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Lorenzo De Cicco per repubblica.it
Luigi Di Maio candidato nel Pd. A nemmeno 24 ore dal lancio del suo nuovo cartello "Impegno Civico", in asse con Bruno Tabacci, il ministro degli Esteri viaggia veloce verso una candidatura inattesa, sotto le insegne dem (lontanissimi i tempi in cui lo chiamava il partito di Bibbiano). L'offerta è stata appena formulata da Enrico Letta: il Partito democratico, fanno sapere dal Nazareno, "nelle prossime liste elettorali offrirà diritto di tribuna in Parlamento ai leader dei diversi partiti e movimenti politici del centrosinistra che entreranno a far parte dell’alleanza elettorale". A cominciare dall'ex capo politico del M5S.
La mossa dei democratici arriva dopo l'accordo con Carlo Calenda e i radicali di +Europa. Nel testo dell'intesa elettorale appena siglata, c'è scritto che nei collegi uninominali non saranno candidati politici considerati divisivi. Quindi "i leader delle forze politiche che costituiranno l’alleanza, gli ex parlamentari del M5S (usciti nell’ultima legislatura), gli ex parlamentari di Forza Italia (usciti nell’ultima legislatura)". Per Di Maio sarebbe stato game over. Il partito appena lanciato, con appena 50 giorni di campagna elettorale, difficilmente riuscirà a raggiungere il 3%, soglia minima per ottenere seggi nel prossimo Parlamento. L'unica via era puntare tutto su qualche collegio uninominale, per Di Maio e forse per un paio di fedelissimi. Ipotesi archiviata dal patto Letta-Calenda.
MEME SUL SIMBOLO DI IMPEGNO CIVICO
Ecco allora l'exit strategy, l'offerta del Pd: candidare nelle proprie liste, sotto l'insegna Democratici e Progressisti, i leader delle formazioni minori che faranno parte dell'alleanza. Potrebbero essere indicati in posizioni eleggilibili, nella quota proporzionale. Con un filo d'imbarazzo forse, dati i trascorsi tra Di Maio e i dem, ma gli incastri del Rosatellum e le condizioni di Calenda non lasciano aperte altre strade.
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