DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL…
Barbara Palombelli per “Il Foglio”
Stupisce lo stupore. Da quando il Pd è diventato il partito dei Carini, tutti scelti dalle élite che giocano con le primarie – online e in eleganti chioschi piazzati nelle piazze chic delle città – le cose in periferia si mettono male. A Roma e Milano, Genova e Napoli, la rivolta contro i sindaci inventati dalla società civile si diffonde come un’epidemia.
Cancellate le preferenze (meglio un sondaggio tv), eliminati i legami fra zone ed eletti, cos’altro poteva succedere? Ancora non molto tempo fa ricordo di avere accompagnato i candidati pd alla Camera e al Senato del mio quartiere a fare un giro fra i guai e i comitati furibondi della circoscrizione. Promettevano, ma soprattutto ascoltavano ed erano in grado di fare pressioni sulle autorità comunali per non rischiare la poltrona al prossimo giro. Era il Medioevo? No, si chiamava democrazia.
de magistris chiusura campagna elettorale
Anche al circolo del tennis i candidati ascoltano e promettono. Rottamate le preferenze, i consensi e perfino i collegi ristretti del Mattarellum, le periferie vanno alla deriva… Al di là delle illusioni e delle rottamazioni, non ce la fanno, gli “esterni” alla politica a guidare realtà complesse. Chi era magistrato, chi avvocato, chi medico: tutte professioni in cui la disciplina funziona. Nelle metropoli non va così: nessuno ti ubbidisce e, improvvisamente, basta un click per diventare degli sconfitti.
GIULIANO PISAPIA E MARCO DORIA
Un click ti elegge, un click ti distrugge. E’ la nuova politica televisiva. Si sorrideva dei primi piani berlusconiani e delle lavagne negli studi di “Porta a Porta”, oggi sembrano ingenuità. Il partito dei Carini e dei Nuovi sembra avere davvero esagerato con le presenze tv. La tv può fare male, molto male: vedere le fabbriche e le piazze da un comodo studio, ingozzati di tartine e spolverati di cipria e fondotinta, non è come conoscerle e frequentarle. C’era un tempo in cui la politica la facevano i bruttini. Si ritrovavano in certe cantine, di sera, nel dopolavoro.
paola taverna a tor sapienza 6
Dialogavano con il popolo, parlavano il loro dialetto, spesso avevano casa e residenza proprio nei luoghi dove prendevano le maledette preferenze. Conoscevano palmo a palmo case e aziende, scuole e università, frequentavano poco la radio e la tv. Tenevano buoni, o comunque ci provavano, anche i quartieri difficili.
marino contestato a tor sapienza
Oggi, i Carini fuggono le piazze, ne hanno paura. Nomi come Giambellino, Tor Sapienza, Infernetto, Bolzaneto imporrebbero loro di guardare il navigatore satellitare. Ho chiesto giorni fa a un taxi di Milano di fare un giro di notte nella città. La capitale morale ha organizzato la malavita per aree: i sudamericani per la prostituzione e i trans, gli africani per lo spaccio, i cinesi per commerci e affari in cash, i romeni per tutto. Se un poliziotto o un politico girasse un paio d’ore – nelle notti di venerdì o sabato accanto a un tassista – capirebbe molte cose.
Seguendo la politica da più di quarant’anni, mi sono sempre meravigliata della passione con cui i politici di professione un tempo si immergessero anche nelle più terribili zone del paese: la sfida li entusiasmava, non avevano tante scorte, non cacciavano lo sfrattato o il disabile. Magari lo blandivano in modo ipocrita, ma trovavano apparentemente una risposta per tutti.
Resterà nella storia perfino l’ultima piazza di Bettino Craxi, scelse la pioggia di monetine e non fuggì dall’uscita nel retro. Ne andava dell’orgoglio personale: Enrico Berlinguer sorrideva mentre i craxiani al congresso di Verona – primavera 1984 – lo fischiavano. E Amintore Fanfani, al congresso dc del 1989, urlò ai rottamatori di allora: “Se avessi avuto paura dei vostri fischi, oggi voi non sareste qui”.
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