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Francesco Bonazzi per Dagospia
"Basta tavoli di concertazione, mandateci mail con le richieste", aveva detto sprezzante la scorsa settimana a industriali e sindacati, chiudendo la sua visita a Siracusa. Oggi però Renzie ha rischiato di trovarsi non una mail sulla casella di Palazzo Chigi, ma un mezzo "vaffa" unificato imprese-sindacati sui giornali.
Non esattamente il modo migliore per salutare la vigilia del tanto atteso taglio del cuneo fiscale. Una manovra da 10 miliardi sulla quale c'è ancora un pesante rebus "coperture" che ha causato lo slittamento a domani del pre-consiglio dei ministri, previsto in origine per questa mattina. Con il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, che in realtà sarebbe tornato da Bruxelles carico di obiezioni.
Ieri, per tutto il giorno, c'è stata una girandola di telefonate riservate tra Giorgio Squinzi (Confindustria), Carlo Sangalli (Confcommercio), Susanna Camusso (Cgil), Luigi Angeletti (Uil) e Raffaele Bonanni (Cisl). Una sorta di tavolo di confronto autoconvocato per manifestarsi innanzitutto il grande stupore per i modi di fare del neo-premier.
Organizzazioni spesso divise sul merito dei provvedimenti e delle ricette per uscire dalla crisi si sono trovate completamente d'accordo sul fatto che "se la concertazione è morta, non è così per quel minimo di dialogo e di cortesia istituzionale che deve restare nei rapporti con le parti sociali", come riassume uno dei loro responsabili.
La mancata convocazione a Palazzo Chigi, insieme o separati, ha fatto calare un gelo totale nei confronti di Renzi. E ora imprese e sindacati lo aspettano con il classico fucile puntato, che nel caso specifico è una calcolatrice gigante per controllare costi e benefici delle misure che verranno annunciate domani.
A un certo punto della giornata di ieri si è anche pensato a un intervento comune sui giornali per protestare contro il metodo "autistico" seguito da Palazzo Chigi, ma poi si è deciso di procedere in ordine sparso, "per non dare soddisfazione a chi palesemente cerca lo scontro". E così sono nate le varie interviste e la lettera di Squinzi al Corriere.
Se il governo Renzie rischia di passare alla storia come il primo esecutivo da diversi anni che non beneficia della classica "luna di miele" con giornali e forze sociali, forse è perché elevare all'inverosimile l'asticella delle aspettative non ha giovato. Anche perché poi bisogna trovare le soluzioni concrete e le coperture finanziarie. E qui si apre la partita più delicata.
Stamani è slittato il pre-consiglio dei ministri che avrebbe dovuto sgrossare il lavoro tecnico delle misure da annunciare domani. Segno che la macchina della presidenza del Consiglio, affidata a Graziano Delrio, non funziona ancora a dovere. Ma basta scavare un po' ai piani alti del ministero dell'Economia per scoprire che c'è qualcosa di più.
Il ministro Padoan sarebbe tornato dal vertice di Bruxelles con molti dubbi sulla copertura dei famosi 10 miliardi da tagliare. "I problemi che aveva Letta sono gli stessi che avrà Renzi: non è che nel frattempo qualcuno ha vinto alla lotteria", osserva un esperto dirigente di via XX Settembre. E puntare tutto sui miracolosi effetti della spending review di Lurch Cottarelli è una scelta pericolosa, che ha fatto sollevare più di un sopracciglio in sede Ue.
I dubbi sulle coperture, Padoan li aveva già domenica, prima di partire. Diciamo che ieri se li è fatti "benedire" e probabilmente oggi è tornato alla carica con il premier. Alla fine il rischio è che Renzie sarà comunque costretto, se vuole "abbassare le tasse agli italiani", a toccare rendite finanziarie, prestazioni sociali e agevolazioni varie. E troverà un vasto fronte pronto a criticarlo senza pietà .
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