PORCO DIAZ - LA CASSAZIONE IMPALLINA LA ‘’MACELLERIA MESSICANA’’, I DEPISTAGGI E LE MENZOGNE SUI FATTI DEL G8 DI GENOVA: “DALLA POLIZIA UN PURO ESERCIZIO DI VIOLENZA CHE HA GETTATO DISCREDITO SULLA NAZIONE AGLI OCCHI DEL MONDO” - GIUSTIZIA È FATTA? NO, PERCHÉ GLI AUTORI MATERIALI, NON SONO STATI CONDANNATI PER LA PRESCRIZIONE - SCOMMETTIAMO CHE ADESSO, DOPO LO SCONCIO DELLE PROMOZIONI, ARRIVA L'AMNISTIA?...

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Guido Ruotolo per "La Stampa"

Ha gioco facile la Quinta sezione penale della Cassazione quando nelle motivazioni della condanna degli autori della «macelleria messicana» avvenuta durante il G8 di Genova, nel luglio del 2011 - sottolinea che le violenze alla Diaz, «perpetrate dalla polizia», sono state di «una gravità inusitata», «gettando discredito sulla Nazione agli occhi del mondo».

Quelle «violenze, generalizzate in tutti gli ambienti della scuola, si sono scatenate contro persone all'evidenza inermi, alcune dormienti, altre già in atteggiamento di sottomissione con le mani alzate e, spesso, con la loro posizione seduta, in manifesta attesa di disposizioni, così da potersi dire che si era trattato di violenza non giustificata e punitiva, vendicativa e diretta all'umiliazione e alla sofferenza fisica e mentale delle vittime».

Per dirla in sintesi, i giudici supremi sostengono che i poliziotti hanno dato vita a un «puro esercizio di violenza». Ma per quelle violenze, gli autori materiali, non sono stati condannati per intervenuta prescrizione.

I giudici del Palazzaccio, dunque, hanno ricostruito gli eventi che hanno preceduto e seguito la perquisizione alla scuola Diaz, sposando la tesi che in realtà dietro la «scellerata operazione mistificatoria» ci fosse l'allora direttore dello Sco, Francesco Gratteri, che aveva avuto mandato dall'allora Capo della Polizia, Gianni De Gennaro, ad effettuare perquisizioni, «in particolare presso la scuola "Paul Klee" - sospettata di essere divenuta il rifugio di appartenenti al gruppo violento dei cosiddetti "black bloc" - e nel pomeriggio era giunto a Genova, sempre inviato da De Gennaro, il prefetto La Barbera», con il compito di organizzare le retate dei black bloc.

Secondo le motivazioni, l'attuale sottosegretario Gianni De Gennaro, voleva riscattare l'immagine della polizia, «essendo apparsa inerte di fronte ai gravissimi fatti di devastazione e saccheggio che avevano riguardato la città di Genova».

Ma i giudici esprimono un giudizio molto pesante su De Gennaro, accusandolo di aver in qualche modo fatto scattare il meccanismo: «L'esortazione rivolta dal Capo della Polizia a eseguire arresti, aveva finito con l'avere avuto il sopravvento rispetto alla verifica del buon esito della perquisizione stessa, per cui all'operazione erano state date caratteristiche denotanti un "assetto militare"».

Dove per assetto militare si deve intendere, per la Cassazione, l'elevato numero di «operatori» (circa 500) impegnati nell'operazione Diaz. Gli effetti collaterali si sono manifestati così nella «condotta cinica e sadica da parte degli operatori di polizia, in nulla provocata dagli occupanti la scuola».

A proposito delle mancate direttive impartite agli uomini dai capisquadra, dai vertici del Reparto Mobile di Roma, la Cassazione fa sua la tesi dei giudici genovesi, giudicando questa assenza come «forte indice della consapevolezza che l'uso della forza era connaturato all'esecuzione dell'operazione, sì da tradursi in una sorta di «carta bianca», preventivamente assicurata sin dalla fase genetica dell'operazione».

Il dopo «macelleria messicana», per la Cassazione, c'è stata una vergognosa operazione di depistaggi e menzogne. Gilberto Caldarozzi, all'epoca numero due dello Sco: «La Corte di merito ha ritenuto che fosse consapevole della falsità del rinvenimento delle molotov all'interno dell'edificio». E ancora: «Del tutto logica la conclusione della sua piena partecipazione alla predisposizione di atti e verbali che giustificassero, mediante distorta rappresentazione della realtà, una decisione di procedere agli arresti». Anche per il numero due dell'Antiterrorismo, Gianni Luperi, le molotov era evidente che «provenissero dall'esterno della scuola».

 

scontri G8 Scuola Diazscontri scuola diazscontri scuola diazscuola diazGianni De GennaroFrancesco Gratteri condannato per i tragici fatti della caserma Diaz