NEW YORK È PASSATA DAL SINDACO MILIONARIO AL SINDACO MISSIONARIO! - DE BLASIO HA UN SOLO OBIETTIVO: TASSARE I RICCHI. E IL DEMOCRATICO CUOMO ROSICA

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Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

Bill de Blasio si scopre sindaco-missionario e la sua determinazione ad aumentare le tasse, anche se solo per i ricchi, rischia di spaccare il partito democratico. Nel programma elettorale del primo cittadino progressista di New York, in carica dal primo gennaio, le entrate fiscali in più dovevano servire a finanziare gli asili della città.

Ma il governatore Andrew Cuomo, anch'egli di origine italiana, un democratico centrista che presto dovrà ripresentarsi davanti agli elettori per chiedere un nuovo mandato, di aumento dei tributi proprio non voleva sentir parlare: per essere rieletto, infatti, ha bisogno non solo dei voti della metropoli liberal, ma anche di Long Island e del nord dello Stato dove prevale una mentalità più conservatrice ed è diffusa la logica antitasse.

Cuomo è così riuscito a trovare nel bilancio dello Stato le risorse necessarie per finanziare gli asili di New York, senza bisogno di inasprire i tributi nella metropoli. De Blasio non l'ha presa bene: ha giudicato insufficiente lo stanziamento e non chiara la sua destinazione. E ha detto che non rinuncerà a spingere i ricchi della metropoli a tirare un po' la cinghia per finanziare l'istruzione: «Sono stato eletto dal 73 per cento dei newyorchesi sulla base di un piano che al primo punto aveva proprio l'incremento del prelievo sui cittadini più abbienti. È questa la mia missione e non faccio passi indietro».

Insomma una scelta con una forte componente ideologica con de Blasio che, per dimostrare la modestia del sacrificio chiesto alle persone ad alto reddito e per ironizzare sulle abitudini dei ricchi, parla della sua come della «tassa del latte di soia»: come dire che il piccolo incremento delle aliquote fiscali non costerà ai milionari più delle loro scelte dietetiche.

Cuomo, abituato ad avere dai democratici di New York l'obbedienza che i leoni riservano al loro domatore, e pronto a usare la frusta con gli eventuali dissidenti, è rimasto di sasso di fronte all'insubordinazione del neosindaco che è sempre stato un suo sottoposto, fin da quando lavoravano insieme per l'amministrazione di Bill Clinton.

Stavolta ha deciso di fare buon viso a cattivo gioco: anziché ricorrere a una delle sue repliche taglienti, il figlio di Mario Cuomo ieri ha detto di non avere «un miglior amico e alleato politico di Bill de Blasio». Ha aggiunto di capire la posizione del sindaco, ma lo ha invitato a cambiare bersaglio: se vuole aumentare le tasse, dovrà farlo per altri motivi perché lui è pronto a firmare un assegno in bianco per gli asili.

Cuomo sa che oggi de Blasio si sente forte perché, a differenza del governatore, lui il traguardo elettorale lo ha già tagliato e perché issando la bandiera delle diseguaglianze, un tema che sarà centrale alle presidenziali del 2016, ha fatto diventare l'ufficio del sindaco di New York un laboratorio politico nazionale.

Ma il governatore è un osso duro: nel suoi recenti discorsi sul bilancio e la situazione dello Stato di New York, Cuomo non ha mai parlato di sperequazioni né della povertà. Ma ora con la sua controproposta è proprio sulle diseguaglianze che cerca di mettere in difficoltà de Blasio, trattandolo da sindaco ricco che non si preoccupa delle città più povere di New York: «Se vuole tassi i suoi milionari per altri motivi, ma alla scuola pensiamo noi dello Stato. Non ci devono essere sperequazioni sull'istruzione dei bimbi tra città ricche e povere».

 

 

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