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Francesco De Dominicis per "Libero"
Il sospetto c'era da un pezzo, da ieri è più chiaro: quello delle (ex) larghe intese è il Governo ostaggio delle banche. Con l'ok del consiglio dei ministri alla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia la verità è venuta a galla. Il blitz sul capitale di Bankitalia non solo è l'ennesimo regalo dell'Esecutivo di Enrico Letta agli istituti, ma è la prova del ricatto messo in atto dagli stessi banchieri.
Ai quali il Governo aveva «chiesto» di mettere sul tavolo i fondi per coprire il taglio della seconda rata Imu, in cambio, appunto, dell'operazione «Via Nazionale». Operazione che i banchieri hanno letteralmente preteso da Letta.
Nei giorni scorsi, è stato il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ad alzare la voce: «La rivalutazione sia legge entro l'anno» ha detto domenica l'ex parlamentare del Partito liberale. Letta ha obbedito. E l'accelerazione del premier ha sorpreso anche alcuni dirigenti della stessa Bankitalia, i quali fino a pochi giorni fa reputavano «tecnicamente impossibile» completare l'iter nel 2013.
E invece il prescritto parere della Banca centrale europea è arrivato in tempi record. I consulenti legali dell'Eurotower hanno trasmesso senza indugi il «via libera» al ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni. Messa in sicurezza la rivalutazione delle quote di Bankitalia, Letta ha fatto approvare al cdm pure il provvedimento che taglia la seconda rata Imu. Tutto secondo gli accordi e i programmi.
Gli istituti otterranno enormi vantaggi dall'aumento del capitale di palazzo Koch che passa dai «simbolici» 156mila euro stabiliti nel 1936 a un valore compreso tra 5 e 7,5 miliardi. Lo definiranno, di fatto, le stesse banche ed è facile immaginare che si arriverà assai vicino al tetto massimo indicato nelle carte del Tesoro. Per il sistema bancario l'incremento delle quote - che più di un addetto ai lavori stronca come «cosmesi contabile», cioè un trucco - si traduce in un robusto supporto in vista delle verifiche europee su bilanci e patrimoni.
Oggi Intesa e Unicredit hanno, insieme, la metà delle «partecipazioni». Il decreto approvato ieri a palazzo Chigi fissa un tetto al 5% al possesso delle quote e limita al 6% la distribuzione degli utili. Quel che è certo è che Bankitalia non diventerà un rubinetto aperto per le banche. Che, peraltro, hanno ottenuto uno sconto sulle tasse da pagare per la rivalutazione: l'aliquota cala dal 16% al 12%. Mossa, inserita nel decreto di ieri, che riduce il gettito fiscale a meno di un miliardo di euro. Briciole. Le stesse in cui verrà frammentato il capitale di Bankitalia, ma non si sa bene a chi andrà in futuro quella che Saccomanni definisce una public company.
Quello delle quote dell'authority guidata dal governatore Ignazio Visco è uno dei sei regali infiocchettati da Letta e su cui domenica abbiamo già riferito. Tra i sei favori, c'era anche il capitolo privatizzazioni delle aziende statali. Due i sospetti: anzitutto per Sace. La società che assicura le imprese all'estero è in pancia alla Cassa depositi : ne consegue che la vendita di una parte delle azioni (fino al 60%) garantisce una fee agli azionisti Cdp, cioè il Tesoro e le Fondazioni bancarie.
Non è escluso, poi, che le banche partecipino allo shopping delle altre aziende che finiranno sul mercato. Del resto, la crisi ha ridimensionato le capacità finanziarie dei privati. Ad avere quattrini a disposizione sono in pochi. E in questo club ci sono le banche. Per gestire le dismissioni di Eni, Fincantieri ed Enav (e non solo), il Tesoro ha nominato un comitato di esperti.
L'organismo sarà presieduto dal dg di via Venti Settembre. A parte Vincenzo La Via, però, gli altri quattro membri hanno qualche collegamento, presente o passato, con le banche.
L'imprenditrice Anna Maria Artoni (guida un'azienda di trasporti) è nel cda di Cariparma e siede in un comitato della sgr di Credem. Poi c'è Massimo Capuano, attuale presidente di IwBank (Ubibanca) e amministratore delegato di Borsa Italiana nell'epoca in cui piazza Affari era controllata dalle banche del Paese (poi l'hanno regalata al London Stock Echange). Piergaetano Marchetti, a lungo presidente Rcs, è amico di Giovanni Bazoli, numero uno di Intesa (socio forte di Rcs). Il quarto «esperto» è Angelo Provasoli: che ha preso il posto di Marchetti in via Solferino dopo aver guidato da rettore la Bocconi, l'ateneo dell'alta finanza. Una composizione discutibile.
Ma il Governo è generoso. E così nel maxiemendamento alla legge di stabilità votato nella notte tra martedì e mercoledì, è spuntato l'ennesimo favore ai banchieri. Un aiuto fiscale per le banche che hanno rivalutato beni o subito perdite sui prestiti: arriva un credito d'imposta Irap ad hoc che consentirà di scontare dai tributi dovuti quanto anticipato se dalla dichiarazione Irap, a partire dal 2013, emerga un valore della produzione negativo. Coi regali alle banche, ne siamo certi, non finisce qui.
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