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DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…
1 - CI SIAMO SALVATI DA SOLI
Giampiero Calapà per il “Fatto Quotidiano”
[...] Poi Renzi, col supporto della D'Urso, i due si danno del "tu" in diretta, ha continuato il suo spot al governo, una pagina da scuola di propaganda tra nastrini arcobaleno e applausi comandati. Accolto a Cologno Monzese da Fedele Confalonieri in persona, a cui il premier si è rivolto così: "Ciao presidentissimo". "Benvenuto Matteo". Lasciato il suo portavoce Filippo Sensi sulla porta, Renzi è rimasto da solo a colloquio con Confalonieri per quindici minuti in camerino.
Matteo Renzi nel salotto di Barbara Durso
2 - CONSIGLI PER RENZISTI SULLA TV DI SILVIO
Alessandro Robecchi per il “Fatto Quotidiano”
Prima le notizie. E dunque, anche se la folla plaudente sta a Cologno Monzese e non a piazza Venezia, diciamolo: la dichiarazione di guerra non è stata consegnata nelle mani di Barbara d' Urso. Lei, circonfusa dalla luce bianca che azzera i segni del tempo, esulta: "L'Italia non andrà in guerra in Libia!". Lui, Matteo Renzi, che quelle stesse luci virano all' arancione, corregge un po' "Non andremo in guerra in Libia con cinquemila uomini…". Un po' come dire: Barbara, paraculi te salutant!
Matteo Renzi nel salotto di Barbara Durso
Ecco fatto, smentito via Barbara l'ambasciatore Usa che aveva parlato via Corriere della sera, il resto è un burbanzoso scollinare verso l'ottimismo obbligatorio. L' Oscar a Morricone, il bonus bebé, i diritti civili con lo sconto delle adozioni, l'omicidio stradale, fino all'imbarazzante metafora del bicchiere che non è nemmeno mezzo pieno, ma pieno per tre quarti.
L'altro quarto se lo sono bevuti loro, si direbbe, e si vede che era roba forte. Tutto bene, tutto bello, tanto che quando Barbara lancia la pubblicità uno si chiede: perché, fino ad ora cos' era? E uno distratto potrebbe confondere banche (tutto bene, tranquilli) e glutei tonici, Salerno-Reggio Calabria (tutto bene, tranquilli) e nuvole di cioccolato… l' anima del commercio. Silvio, insomma, era solo vent'anni di prove generali: lo show vero è questo qui. Notizie brutte? Sì, una: nonne e zie non ci diranno più "vai a lavorare in banca che è un posto sicuro".
Il resto è la sua condanna: "Non posso inventarmi sogni miei, perché devo finire quelli degli altri". Lo trovaste nei Baci Perugina pensereste: che banalità. E poi le pensioni: tutto bene, tranquilli. Poi, alla fine, uno sprazzo di sincerità: il presidente del consiglio annuncia Ivana Spagna, e tocca dargli ragione: i politici non sono tutti uguali. Qualcuno è pure peggio.
3 - BARBARA D' URSO E IL «TU» AL PREMIER VA IN ONDA LA POLITICA POP
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
«Come stai Matteo?». In altri tempi, questo eccesso di confidenza tra una conduttrice tv e il presidente del Consiglio sarebbe parso fuori luogo. Oggi no, oggi la disintermediazione è pane quotidiano e la politica non prova nessuna vergogna a darsi in pasto all' industria dell' intrattenimento, prigioniera delle battute e delle emozioni, là dove prima cercava d'imporsi con la forza dei ragionamenti e delle idealità. Sabato Matteo Salvini era ospite di Maria De Filippi, ieri Matteo Renzi ha preferito Barbara D' Urso: è iniziata «la politica in affitto». Il presidente del Consiglio ha aspettato che finissero le partite di calcio e alle 17 in punto si è presentato a «Domenica Live».
È rimasto in studio per più di 45 minuti, ha trovato una perfetta complice nella conduttrice, ha celebrato i suoi successi (bonus bebè, diritti civili, omicidi stradali, Ici, banche...), ha mandato persino un avvertimento ai «commentatoroni» che si credono superiori alle sue partecipazioni televisive, ha avuto modo di piazzare qualche spiritosaggine e di mostrarsi galante nei confronti della sua ospite.
È la politica pop, è la politica dell'autorappresentazione, è la politica nell' era dello storytelling. I giornalisti della carta stampata diffondono sfiducia (sempre a parlare delle cose che non vanno, della cattiva politica), i talk show d' approfondimento sono infidi (gente che urla e insulta), i telegiornali offrono poco spazio. Molto meglio i posti dov'è possibile fare narrazione e dove non c' è spazio alcuno per le contronarrazioni: per questo Renzi sceglie con piacere i salotti di Bruno Vespa o di Barbara D' Urso.
Alla tradizionale mediazione è preferibile la contiguità, più spiccia ed efficace. Non solo: il rapporto diretto con il pubblico, nella velocità impressa ai media dalle nuove tecnologie, è un valore in sé, accresciuto dal fatto che Renzi è un intrattenitore nato. Non si è fatto mancare nulla, ha citato pure Checco Zalone.
E la conduttrice ha ricambiato: «Sei più bravo di me a fare questo lavoro». I sondaggi (ah, i sondaggi!) dicevano che la gran parte degli italiani è contraria alla guerra in Libia e il presidente del Consiglio l'ha subito rassicurata: «Vedo gente che dice mandiamoci 5.000 uomini. È un videogioco? Ci vuole molta calma». E poi: «Bisogna entrare in Libia in punta di piedi» (versione renziana della politica americana dei «boots on the ground»). Dietro le quinte c' era Fedele Confalonieri. Possiamo dire che questo incontro è stato il «patto surrogato» del Nazareno?
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