UN MINISTRO DA BUTTARE - LORENZO ORNAGHI VA AL DI LA’ DELLA RICORRENTE MEDIOCRITÀ DEL DICASTERO (CHE HA SUBITO LE BONO PARRINO E I FACCHIANO). LA MEDIOCRITÀ DI ORNAGHI MINISTRO È TALMENTE CONCLAMATA DA RIUSCIRE IMBARAZZANTE. - LA SUA TARDIVA LETTERA AI DIRETTORI DI MUSEI CHE CONTESTANO STIPENDI MISERI È UN DOCUMENTO DI VUOTAGGINE RETORICA PRIMA CHE DI SPOCCHIA TECNOCRATICA….

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Sergio Luzzatto per il Domenicale del Sole 24 Ore

Almeno su una cosa gli storici dell'Italia contemporanea possono mettersi facilmente d'accordo: sulla ricorrente, programmatica, beffarda mediocrità dei ministri dei Beni Culturali.

Da quando il dicastero fu istituito, nel 1974, ventiquattro ministri in trentotto anni: il che basterebbe già a dare un'idea, se non corrispondesse alla generale volatilità dei dicasteri repubblicani. Più che altro, quali ministri! Mario Pedini, Dario Antoniozzi, Egidio Ariosto, Nicola Vernola, Antonio Gullotti, Carlo Vizzini, Vincenza Bono Parrino, Ferdinando Facchiano, Sandro Bondi, Giancarlo Galan... Salvo rare eccezioni (due per tutte, più tecniche che politiche: Alberto Ronchey e Antonio Paolucci), i governi repubblicani hanno trattato la politica della cultura come l'ultima delle loro priorità.

Si vorrebbe poter dire che il "tecnico" attualmente alla guida del ministero, Lorenzo Ornaghi, già magnifico rettore dell'Università Cattolica, rappresenti nuovamente un'eccezione positiva. Si vorrebbe, ma proprio non si riesce. La mediocrità di Ornaghi ministro è talmente conclamata da riuscire imbarazzante. E d'altronde la mediocrità del ministro diventa quasi il meno, a fronte dell'ideologia che sovrintende alla sua azione (o piuttosto, per comune giudizio degli addetti ai lavori, alla sua inazione).

L'ultima prova di tutto ciò è venuta da una lettera aperta. Pubblicata sul «Corriere della Sera» dell'8 dicembre, è la lettera con cui il ministro ha inteso rispondere a un'altra lettera aperta: quella firmata dai direttori di alcuni dei più importanti musei italiani, che gli avevano scritto nel marzo 2012 (sì, in marzo) per contestare i miserandi stipendi che vengono mensilmente corrisposti ai responsabili delle maggiori istituzioni culturali pubbliche del Paese.

La lettera di Ornaghi è un documento esemplare di vuotaggine retorica, prima ancora che di spocchia tecnocratica e di ideologia reazionaria: documento che andrebbe analizzato parola per parola, tanto corrisponde al modello del Discorso Burocratico Moderno, quello sapientemente costruito per veicolare il nulla. Ma la lettera è anche una fonte storica preziosa, da archiviare a futura memoria: perché i posteri sappiano secondo quali logiche è stato retto - anche dopo il pensionamento dell'impagabile Bondi - un dicastero che si vorrebbe pensare strategico per lo sviluppo dell'Italia presente e futura.

Come spesso nel genere epistolare, la formula introduttiva dice molto. Ornaghi si rivela maestro non già nella moda volgare dell'indignazione, ma nell'arte sofisticata della degnazione: «Caro direttore, devo nuovamente chiedere ospitalità: l'articolo di Gian Antonio Stella "Il ministro e quella lettera senza risposta", che due giorni fa ha avuto l'onore di incominciare dalla prima pagina del "Corriere della Sera", si chiude con un perentorio e ironico "toc toc: c'è nessuno, lassù?", a cui non posso non cercare di offrire una qualche parzialissima soddisfazione. Pertanto, mi si permettano alcune dovute (ai lettori del Corriere) precisazioni e, in aggiunta, una mia personale riflessione».

Chi parla male pensa male, teorizzava un Nanni Moretti d'antan. Beh, rassegniamoci, il ministro dei Beni Culturali parla (e scrive) male. Il suo stile è questo da sempre, anche nei contributi scientifici. È uno stile ammiccante di ammiccamenti elitari, tutt'insieme pomposo, involuto e barocco. È lo stile - sciaguratamente caratteristico dell'accademia italiana - del "non è chi non veda".

