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Alberto Mattioli per "la Stampa"
Dio non è con loro, il meteo sì. Dopo giorni di freddo e di pioggia, ieri a Parigi è stata una domenica per nulla bagnata e quasi tiepida. Anche questo spiega il successo clamoroso della manifestazione a favore del matrimonio per tutti, cioè anche per coniugi dello stesso sesso. Dalla Bastiglia al Lussemburgo, ha sfilato un fiume di gente: per gli organizzatori 150mila persone, per la questura 60mila, in ogni caso tanta. Davanti all'Hôtel de Ville la testa del serpentone è passata alle 15,07 e la coda alle 16,55.
Il tema è caldissimo. La legge sarà discussa in gennaio, François Hollande e la sua maggioranza sono per il sì al matrimonio e all'adozione e per il forse sulla procreazione assistita, la destra e la Chiesa contrarissime. Gli oppositori hanno già manifestato in novembre e il 13 gennaio replicheranno.
Ieri i pro hanno avuto l'intelligenza di non trasformare «la manif» in una replica del Gay pride. Il folklore è stato ridotto al minimo sindacale perché il messaggio che si voleva far passare è quello della normalità . Niente lustrini e go-go boys e piume sul sedere: al massimo due spose in bianco (spose fra loro, ovviamente).
In discussione, spiegano, c'è il diritto del ragioniere della porta accanto di sposare il geometra del terzo piano. L'atmosfera è «bon enfant», anche perché il corteo è pieno di bambini, i cori non sono aggressivi e il Marais, il quartiere più gay e più trendy della città , è sceso in strada in massa, quindi la folla è molto più chic che choc. L'ironia prevale sulla rabbia e la speranza sullo scetticismo: è un corteo di buon umore.
La creatività è tutta nei cartelli: «Meglio un matrimonio gaio che un matrimonio triste», «I nostri amori sono più forti del vostro odio», «Stessi doveri, stessi diritti», «Mio figlio è gay, mio genero anche», «Vogliamo il riso in municipio», «Il matrimonio per tutti rafforza la famiglia». Tanti gli appelli al Président («Ho votato Hollande, ma non andrò in Olanda», «François, non essere frigido») e gli sfottò al partito della destra spaccato dalla rissa Fillon-Copé («Anche l'Ump ha due papà »).
E poi ci sono la teologia creativa («Matrimonio per tutti, sposiamo anche i parroci», «Anche Gesù aveva due padri»), i protestanti che protestano contro la loro Chiesa, contraria come quella cattolica («Matrimonio fra Lutero e Calvino»), le variazioni sulla Trinità repubblicana («Liberté, Egalité, Maternité» ma anche, chissà perché, «Liberté, Egalité, Beyoncé») e così via fino al surreale: «Liz Taylor ha avuto sette mariti, a me ne basta uno», «Se siamo contronatura, perché siamo così carini?», «Le nostre liste di matrimonio rilanceranno l'economia». E perfino: «Abolizione dei privilegi etero». E addirittura: «Divorzio per tutti».
Sfilano i partiti della gauche, i sindacati, le logge massoniche, gli eterosessuali solidali, il sindaco gay di Parigi, Bertrand Delanoë. Non pervenuti i ministri, per ordine del premier Jean-Marc Ayrault, sfidato solo dalla verde Cécile Duflot. Davanti a un caffè, Paul e André, lui bancario, ancora lui barista, appoggiano il loro cartello parasessantottino («Sous le parvis, la crèche», sotto l'asfalto, l'asilo) e spiegano l'ovvio: «Ci amiamo, viviamo insieme da cinque anni, siamo una famiglia. Perché non possiamo sposarci?».
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