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Francesco Bei per La Repubblica
«Non voglio che diventi un tormentone, prima di Natale si saprà cosa ho deciso». Mario Monti ha rassicurato quanti sperano in un suo impegno diretto in campagna elettorale: almeno non dovranno stare a lungo sulle spine. Al momento le opzioni sul tavolo del premier sono due: quella di una candidatura diretta o quella di una benedizione alle liste che si richiamano al suo nome e al suo programma di riforme. Magari con la partecipazione a una manifestazione unitaria di tutti i partiti e movimenti che lo sostengono nella riconferma.
Quello che il premier ha comunque escluso, specie dopo la giornata passata a Bruxelles al vertice del Ppe, è di poter accettare il sostegno del Cavaliere. Un
appoggio che, visto da palazzo Chigi, contiene solo insidie. E anche la manifestazione di "Italia popolare" fissata per domenica rischia di diventare un appuntamento già sterilizzato.
Al quale infatti il Professore non intende consegnare alcun "affidavit". «Berlusconi e Alfano - ha osservato ieri Professore in alcune conversazioni private - prima mi sfiduciano e poi improvvisamente mi vogliono candidare? Li ringrazio, ma serve coerenza». Certo Berlusconi è stato «abile» a sfilarsi dal processo già allestito dal Ppe, con tanto di sentenza di condanna già scritta. Dichiarandosi più montiano di Monti ha impedito che la trappola gli si chiudesse addosso. «Ma alla fine - racconta uno dei presenti - non ha potuto fare a meno di spararne qualcuna delle sue, tanto che tutti uscendo commentavano: "è il solito Silvio"».
E tuttavia Monti ha accolto con piacere i nuovi accenti filo-europei che si sono sentiti in queste ore da numerosi esponenti del Pdl. Ha preso atto della svolta e segue con attenzione i movimenti e le iniziative, a partire da quella di domenica a Roma, per tenere il Pdl ancorato al Ppe. Senza dunque escludere che, se si dovesse impegnare in campagna elettorale, una lista di colombe del Pdl potrebbe aggiungersi a quelle che già fanno parte della federazione centrista in costruzione.
Ma non il Pdl in quanto tale, dove è ancora Berlusconi a farla da padrone. Così, visto che Monti mantiene questa pregiudiziale contro il Cavaliere (come dice Casini, una lista Monti-Berlusconi «è come un ufo») per i moderati del Pdl torna in campo l'ipotesi di prendere il largo il prima possibile. Dunque l'attenzione si concentra su domenica. In vista della manifestazione del teatro Olimpico, organizzata dalle fondazioni del Pdl con un documento tutto filo-Ppe, la tentazione dello strappo si stava facendo molto forte.
Tanto che il Cavaliere è passato al contrattacco. Non solo metterà egli stesso il cappello sull'iniziativa, inviando una lettera che sarà letta dal palco. Ieri poi, uno ad uno, da Quagliariello a Cicchitto, da Sacconi ad Augello, Berlusconi ha convocato a palazzo Grazioli tutti i promotori della manifestazione. Che sono stati costretti al giuramento di fedeltà con bacio della pantofola.
«Dovete capire - era il ragionamento dell'ex presidente del consiglio - che anche io sono per Monti. Possiamo stare tutti insieme a suo favore. à inutile dividersi ». La minaccia di una scissione montiana del Pdl sembra dunque scongiurata, anche perché a restare con il Cavaliere non sarebbero stati soltanto Santanchè, Biancofiore o Brunetta. Dall'operazione "Monti premier" si erano già sfilati Raffaele Fitto (che domenica non andrà all'Olimpico) e Maurizio Lupi, Gianfranco Rotondi, Andrea Ronchi e Altero Matteoli. Mentre il segretario Angelino Alfano ha incontrato il cardinal Ruini per sincerarsi se davvero la Chiesa fosse diventata così ostile al Pdl, come faceva pensare un'intervista al Corriere del presidente della Cei Bagnasco.
Cosa resta dunque del tentativo di spostare il Pdl sotto l'ombra del premier? Al momento poca cosa. Forse l'unico che se ne andrà davvero sarà il capogruppo del Pdl al parlamento europeo, Mario Mauro (insieme a Pisanu, Cazzola e ai pochi che hanno votato la fiducia disobbedendo alle indicazioni del partito), sul quale il Cavaliere privatamente ha speso parole molto dure: «Non riesco proprio a capire, è andato a dire ai leader europei che io sono un populista e un antieuropeista: ma se non ho mai pronunciato una parola contro l'Europa». Secondo l'Adnkronos Mauro avrebbe i giorni contati.
E tuttavia se da una parte Monti intende mantenere alto il muro contro il Cavaliere, ieri per il premier è stata la prima occasione di scontro con il Pd. Uno scontro per ora unilaterale, con l'affondo di D'Alema contro una possibile candidatura del premier. Al quale Monti ha deciso di non reagire in pubblico, almeno per il momento. Ma certo chi ci ha parlato riferisce di averlo trovato molto irritato. Soprattutto per quell'aggettivo scelto dal presidente del Copasir: «Immorale? Ma come si permette?».
Anzi, l'inquilino di Palazzo Chigi considera «morale » proprio una sua eventuale candidatura e un impegno a sostenere quelle forze politiche che si impegna a portare avanti la sua agenda. à convinto che una sua discesa in campo risponderebbe proprio all'esigenza «morale» di offrire un contributo al Paese.
Anche se non c'è dubbio che una scelta in questo senso lo possa esporre concretamente al rischio di uno scontro quotidiano con il campo dei progressisti, in contrapposizione a Bersani. Un pericolo ormai chiaro a tutti. Anche al presidente della Repubblica che da giorni non sta apprezzando le mosse di Palazzo Chigi. Per Napolitano, infatti, il Professore non dovrebbe candidarsi. In alcun modo. E negli ultimi giorni gliel'ha ripetuto con una certa nettezza.
MASSIMO D'ALEMA E MARIO MONTIBersani Monti MERKEL MONTI E BERSANI VERSIONE TOTO TRUFFA jpegBERSANI - MONTI - ALFANO - CASINI DA TWITTERMARIO MONTI E GIORGIO NAPOLITANOPIERFERDINANDO CASINI E LUCA DI MONTEZEMOLO monti fini montezemolo casini bonanni bocchini 7cap65 casini montezemolo
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