Quanto al tono di Ornaghi, è un tono meravigliosamente d'ancien régime. È il tono di chi rivendica il diritto di non sporcarsi la bocca con spiegazioni rivolte al Terzo Stato, foss'anche il Terzo Stato rappresentato da dirigenti e da funzionari del suo ministero: gente così poco di mondo da non capire che lui, il ministro, a saperli e a vederli così poveri ci patisce, ci patisce nel profondo del cuore...

«Io credo mio dovere istituzionale di non dover replicare, anche in questo caso, alle piccole o meno piccole offese alla mia intelligenza delle cose e alla mia personale sensibilità di fronte a distorsioni o fratture che caratterizzano da molti decenni la nostra convivenza civile e che, invece di ricomporsi o accorciarsi, si sono venute allargando e aggravando»: crediateci o meno, Lorenzo Ornaghi ha risposto così alla lettera dei direttori di museo.

Precisando peraltro di rispondere non a loro - non sia mai che un ministro risponda ai dipendenti - ma piuttosto ai lettori del Corriere. A chi fra questi ultimi, durante i nove mesi compresi fra il marzo e il dicembre 2012, avesse eventualmente avuto il cattivo gusto di domandarsi com'è che il direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze possa oggi guadagnare non più di 1.780 euro netti al mese.

«E qui vengo a esporre, pur brevemente, la mia riflessione». «Se agendo, e non soltanto parlando, davvero si vuole avviare a soluzione qualcuno degli antichi e gravi problemi che ostacolano un migliore e differente modello di sviluppo, dobbiamo a ogni costo evitare il diffondersi della peste dell'invidia e delle gelosie sociali. L'incattivimento della società è più pericoloso dello spread. E, per la nostra democrazia, sarebbe ancora più nefasto di ogni immaginabile stallo dei partiti o del sistema rappresentativo-elettivo».

Sì, va trasmesso ai posteri questo raffinato abbozzo di Teoria Sociale del professore ordinario di Scienza politica Lorenzo Ornaghi, ministro italiano dei Beni Culturali nell'anno di grazia 2012. Responsabili di alcuni dei maggiori musei d'arte d'Italia (cioè del mondo), il direttore della Galleria degli Uffizi a Firenze, la direttrice della Galleria nazionale d'Arte antica di Palazzo Barberini, la direttrice del Museo di Castel Sant'Angelo, la direttrice della Galleria Borghese a Roma, e vari colleghi di analogo rango, nel momento in cui chiedono al ministro di riconoscere loro un salario commisurato - se non a quello dei "pari grado" stranieri - almeno alla qualità delle loro competenze e alla delicatezza delle loro responsabilità, mettono a repentaglio la nostra democrazia. Infatti, diffondendo il morbo dell'«invidia», provocano l'«incattivimento» della compagine sociale.

E bravo il ministro Ornaghi, che tirato per la giacchetta da un giornalista impertinente finisce per affidare a una lettera aperta - oltreché il vuoto pneumatico della sua lingua curiale - il doppiofondo del suo pensiero di studioso. Archeologi, storici dell'arte, museologi che da decenni lavorano per conservare e valorizzare lo straordinario patrimonio artistico di un Paese politicamente incapace di tradurre la cultura in sviluppo sono untorelli da strapazzo, che non meritano risposta se non a collo ritorto, per interposto giornalista, e comunque senza fretta.

Già, perché il meglio della fantastica lettera di Ornaghi viene alla fine. Là dove (sul Corriere, ripetiamo, dell'8 dicembre) il ministro scrive, con il consueto suo stile: «Per non appesantire ulteriormente questa mia già lunga risposta, sarò ben lieto di incontrare Stella, non appena trascorso questo periodo di feste. Gli fornirò tutte le carte, i documenti, i miei interventi in Commissione parlamentare, utili per stendere un corretto articolo su questo tema per nulla secondario. Durante l'incontro cercherò anche di rispondere a eventuali repliche o contro argomentazioni che - è una sua prerogativa - intendesse apporre a questo mio intervento di doverosa chiarificazione».

Sì, caro ministro, gentilmente si prepari a mostrare le carte chiarificatrici non ai direttori dei maggiori musei italiani, ma al giornalista Gian Antonio Stella. Però, mi raccomando, lo faccia con suo comodo. Provveda dopo «questo periodo di feste», che per lei - evidentemente - è incominciato già prima dell'8 dicembre, grazie al "ponte" più lungo della storia.

 

Ministro Ornaghi Fisichella e Ornaghi SANDRO BONDI MELANDRI ORNAGHI FOTO INFOPHOTOIL MINISTRO ORNAGHI A CANNES EX MINISTRO GIANCARLO GALAN LORENZO ORNAGHI FREDERICH MITTERAND LORENZO ORNAGHI RENATA POLVERINI E LORENZO ORNAGHI ORNAGHI POLVERINI FREDERICH MITTERAND ANNA COLIVA Baratta Ornaghi