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NANNI, DÌ QUALCOSA SULLA BOSCHI! - FULVIO ABBATE UCCELLA IL SILENZIO DEGLI INTELLÒ DI SINISTRA SUL CASO BOSCHI-ETRURIA: “SAREBBE BELLO SE IL PROSSIMO CAPOLAVORO DI MORETTI SI INTITOLASSE ‘SUO PADRE’, NEL SENSO DI QUELLO DELLA BOSCHI. O DI RENZI…”

fulvio abbate compagnofulvio abbate compagno

Fulvio Abbate per Dagospia

 

Caro Roberto, sarebbe proprio apprezzabile se il prossimo film di Nanni Moretti si intitolasse “Suo padre”, nel senso del papà della Boschi. O, perché no, di Renzi. Ho trascorso questi giorni prossimi al Santo Natale interrogandomi sul siderale silenzio del ceto intellettuale di sinistra, e così facendo cercando di trovare una definizione esatta proprio per il PD di Matteo Renzi e dei suoi giovani amici; alla fine, meglio di una cometa da vetrina della “Rinascente”, è arrivata con naturalezza.

 

Quello di Renzi, non è un partito, né solido né “liquido”, è piuttosto uno show room. Dico questo senza neppure far troppo caso all’allestimento della sua “Leopolda”, al logo simile a un cartello da vetrina Benetton “0-12” o perfino “La cicogna”, alle luci degne dei negozi “Blue Point”, le stesse dove un tempo i ragazzini entravano a comprare la bigiotteria adolescenziale del sabato pomeriggio, ricordate?

lorenzo rosi pier luigi boschilorenzo rosi pier luigi boschi

 

Ecco, come già nel caso della gestione del genio per ceti medi, in tutto medi, Walter Veltroni, siamo nuovamente in presenza di una pura bigiotteria culturale, ancor prima che politica, dove la personalità della ministra Boschi assume subito un carisma fluorescente, degno di un lucidalabbra.

 

La Boschi come la più attesa alla festa, con tutti, tra le new cipster e il tagliere di formaggi “Eataly”, a interrogarsi così: “Ma viene o non viene, Maria Elena?” Manca soltanto il mangiadischi in questo scenario, ma evidentemente il tempo ha fatto il suo corso, e poco male se non c’è più modo di sognare una possibile versione de “l’Internazionale” realizzata, che so?, da Barry White.

Maria Elena Boschi Maria Elena Boschi

 

In compenso, visto il grado zero della riflessione generale, c’è da porsi una domanda rispetto al cosiddetto ceto intellettuale e artistico non meno cosiddetto di sinistra, alla sua esistenza stessa. Letargo o coma? Depressione o anticipo di Alzheimer?

 

A parte il recluso Saviano, che ha apprezzabilmente chiesto le dimissioni dell’altrove non meno apprezzata ministra rispetto alla questione Banca Etruria, è mai possibile che il resto del mondo - già girotondino, già Popolo viola, già Se non ora quando?, già dimmi quando tu verrai, e roba varia – già è mai pensabile che tutta questa popolazione di persone edificanti, di anime belle, non abbia uno straccio d’opinione sullo stato delle cose?

tiziano renzitiziano renzi

 

Dunque, dobbiamo pensare che avercela avuta, e molto, in passato con l’osceno Berlusconi era soprattutto una questione di gusto, di tintura per capelli sbagliata? Forse che il conflitto d’interessi di quest’ultimo sapeva di scoregge da cumenda, e dunque mostrava le stimmate dell’impresentabilità, mentre nel caso di Maria Elena Boschi e dell’intero show room renziano siamo in prossimità di un bagno schiuma da “Compagnia delle Indie”, con tutti lì, belli e sorridenti, a piedi nudi sul pavimento della barca a fare la danza dei parei?

 

No, tanto per capire. Se così fosse, sarebbe il caso di spiegare agli amici scrittori, registi, musicisti, e magari anche a molti opinionisti d’ambo i sessi, che il gusto è una categoria secondaria perfino in ambito estetica, già, da non confondere con lo stile, ma qui siamo già a Nietzsche e la cosa si fa problematica da spiegare a chi, tornando a Veltroni, non è mai andato oltre il ciocorì quotidiano di Concita De Gregorio.

MATTEO E TIZIANO RENZI MATTEO E TIZIANO RENZI

 

E qui, dopo aver scartato, per ragioni facilmente comprensibili, come possibili interlocutori, che so?, una Lidia Ravera, impegnata a far l’assessore alla cultura alla Regione Lazio, o un Baricco definito da Farinetti “il più intelligente di tutti noi”, o un Francesco Piccolo con la sua Castrocaro democratica ai mezzi con Michele Serra, o un Benigni in attesa di realizzare finalmente il suo “Natale sul Sinai”, ma vado direttamente sull’obiettivo massimo, sempre per esemplificare la nostra questione.

 

Ecco: è mai possibile che nel nuovo repertorio di Nanni Moretti e dei suoi co-sceneggiatori non ci sia una battuta-parafrasi autoreferenziale che suoni pressappoco così: “Di’ qualcosa sulla Boschi”? Ovviamente innanzitutto per un bisogno di gratuità e di amor proprio perché dovrebbe essere dell’artista il narcisismo come bussola, e non certo il calcolo o l’opportunità, per quello ci sono già gli yes man, i supplenti a vita, i furetti delle segreterie particolari, e non soltanto dalle parti del Nazareno, ma ora non voglio divagare, né con le parole di Don Lorenzo Milani ricordare che “l’obbedienza non è più una virtù”.

 

mia madre nanni morettimia madre nanni moretti

Già, in certi casi sarebbe preferibile, perfino da un Moretti, sentirsi dire qualcosa del tipo “… mi avete rotto, da oggi soltanto film sullo sci nautico!” E invece sembra quasi che il narcisismo, l’unica bussola che dovrebbe guidare gli artisti, si arresta davanti al catto-comunista senso di responsabilità, anche quando tutto è precipitato…

 

Adesso qualcuno potrebbe obiettare: e allora dille tu queste cose!. Io, sì, che le dico, e infatti  personalmente ho già una banca: me stesso. La mia Teledurruti. Ora che ci ripenso, sarebbe proprio bello se il prossimo capolavoro di Moretti si intitolasse “Suo padre”, nel senso di quello della Boschi. O di Renzi. Siamo lì.