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Siegfried Ramler lo scorso mese è volato a Londra per parlare della dignità umana e dei processi di Norimberga, dove lavorò come interprete. Quella truce occasione segnò la nascita ufficiale della traduzione simultanea, necessaria ma anche dolorosa perché costringeva i traduttori a cogliere con accuratezza l’orrore del racconto, ancor prima che il testimone completasse la frase.
Siegfried Ramler era un quattordicenne austriaco ed ebreo quando, nel 1938, vide entrare le truppe della Wehrmacht a Vienna e il segno trionfale della svastica. La sua famiglia scappò e lui andò a vivere con uno zio a Londra. Nel 1945 fu assunto dalla “US Air Force” per lavorare come linguista in Germania, dove apprese del processo ai leader nazisti. Si presentò al Palazzo di Giustizia di Norimberga e pochi giorni dopo si ritrovò nella stanza in cui veniva interrogato Hans Frank ovvero “il macellaio di Varsavia”, avvocato personale di Hitler, accusato (e condannato) per aver ucciso tre milioni di ebrei e polacchi.
Sieg lo ricorda come “un uomo interessante, sopraffatto dal fanatismo, ma lucido, consapevole di aver sbagliato: «Ero preoccupato di non saper far bene il mio lavoro, avevo 22 anni ed ero lì per tradurre non per giudicare. Ma, durante i processi, io e i miei colleghi interpreti eravamo scioccati».
Sig lavorò al tribunale dal primo giorno, 20 Novembre 1945, all’ultimo. Per una decina di volte dovette tradurre l’inequivocabile sentenza “Tode durch den strang”: morte per impiccagione. L’ultima seduta non fu filmata per tutelare la dignità dei condannati.
Sig ha elencato i momenti memorabili del processo: il discorso di apertura di Robert Jackson, le immagini delle camere a gas, l’ammissione di colpevolezza (parziale) di Hans Frank e Albert Speer, la buffoneria di Hermann Goering, la bravissima collega interprete
Virginia von Schon che si rifiutò di tradurre una frase troppo offensiva.
E’ tutto raccontato nel suo libro “Nuremberg and Beyond: The Memoirs of Siegfried Ramler from 20th Century Europe to Hawai'i”. Ha cercato, nel tempo, di trovare una risposta alle nefandezze del nazismo, ma la sua conclusione è che quel che è accaduto può accadere ogni volta che una società perde il rispetto delle leggi e dell’altro. Non è un problema della Germania, è un problema dell’uomo.
Per questo Steg crede nella cooperazione globale e nella tutela internazionale dei diritti dell’uomo. E’ stato il Processo di Norimberga a generare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e, due anni dopo, la Convenzione Europea.
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