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COSE TURCHE: NUOVA STRETTA CONTRO I MEDIA DI ERDOGAN A 10 GIORNI DAL VOTO: CHIUSI 7 CANALI TELEVISIVI A LUI OSTILI - LA PROPOSTA DELLA MERKEL: SE ANKARA FERMA I PROFUGHI, MI IMPEGNO A FAVORIRE IL PROCESSO DI ADESIONE DELLA TURCHIA ALLA UE

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Da “lastampa.it”

 

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Alle elezioni dell’1 novembre si gioca il tutto per tutto. Recep Tayyp Erdogan ha paura. Teme l’avanzata dei filo curdi e reagisce inasprendo la stretta sui media ostili. Solo dieci giorni fa ha fatto piombare un mandato d’arresto sul direttore del quotidiano di opposizione Zaman, colpevole di aver pubblicato un tweet offensivo.

 

L’accusa: ingiuria al presidente. Oggi, a dieci giorni dal voto anticipato, l’operatore statale unico di comunicazione satellitare in Turchia, Turksat, ha trasmesso ai suoi network l’avviso di interrompere entro un mese le trasmissioni di 7 canali televisivi ostili all’Akp (il partito per la Giustizia e lo Sviluppo fondato da Erdogan), pena l’interruzione dei loro contratti.

 

MERKEL: “SE ANKARA FERMA I PROFUGHI FAVORIAMO INGRESSO IN UE”

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Il nuovo smacco alle libertà civili arriva, per paradosso, all’indomani del vertice a tre tra Erdogan, il primo ministro Ahmet Davutoglu e la cancelliera tedesca Angela Merkel nel palazzo presidenziale di Istanbul. Al centro dell’incontro la richiesta della creazione di una zona cucinetto al confine turco-siriano che argini l’afflusso di profughi verso l’Europa. In cambio Merkel si impegna a favorire il processo di adesione della Turchia alla Ue.

 

Proprio Berlino però ha sempre manifestato scetticismo sul rispetto delle libertà civili da parte di Ankara, requisito fondamentale per l’ingresso nel club di Bruxelles. La mossa ha dunque il sapore di una disperata richiesta di aiuto, mentre migliaia di profughi premono alle frontiere dell’Europa e si inaspriscono i movimenti anti immigrati di ultra destra (gli ultimi episodi, in ordine di tempo, sono l’aggressione xenofoba al nuovo sindaco di Colonia e il trionfo della destra anti immigrati in Svizzera).

 

IN TURCHIA DUE MILIONI DI PROFUGHI SIRIANI

 

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La cancelliera ha riconosciuto l’enorme impegno di Ankara sulla questione immigrazione. Dall’inizio della guerra civile in Siria, nel 2011, la Mezzaluna si è fatta carico di una crisi migratoria senza precedenti, arrivando a ospitare sul suo territorio fino a due milioni di rifugiati.

 

«La Turchia - ha detto Merkel - ha ricevuto finora poca assistenza dalla comunità internazionale per il grande lavoro svolto nella crisi dei migranti». Un’occasione che Ankara non intende lasciarsi sfuggire. Per questo, il primo ministro Davutoglu, oltre all’apertura dei negoziati per l’ingresso in Ue, ha posto altre tre condizioni: la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, 3 miliardi di euro in aiuti per la gestione dei rifugiati e l’estensione ai turchi dell’invito ai summit europei.

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IL FRONTE INTERNO

 

Se sul fronte internazionale Ankara stringe alleanze strategiche, il fronte interno è quanto mai frammentato. Sul voto dell’1 novembre pesa il ricordo del doppio attentato kamikaze avvenuto il 10 ottobre al corteo pacifista nel cuore della capitale e costato la vita a circa 100 persone, in maggioranza ragazzi. Il governo accusa l’Isis, ma la popolazione all’indomani degli attentati è scesa in piazza al grido “Stato assassino”, additando nello stesso presidente il mandante “morale” della strage di filo curdi.

 

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La cosa certa è che dopo le elezioni parlamentari del giugno scorso, con la conquista di 86 seggi da parte dell’Hdp (partito filo curdo), Erdogan ha perso la maggioranza e anche la voglia di scherzare. Con quel voto puntava non solo a conquistare ancora una volta la maggioranza assoluta ma anche a superare il 60% dei voti in modo da poter indire un referendum per attribuire alla presidenza - quindi a se stesso - il potere esecutivo, trasformando la Turchia in una Repubblica presidenziale.