
DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL…
LA MAY IN MUTANDA PER L'IRLANDA - È TUTTA COLPA DEL CONFINE SULL'ISOLA SE IL REGNO UNITO STA PRECIPITANDO APPRESSO ALLA BREXIT: MANTENERE UN CONFINE APERTO TRA I DUE PAESI È UN BORDELLO POLITICO E GIURIDICO IRRISOLVIBILE. E ORA LA VISPA THERESA, NEL SUO PERSONALE BUNKER DI HITLER, VUOLE UN QUARTO VOTO, VISTO CHE I CONTRARI SONO PASSATI DA 203 A 58. ''SIAMO SULLA BUONA STRADA'' (VERSO IL PRECIPIZIO)
1. MAY NON MOLLA, QUARTO VOTO SULLA SUA BREXIT O ELEZIONI
Alessandro Logroscino per l'ANSA
Espugnare Westminster per sfinimento, pena la minaccia di sciogliere la Camera dei Comuni e bruciare le tappe verso il traguardo, temuto da non pochi deputati, delle elezioni anticipate nel Regno Unito. Sconfitta ieri per la terza volta in tre mesi sul suo accordo di divorzio dall'Ue, Theresa May non si rassegna e insiste - a tempo scaduto o quasi - a tessere strategie di emergenza sulla Brexit dal "bunker" al numero 10 di Downing Street, come qualche commentatore di spicco comincia velenosamente a chiamarlo.
A rivelarne le prossime mosse, sempre ammesso di riuscire a dar loro un seguito, è il ristrettissimo staff che circonda la premier Tory. Dalle cui pieghe si viene a sapere che la leader più traballante, ma anche più irriducibile, d'Europa avrebbe convinto il grosso del governo a tentare ancora una volta la sorte. E a rifiutarsi di accettare la morte della pluri-bocciata intesa raggiunta con Bruxelles a novembre: rimandando almeno per un po' quelle dimissioni che lei stessa ha promesso, seppure per un futuro indeterminato, e che un numero crescente di parlamentari - Conservatori ultrà in primis - evocano a voce sempre più alta come una liberazione, se non come una soluzione.
L'idea sarebbe quella di provare a resuscitare l'accordo riproponendolo la settimana prossima a Westminster in un ballottaggio con il piano B alternativo d'iniziativa parlamentare che dovesse emergere dalla nuova sessione di voti indicativi dell'aula in calendario per lunedì: si tratti di un piano per una Brexit più soft, come quelli concepiti dal leader laburista Jeremy Corbyn e da altri, o dell'indicazione (più problematica) d'un secondo referendum.
La riduzione dello scarto nella disfatta ai Comuni, dai 203 voti di gennaio ai 58 di ieri, suggerisce d'altronde alle gole profonde di Downing Street la speranza, o l'illusione, che malgrado tutto "si sta andando nella direzione giusta". Sebbene l'offerta dell'Ue di rinvio dell'uscita al 22 maggio sia a questo punto decaduta e a Londra resti solo fino al 12 aprile per decidere se e come uscire. Gli osservatori (e l'Ue) rimangono scettici.
Difficile immaginare di scalfire il muro dei 34 conservatori - fra euroscettici super fanatici e pro Remain senza se e senza ma - che ieri sono tornati a condannare l'accordo, con il concorso degli alleati unionisti nordirlandesi del Dup testardamente ostili a un testo che continua a contenere la contestata clausola vincolante del backstop sul confine aperto fra Dublino e Belfast.
"E' molto probabile che Theresa May ci voglia riprovare, ma la sua è una decisione presa nel bunker mentre il cerchio si stringe", taglia corto Laura Kuenssberg, political editor della Bbc, tratteggiando la figura del primo ministro in qualche modo prigioniera della bolla in cui vive. E forse dei suoi miraggi. Tutto intorno gli avversari intanto si muovono, sebbene a loro volta non privi di punti deboli. I sostenitori del referendum bis rilanciano, ma non possono prescindere - per avviare un percorso legislativo ad hoc - da una maggioranza parlamentare al momento incerta quanto quella inseguita dal governo in favore del piano May.
Mentre fra le ipotesi di Brexit light - dalla permanenza britannica nell'unione doganale, ben vista anche da Michel Barnier, al modello 'mercato unico 2.0' - non si riesce per ora a trovare un compromesso unificante. Con la spada di Damocle del no deal - auspicato apertamente dall'ala dura del Partito conservatore e da manifestanti come l'individuo che oggi ha bloccato per un po' gli Eurostar alla stazione di St. Pancras - tutt'altro che scongiurata.
E l'unica alternativa concreta d'un nuovo voto politico anticipato, il terzo in quattro anni, destinata ad affiancarsi fra mille complicazioni e inquietudini non solo a un rinvio prolungato del divorzio (se i 27 dell'Ue saranno disposti a concederlo all'unanimità) con annessa partecipazione ulteriore britannica alle elezioni europee di maggio. Ma anche al dubbio che nemmeno le urne siano in grado alla fine di sciogliere i nodi.
