerge la necessità di una linea articolata, capace di connettere sicurezza, diplomazia e cooperazione lungo l’asse Roma-Bruxelles-Washington, e far in modo che questo possa diventare il binario lungo cui proceda l’andamento generale del dossier, allineando dunque anche gli interessi degli attori regionali.
Se la frammentazione libica dovesse proseguire senza un contenimento multilaterale, il Mediterraneo centrale rischierebbe di diventare una zona franca dove ogni crisi locale può avere effetti sistemici sulla sicurezza europea. Il ritorno degli Stati Uniti nel dossier libico può rappresentare un’occasione per costruire un fronte coeso. La preoccupazione che emerge è che questo disequilibrio sia sempre più instabile, e che la finestra di intervento si stia chiudendo.
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