OBAMA CHIAGNE: “CON L’ECONOMIA IN CRISI, DIFFICILE VINCERE NEL 2012” - AUTOCRITICA: “ABBIAMO OTTENUTO RISULTATI STRAORDINARI, DALLA RIFORMA SANITARIA ALLA STABILIZZAZIONE DEL SISTEMA FINANZIARIO MA NON SIAMO RIUSCITI A CAMBIARE WASHINGTON ED ABBIAMO ANCORA MOLTO DA FARE” - LA CASA BIANCA CAMBIA STRATEGIA ELETTORALE E VA A CACCIA DEL VOTO DEI LATINOS: INIZIA DALL’ALABAMA L’OFFENSIVA DELLA CASA BIANCA CONTRO LE LEGGI ANTI-IMMIGRAZIONE…

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Maurizio Molinari per La Stampa

Inizia dall'Alabama l'offensiva della Casa Bianca contro le leggi anti-immigrazione, lasciando intendere la volontà del presidente Barack Obama di portare questo tema al centro della campagna per la rielezione nel 2012.

Il Dipartimento di Giustizia, guidato da Eric Holder, ha presentato appello contro l'entrata in vigore della legge sull'immigrazione varata dallo Stato dell'Alabama, considerata la più rigida mai emanata negli Stati Uniti in quanto definisce «reati» il «trasporto» e l'«accoglienza» di clandestini oltre a impedire l'accesso alle scuole pubbliche dei figli di chi è entrato illegalmente.

Mercoledì il giudice distrettuale di Atlanta, Sharon Blackburn, aveva convalidato la normativa ma per impedirne l'applicazione, venerdì notte, il Dipartimento di Giustizia ha fatto ricorso alla Corte d'Appello dell'11˚ distretto sostenendo che «l'Alabama in quanto Stato non ha autorità per regolare la materia dell'immigrazione che è di competenza esclusiva del governo federale».

È una tesi che ripete quanto sostenuto dagli avvocati del governo in Arizona per bloccare la legge anti-clandestini approvata dal Parlamento locale lo scorso anno. La contromossa della governatrice Jan Brewer è stata di rivolgersi alla Corte Suprema di Washington ed è verosimile che anche l'Alabama farà altrettanto. Ma non è uno scenario che preoccupa l'amministrazione Obama, anzi l'impressione è che la Casa Bianca punti a moltiplicare proprio i duelli con gli Stati su questo terreno rovente.

Il Dipartimento di Giustizia, secondo quanto afferma il portavoce Xochiti Hinojosa, «sta studiando i provvedimenti emanati in Georgia, South Carolina, Indiana e Utah» riservandosi la possibilità di ripetere i passi compiuti contro Alabama e Arizona. «Non rammento un periodo politico nel quale il Dipartimento di Giustizia è stato altrettanto aggressivo contro la legislazione da parte degli Stati», ammette il giurista costituzionale Jonathan Turley, della Scuola di legge della Georgetown University, lasciando intendere che l'amministrazione Obama sta volutamente aprendo tale fronte, al fine di catapultare il tema dell'immigrazione al centro della campagna elettorale.

D'altra parte solo pochi giorni fa la Casa Bianca ha spinto la Corte Suprema di Washington a pronunciarsi in breve tempo sulla costituzionalità della riforma sanitaria, facendo trapelare una strategia tesa a incalzare i repubblicani sui temi dove si sentono più forti. Il duello sull'immigrazione potrebbe consentire a Obama di fare il pieno di voti ispanici, la minoranza numericamente più forte a livello nazionale nonché decisiva in molti Stati considerati in bilico, dalla Florida a New Mexico e Colorado.

Se Obama punta su immigrazione e sanità per incalzare i repubblicani è perché sa di affrontare una «rielezione difficile» come lui stesso ha ammesso durante la cena elettorale a Georgetown, nella casa del finanziatore democratico James D'Orta. Di fronte ad un pubblico di 60 persone - che avevano versato da 10 mila a 35.800 dollari - Obama ha fatto autocritica: «Abbiamo ottenuto risultati straordinari, dalla riforma sanitaria alla stabilizzazione del sistema finanziario ma non siamo riusciti a cambiare Washington ed abbiamo ancora molto da fare».

L'amarezza che trapela da tali parole nasce dai sondaggi che, sia a livello nazionale sia statale, assegnano a Obama una popolarità attorno ad un pericoloso 40 per cento, dovuto in gran parte allo scontento per la perdurante crisi economica ed una disoccupazione che resta oltre il 9 per cento annuo.
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