DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Oliviero Beha per il “Fatto quotidiano”
L’evasione fiscale va molto di moda da noi, come è noto. Dilata spaventosamente il buco nero del nostro debito pubblico e inficia la normalità accettabile della nostra quotidianità. Va di moda molto meno la lotta a essa. Memorabili del resto sono rimaste le esternazioni di un ministro in carica, l’affabile senatore Cesare Previti, con il suo “al massimo sarà evasione fiscale…”, sulla prima pagina di (quasi) tutti i giornali dell’epoca, e di un presidente del Consiglio, il venerabile Caimano, che “giustificava moralmente” l’evasione come una legittima difesa.
Ma in questi giorni una serie di notizie ha riportato la questione dell’evasione all’evidenza della cosiddetta opinione pubblica, o diciamo del pubblico troppo spesso deserto di opinioni. Non parlo di quella più recente, dell’accordo Italia-Svizzera sull’abolizione del segreto bancario, né del reato fiscale imputabile al gentiluomo Galan e ai suoi interlocutori nella storiaccia del Mose. No.
Mi riferisco piuttosto in rapida successione alla famosa lista Falciani della filiale elvetica della londinese Hsbc Bank, con 7500 italiani dentro, alle confessioni di Giuliano Soria sullo scandalo del Premio Grinzane Cavour e infine al “caso Paoli”, beccato a quel che pare con molti soldi evasi in Svizzera. Perché mi interessa di più qui questa serie di fatti che non in generale la colossale questione dell’evasione in Italia?
GIULIANO SORIA SERGIO CHIAMPARINO
Perché credo che dovrebbe scagliare la prima pietra chi non pensa da sempre, magari senza dirlo o anche solo come retropensiero psichico poco indagato dal sé, che in fondo l’evasione fiscale sia più “una faccenda di destra”. Erano del Pds forse i Previti e i Berlusconi (complementari, potrebbe sostenere qualcuno ma è altro genere di discorso…)? No, erano della destra anticomunista del Cav.
E in fondo l’idea che chiunque li abbia votati possa nascondere reati fiscali – oltre a una più generica “mascalzonaggine” ideologica di fondo –, altrimenti perché avrebbe dovuto votarli, è una sorta di vox populi sia pur solo sussurrata. Qui siamo invece alle grida. Sia nella lista Falciani che nella lista Soria che nel singolo ma sesquipedale “caso Paoli” c’è un’abbondanza di sinistra che commuove.
Segnalo di passata come i giornali e le tv abbiano di volta in volta evidenziato, ridotto o addirittura celato i nomi dei coinvolti, a seconda della parte di mercato politico o editoriale o delle amicizie di fronda, dimostrando ancora una volta che non è la collocazione d’area, ma la mafiosità intrinseca il vero Dna distintivo del Paese.
Il fatto che anche di mano mancina si evada eccome, dovrebbe funzionare come un secchio d’acqua gelata sulle contrapposizioni animose che ancora circolano: il denaro, e l’evasione fiscale che grazie al “nero” lo accresce, omologa in modo straordinario e supera gli steccati che in Parlamento o in tv o più in generale nell’amplificazione mediatica vengono eretti dai contendenti.
Di fronte ai soldi, meglio se evasi, non si guarda troppo per il sottile. Diventano in molti dei Previti o dei Berlusconi, anche se non se lo vogliono sentir dire e cianciano di “supremazia della sinistra”. Un’ultima notazione, oltre alla vanificazione del contrasto tra “destra evasora” e “sinistra legalitaria” che questa raffica di notizie mi suggerisce: oggi ci si meraviglia di più a leggere di un Paoli (innocente fino a prova del contrario, ovviamente) che porta i soldi in Svizzera moraleggiando in Italia comunque da grande artista, oppure all’idea che sia rimasto ancora qualcuno tra i capataz di qualunque settore che paghi davvero tutte le tasse per intiero? Forse andrebbero sbattuti in prima pagina gli onesti, anche solo per disperazione… (e chissà se varrebbe la stessa logica usata per i “disonesti”, ossia sempre gli “altri”).
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