2. DIO STRAMALEDICA L' IRLANDA STA FACENDO FALLIRE LA BREXIT
Giovanni Longoni per ''Libero Quotidiano''
Alla fine il problema che sta mettendo a repentaglio la Brexit non riguarda l' Inghilterra ma l' Irlanda. Il motivo per cui l' accordo sottoscritto dai 27 Paesi Ue e dal governo di Theresa May è stato bocciato già tre volte dal Parlamento britannico riguarda cosa ne sarà della frontiera fra l' Irlanda del Nord e l' Eire, unico punto in cui l' Ue e il Regno Unito si incontrano sulla terraferma. Il patto che Theresa non riesce a far digerire nemmeno al suo partito ha come conseguenza infatti che quel confine resterà sempre aperto, così come è ora, al traffico di merci e persone.
Il Selciato del Gigante in Irlanda del Nord
In realtà l' accordo proposto dalla May prevede solo una "clausola di salvaguardia" la quale dice in sostanza che in assenza di una intesa definitiva tra le parti il confine resta aperto. La clausola evita la creazione di una frontiera fisica tra Dublino e Belfast ma così quest' ultima, e tutta l' Irlanda del Nord, rimarrebbero nell' unione doganale europea. Il confine vero e proprio sarebbe spostato in mare e il Regno Unito verrebbe spezzato in due.
isola divisa
È questa prospettiva che ha spinto i rappresentanti del Dup, il Partito Unionista democratico alleato nordirlandese della May (dieci parlamentari essenziali per tenere in piedi la traballante maggioranza), a bocciare sempre l' accordo, in sintonia con l' ala intransigente dei "tory", quelli che guidati da Boris Johnson vogliono lasciare l' Ue definitivamente.
Il governo May aveva accettato la clausola imposta da Bruxelles sperando che, pur di lasciare l' Unione, gli inglesi l' avrebbero, per quanto a fatica, trangugiata. E invece si è trovata schiacciata fra chi vuole la Brexit anche per l' Irlanda del Nord e i Paesi europei i quali sostengono le richieste di Dublino.
la marcia a londra dei remainers anti brexit 9
Dalla capitale dell' Eire si sostiene che la chiusura del confine metterebbe in discussione gli accordi di pace del Venerdì Santo 1998 che hanno messo fine alla guerra fra cattolici e protestanti - o meglio fra repubblicani e unionisti. C' è chi prospetta un ritorno del terrorismo (qualche episiodio c' è già stato) ma più che una previsione suona coma una minaccia.
Infatti non c' è solo lo Sinn Fein, la sigla dei nazionalisti più duri ed ex ala politica dell' Ira, a volere una Irlanda unita e repubblicana: l' unificazione è un sogno comune un po' a tutti i partiti del Dàil, il parlamento dell' Eire. E la Brexit sarebbe la pietra tombale sul progetto.
È anche vero che gli stessi protestanti o unionisti non sembrano avere le idee così chiare: i loro politici del Dup votano contro la clausola che tiene aperta la frontiera e però la gente, al referendum del 2016, si esprime al 56% per restare nella Ue. Senza contare che a migliaia hanno chiesto il passaporto irlandese (è possibile avere la doppia cittadinanza). Tra gennaio e febbraio 2019 sono state oltre 34 mila le richieste pervenute alle autorità del Sud. Saranno tutti cattolici? Forse, ma è pur vero che il confine aperto è stato manna dal cielo per l' economia del Nord, un tempo la parte più ricca (per i cantieri navali) dell' isola, ora costretta ad andare a rimorchio dell' Eire.
la marcia a londra dei remainers anti brexit 8
In conclusione, se la Brexit salta sarà per colpa degli irlandesi. I quali magari perderanno la possibilità di unificare la loro isola (ammesso ne abbiano davvero la reale possibilità e non si tratti solo di una chimera) però godranno per aver rovinato i piani inglesi, quantomeno quelli di una uscita ordinata dal carrozzone di Bruxelles.
ci pensa Donald Alle manovre irlandesi a favore dell' Unione europea si contrapppongono quelle di un americano di origini scozzesi.
Venerdì, in piena bagarre per la terza bocciatura incassata dalla May, Donald Trump ha mandato avanti John Bolton a ricordare ai britannici di non temere che a salvarli ci sono gli Stati Uniti. «Il presidente Trump», ha detto alla Reuters il consigliere alla sicurezza nazionale Usa, «resta pronto a offrire trattati bilaterali a una Gran Bretagna indipendente.
È quello per cui la gente ha votato nel 2016 e quando usciranno - ora, il 12 aprile o dopo - noi saremo lì ad aspettarli».
Trump insomma ci crede ancora. E sembra crederci anche Theresa May la quale starebbe cercando consensi per riportare in Parlamento per un quarto voto il suo accordo sulla Brexit così come è (cioè col pateracchio del confine irlandese).
L' ultima bocciatura è stata per 58 voti, si ragiona a Downing Street, uno scarto significativo ma inferiore alle prime due sonore sconfitte. Fonti governative citate dalla Bbc non escludono però un ballottaggio tra l' accordo della May e un "piano B" che dovrebbe emergere lunedì, dopo il dibattito alla Camera dei Comuni. Vedremo.
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