LOBBY DI BLAIR - C’È CHI, DOPO LA POLITICA, SI DÀ ALLA PESCA E CHI AI PESCI GROSSI: IL “DAILY TELEGRAPH” ALZA IL VELO SUI PRESUNTI AFFARI DELL’EX PRIMO MINISTRO INGLESE CON L’EX REGIME DI GHEDDAFI - BLAIR È ACCUSATO DI ESSERE VOLATO A TRIPOLI PIÙ VOLTE CON LO SCOPO DI CHIUDERE ACCORDI BANCARI PER CONTO DI JP MORGAN - L’ANNO SCORSO IL COLOSSO USA, DI CUI TONY ‘BL-OIL’ È CONSULENTE (2 MLN € L’ANNO), HA GESTITO MEZZO MILIARDO DI $ PROVENIENTI DAL PETROLIO LIBICO. COINCIDENZE?...

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Andrea Valdambrini per il "Fatto quotidiano"

Quando è uscito da Downing Street, poco più che cinquantenne, in molti giuravano che Tony Blair non avrebbe abbandonato facilmente l'impegno pubblico. In pochi, invece, potevano supporre che di lui si sarebbe parlato per le sue relazioni a dir poco ambigue con l'ex regime libico, relative non a quando era al governo, ma a una fase della sua vita in cui sosteneva di dedicarsi più che altro a rispondere a domande sulla fede cristiana, ritrovata forse grazie all'amicizia con il devoto George W Bush jr.

La politica internazionale deve essere proprio mancata a Blair al punto da averla sostituita direttamente con il lobbismo, tanto perché fosse chiaro che nel rapporto fra politica e business, quest'ultimo alla fine prende inevitabilmente il sopravvento. Ora all'ex primo ministro britannico viene rivolta l'accusa di essersi recato ripetutamente a Tripoli al fine di stringere affari con Gheddafi per conto di Jp Morgan, la grande banca d'affari americana, di cui lo stesso Blair è entrato come consulente fin dal gennaio 2008, a suon di 2 milioni di euro l'anno.

L'accusa, rivelata al quotidiano Daily Telegraph, viene da un alto dirigente del Libyan Investment Authority, il fondo da 70 miliardi di dollari che investe in tutto il mondo il denaro proveniente dal petrolio libico. "Le visite di Blair, ha chiarito, avevano il solo scopo di procacciare accordi bancari con Jp Morgan". Le direttive sugli affari, continua la gola profonda del fondo libico, sarebbero arrivate direttamente da Blair, oltre che da un uomo d'affari britannico e da un ex diplomatico americano, dei quali tuttavia, non ha rivelato l'identità.

A supporto della tesi, il Telegraph rivela di aver trovato documenti che provano l'esistenza di almeno tre viaggi in Libia da parte dell'ex primo ministro, che ora ricopre anche il ruolo istituzionale di inviato Onu in Medio Oriente. Le prime due volte Blair sarebbero andato in vista del rilascio di Al-Megrahi, l'attentatore di Lockerbie, nel 2008 e 2009, la terza solo lo scorso anno. Nel 2009, tra i molti incontri in scaletta, era previsto quello con Mohammed Layas, alla guida del fondo di investimento libico. Inoltre, almeno in una delle occasioni di viaggio in Libia, Blair si sarebbe servito di un aereo di proprietà del Colonnello.

Replica secco l'ufficio stampa dell'ex leader laburista: "Come abbiamo chiarito già molte volte prima, Tony Blair non ha mai ricoperto alcuno ruolo con il fondo del governo libico". Ma ci sarà forse una relazione tra la frequente presenza di Blair in Libia e il fatto che l'anno scorso, come rivela stavolta il New York Post, Jp Morgan abbia gestito mezzo miliardo di dollari provenienti proprio dal fondo di investimento di Tripoli?

Dal cambio di regime in Libia, il ruolo di Blair viene scandagliato a fondo dalla stampa britannica. Fu lui, nel 2003, a riaccogliere a braccia aperte il Rais tra i "buoni" e amici dell'Occidente, e ad intrattenere, da quel momento in poi, stretti rapporti con suo figlio Saif, studente alla London School of Economics.

Gas e petrolio di Gheddafi generosamente diretti Londra potevano bastare a far dimenticare il decennale sostegno economico al terrorismo nord-irlandese e alla morte, nel 1988, di 270 passeggeri del volo Pan Am 103 nell'attentato di Lockerbie. Non sembra strano che, dopo il 2003, gli 007 di Londra abbiano torturato esponenti dell'opposizione al Rais, come è emerso di recente. Magari adesso, con l'ingresso trionfale di Cameron nella Tripoli in mano ai ribelli, è tempo di regolare qualche conto.

 

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